Il disco d'esordio dei Ra di Spina è un lavoro crudissimo, di pietra, che scarnifica i sei temi musicali selezionati provenienti tutti dal repertorio tradizionale del Sud, per provare a portarne fuori la radice, l'essenza. Un lavoro a tre voci, in cui i timbri diversi di Laura Cuomo, Francesco Luongo e Sonia Totaro si intrecciano in un corpo unico come le corde di una fune, lavorando su un senso di compattezza e di sostegno reciproco molto originale. Le voci interagiscono fra loro, si fanno "sentire", si fanno presenza come personaggi che si muovono all'interno di un dramma. Un disco fisico, i cui brani, ognuno carico di un peso specifico enorme, andrebbero ascoltati isolatamente, perché come accade spesso nella musica popolare si percepisce l'importanza di un prima e di un dopo, ovvero dei "mondi", intesi come universi culturali e linguistici dai quali le canzoni provengono.
Gli arrangiamenti sono crudi, basici, spigolosi, quasi a far sentire le spine, come del resto suggeriscono il titolo dell'Ep e il nome del gruppo. Le percussioni sono gli unici elementi sonori che accompagnano le voci, battiti, capaci di creare atmosfere modernissime come nella splendida "Matarrese grottesca" che chiude il disco. Ma sono frequenti anche momenti lasciati completamente al bel canto e alle interpretazioni a cappella, che fanno sentire il principio di elegante svuotamento con cui sono stati concepiti gli arrangiamenti.
Il progetto particolarissimo nasce da un'idea di Laura Cuomo, che nel 2020, approfittando del momento di isolamento imposto dal lockdown, propone a Luongo e alla Totaro, con i quali già lavorava per via delle collaborazioni con Eugenio Bennato, una creazione a distanza giocando sul principio del montaggio. Così le voci interagiscono fra loro in fase di registrazione e il suono inizia ad assumere un'identità ben definita, il dramma di un'emergenza sanitaria si trasforma in occasione creativa, e il progetto trova subito sostenitori convinti, da Ernesto Nobili che ne cura la produzione artistica allo stesso Bennato.
La stessa scelta dei brani testimonia lo scavo etnomusicale operato dalla Cuomo. Un viaggio sulla pista delle fantastiche registrazioni di Alain Lomax, il pioniere che all'inizio degli anni Cinquanta recuperò suoni e canti sepolti di un'Italia che stava morendo. E così nella tracklist compaiono perle siciliane dimenticate come la commovente e intensissima "Surfarara" o i "Canti dei Salinai", passando per "Matajole", in cui le voci che si fanno più eteree sembrano provenire da un imprecisato e lontanissimo aldilà, fino alla splendida rivisitazione della già citata "Matarrese grottesca" di Antonio Infantino, che riecheggia suggestioni elettroniche.
Un disco asciutto, che trasuda ricerca di verità, pieno della fatica con cui è stato creato.
30/01/2022