La proverbiale prolificità di Prince ha abituato i suoi fan ad avere fra le mani almeno un nuovo disco all'anno, consuetudine interrotta dalla sua scomparsa, avvenuta nel 2016. "Welcome 2 America" aspira a rimetterla in moto, configurandosi come il primo album postumo di inediti del Principino di Minneapolis. Registrato nella primavera del 2010, mentre Prince con la sua band stava progettando la porzione americana del tour "Welcome 2", battezzata per l'appunto "Welcome 2 America", durante la quale alcune di queste canzoni vennero anche eseguite, il disco non venne mai diffuso (nonostante l'innegabile qualità che lo pone nel ristretto novero delle migliori produzioni post-"Lovesexy"), forse per aspetti legati alla sua smania di perfezionismo, o forse perché nel 2010 aveva già pubblicato un altro lavoro, il trascurabile "20Ten".
Non siamo certo ai livelli dell'irripetibile filotto messo a segno nel corso degli anni 80, ma "Welcome 2 America" materializza un caleidoscopico multicolor sonoro dalla forte matrice funky, con dentro anche determinanti pennellate seventies soul di grande bellezza ("Born 2 Die"), la sua celebrata visione di pop contaminato ("Hot Summer") e una ballad assassina fra le migliori realizzate in carriera, la sensualissima "When She Comes", che uscirà in una alternative take su "HITnRUN Phase Two", l'inconsapevole epitaffio del 2015.
Non mancano lievi screziature jazzy (come a metà dell'iniziale title track) e soprattutto quegli assoli di chitarra hendrixiani che lo hanno sempre caratterizzato. L'atteggiamento è decisamente upbeat, a tratti addirittura contagioso, come nel caso di "Stand Up And B Strong", una cover dei Soul Asylum.
Lo stato della Nazione ai tempi di Obama ("Welcome 2 America"), i problemi dell'ambiente ("1000 Light Years From Here") e le difficoltà nelle quali incorre un artista nero nel music business bianco (ben inquadrate nel funk di "Running Game"), assieme a punti di vista su religione ("Same Page, Different Book") e infedeltà ("Check The Record"), rendono "Welcome 2 America" un lavoro impegnato, ricco di temi di grande attualità.
Cadute di tono quasi mai, forse giusto nel caso della superflua "1010 (Rin Tin Tin"). Ma non siamo certo al raschiamento del barile: sono soltanto le prime tracce di uno sterminato repertorio lasciatoci in eredità dal Maestro Nelson, che conta diverse migliaia di pezzi. Il box set celebrativo di "Sign 'O The Times" - che conteneva un cospicuo numero di inediti risalenti alle session di registrazione del doppio albicocca – ne ha rappresentato soltanto una succulenta e abbondante anticipazione.
04/08/2021