Felicia Atkinson

In equilibrio sul confine sottile che separa la realtà dall’immaginazione, proiettati verso un paesaggio al tempo stesso quieto e sinuosamente sinistro. C’è una costante e volontaria duplicità che si irradia dai lavori più recenti firmati da Félicia Atkinson – comprese le sue collaborazioni con Jefre Cantu-Ledesma – un senso di instabilità generato dal ritrovarsi sull’orlo di un piano sensoriale in cui percezione e ambiente si fondono intimamente. Questa attitudine a favorire un’esperienza liminale perseguita attraverso il connubio di poesia, collage sonoro, minimalismo elettronico e field recordings si rinnova nel recente “Image Langage” – pubblicato sempre su Shelter Press - dimostrando ancora una volta quanto coerente si mantenga nei suoi fondamenti la ricerca multidisciplinare perseguita dall’artista francese.

Composto e registrato tra il lago di Lemano durante una residenza in Svizzera e la sua casa in Normandia, questo nuovo itinerario si muove su coordinate sonore consolidate, ampliate ricorrendo alla "fantasia di un'orchestra che non esiste". La voce degli strumenti registrata come se si trattasse di echi ambientali si affianca alle consuete ambientazioni sintetiche e agli inserti naturalistici, generando un flusso contraddistinto da un’immediatezza mai così preminente e rilevabile fin dall’apertura ammaliante di “La Brume”, che ha il suo centro nel suono riverberato di un sassofono alla Badalamenti, così come nell’intreccio drone/pianistico dell’ipnotica “Our Tides”.

In questo territorio dai contorni sfocati si rivela ancora l’ottundente recitazione di versi – particolarmente efficace nella consueta modalità ASMR di “The Lake is Speaking” – che emerge da oscurità accostabili alle trame del side-project Je Suis Le Petit Chevalier (“Les Dunes”) e da dissonanze intrise di teso mistero (“Pieces Of Sylvia”), perfetta rappresentazione di un universo enigmatico non da esplicitare ma esperire affidandosi a un cieco abbandono.

25/08/2022