La voce magnetica di Rachel Davies ci introduce nel mondo di “Hold Sacred”, sesto full-length del trio britannico. È una dimensione intimamente profonda, quella in cui veniamo da subito trascinati, che segna un elemento di rottura rispetto ai lavori più heavy del gruppo. La chitarra di Thomas Fisher e i synth di Daniel Copeman accompagnano infatti le liriche con suoni ambientali, minimali, rarefatti… a tratteggiare un vero e proprio flusso di coscienza, meno immediato degli impetuosi “A New Nature” (2014) e “Nowhere” (2018), ma non meno evocativo.
Anche per questa ragione non vi è un brano che spicca nell’album: il modo migliore per fruirne è lasciarsi abbandonare al suo languido fascino, come flaneurs in un bosco d’autunno. Il “concept” è anch’esso molto personale, focalizzato com’è sul disagio interiore di Rachel, che viene però affrontato con uno sguardo cosciente e intriso di speranza.
Minimale, intimo, ma non certo privo di pathos: “Hold Sacred” interrompe un periodo di stasi creativa e consegna all’ascoltatore una prova sincera e confidenziale, frutto di un lavoro durato ben quattro anni.
La band, originariamente basata a Brighton, vede ora i propri membri sparsi tra Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti e questo per certi aspetti è il loro lockdown record: registrato pre-pandemia nel 2019, in occasione di un “ritiro” in una villa fuori Roma, riesce nel compito di traghettare negli anni Venti le ammalianti trame imbastite dagli Esben And The Witch, confermando il loro ruolo da protagonisti nell’ambito della wave più atmosferica e sognante.
28/12/2023