Da New York, Gretchen Parlato: vocalist di settore ma dalla carriera ben avviata, con tanto di un paio di nomine ai Grammy. Dotata di una tecnica particolare, Gretchen ha perfezionato nel corso degli anni un misto tra scat e bossa nova, caratterizzato da brevi melismi e zero divismi, ma dotato di un naturale senso del ritmo nello scandire le sillabe e seguire il salmodiare della linea melodica, sospingendosi con grazia propulsiva anche quando l’atmosfera si fa evanescente al punto da avvolgere l’ascoltatore in una nube di soffici piume lounge.
Da Cotonou, nel Benin, Lionel Loueke: altro studioso jazz di lunga data, già al lavoro con Herbie Hancock, virtuoso della chitarra che sa manipolare con astuzia tentacolare, oltre ad accompagnarsi ritmicamente con balbettìi e schiocchi di lingua. Anche qui, una tecnica solida ma particolarmente sottile, che sarebbe meglio osservata in religioso silenzio in un piccolo club notturno, ma capace di richiamare, con pochi tocchi, le atmosfere tradizionali dell’Africa occidentale.
L’unione su disco tra i due, in un certo senso, era solo questione di tempo, dacché Gretchen e Lionel si conoscono e collaborano assieme da anni. Ma “Lean In” è anche un affare di famiglia; alle percussioni troviamo Mark Guiliana, marito della stessa Gretchen, mentre la figlia adolescente dei due, Marley Guiliana, accompagna alla voce su un paio di tracce. Anche la moglie di Lionel, Lisa Loueke, offre voce e supporto al progetto. Completa il quadro il bassista Burniss Travis, unico membro del gruppo non di famiglia, ma stilisticamente allineato con gli intenti artistici del progetto grazie a un gentilissimo tocco delle quattro corde.
Con questi presupposti, “Lean In” assume presto le sembianze di un bel pomeriggio passato in salotto in buona compagnia; molto suggestivo il brano in apertura “Akwe”, o anche “Nonvignon” posta più tardi lungo la scaletta, due momenti che illustrano la lampante sintonia dell’ensemble, tra obliqui accenti di chitarra e voci che s’intrecciano l’una sull’altra con geometria perfetta. Se “Painful Joy” si schiude lentamente come un convolvolo notturno al chiar di Luna e “Austronauta” si disidrata su liriche in portoghese ai limiti dell’ambient, la title track dà modo a Mark di districarsi tra legni e campanelli come il più addomesticato sogno tribale in chiave downtempo. Molto d’effetto anche “If I Knew”, che rivive di calme radici afrobeat e curiose manipolazioni percussive lievemente psichedeliche, offrendo all’ascoltatore più attento gli appigli necessari per non perdersi all’interno del lavoro.
Fanno specie anche un paio di rivisitazioni inedite per il genere: “I Miss You”, nota power ballad anni Ottanta a firma dello scalmanato sestetto femminile Klymaxx, trova modo di zompettare a bordo campo con garbata nostalgia, mentre “Walking After You”, altro romantico singolone dei Foo Fighters datato 1997, viene riproposto in una versione melodicamente aderente all’originale, ma sempre opportunamente cosparsa di profumati olii essenziali sotto al sole della spiaggia di Ipanema. Sono momenti sicuramente curiosi, che evitano la riproposizione dei soliti standard del jazz per lanciarsi con curiosità verso radici popular.
Atmosferico e uniforme, certo elegante, posato e un filo elitario come da studi universitari in materia, “Lean In” non aggredisce né stupisce, ma trova modo d’infilarsi sotto pelle con ogni ascolto. Da sotto la fluttuante impostazione vocale/strumentale del duo, che a momenti suona stilizzata al punto da risultare artificiale, prendono lentamente forma canzoni delicate e accattivanti. La conferma che Gretchen Parlato e Lionel Loueke hanno lavorato a lungo prima di poter sintetizzare decenni di musica della più disparata con così pochi tratti senza farle perdere del tutto il pathos originale. Dall’Africa al Brasile, dal jazz al pop-rock statunitense, “Lean In” si appoggia un po' ovunque col fare di una matrona in abito da sera e orecchini di perle, ma non perde mai l’equilibrio.
20/09/2023