Malombra

T.R.E.S.

2023 (Black Widow)
dark, progressive, hard rock

Le recensioni non dovrebbero mai coinvolgere il privato del recensore, buon costume dice infatti che egli debba stare uno o più passi indietro e analizzare l'opera con fare il più possibile oggettivo. Ci sono però lavori che non permettono ciò, che chiamano a gran voce un resoconto personale, quello della scoperta e dell'assimilazione di quelle musiche da parte di chi ne sta scrivendo, senza che egli debba a tutti i costi fingere un distacco che in definitiva non c'è mai. Anzi, specie se si ama un disco, ma anche se lo si odia, è enorme il piacere di potere scrivere "Quanto mi piace, quanto lo amo perché ha a che fare con la mia storia". La mia, non quella di un un'entità astratta che in quanto recensore deve essere super partes. No, ci sono volte nelle quali ciò non è possibile, bisogna andare contro le buone regole della scrittura giornalistica ed essere parte della narrazione, e pazienza se qualcuno storcerà il naso. Questo cappello introduttivo è utile per parlare di un disco che, pur a distanza, ho vissuto ma non ho visto nascere, per questo ora sono qui a celebrarne finalmente il parto, dopo 25 anni.

 

Correva il biennio 1995-1996 e con il mio gruppo Finisterre ci era capitato di dividere la sala prove con una band che a conti fatti ci metteva un po' paura. La sala prove, luogo di creatività ed enormi scazzi, diventava una sorta di bar nel quale scambiarsi opinioni ed esperienze. Ma come era possibile per noi, bravi ragazzi del rock progressivo, entrare in contatto con cinque ceffi plumbei e misteriosi come i componenti dei Malombra? Tant'è, però le prospettive della divisione della sala prove erano troppo appetibili, così mettemmo da parte i timori e ci lanciammo a farne la conoscenza.
I Malombra all'epoca avevano già inciso un album e avevano appena terminato di registrare la loro seconda fatica, "Our Lady Of The Bones", nello stesso studio nel quale i Finisterre stavano incidendo "In limine". Quindi stessa sala prove e stesso studio di registrazione. Quando li ascoltavamo, noi progghettari sinfonici rimanevamo sconvolti. Questi Malombra picchiavano come dei fabbri e nel marasma hard riconoscevi schegge prog e dark. Erano distanti da qualsiasi altra cosa avessi mai sentito all'epoca: non erano classicamente prog, non erano classicamente hard o dark, erano un tutt'uno, uno sfolgorante magma creativo. Spesso si usa questo termine per definire una pastoia sonora nella quale tutto è indistinto, nel loro caso invece si distingueva il particolare, era come vedere ogni singolo cerchio rotatorio nel vortice del maelström.

 

Su tutti spiccava la figura del sommo cerimoniere, quel Renato Carpaneto, detto Mercy, che si aggirava spettrale nelle notti genovesi e che bastava rivolgergli la parola perché lui ti aprisse la mente con once di cultura di ogni genere. Egli sapeva tutto. Personalmente lo avevo conosciuto in un cenacolo a casa di esoterici appassionati di prog mentre dissertava degli abissi neri di "Pictures", degli svizzeri Island, e delle marionette cimiteriali degli Ange di "Le Cimetière des arlequins". Ogni volta che Mercy parlava era una rivelazione, e lo stesso succedeva quando sentivi le musiche e il suo declamare nei Malombra, che evocava decadenza, tombe abbandonate, velluti tarlati, cancelli arrugginiti e cigolanti in dimore abbandonate nelle quali si aggirano volti senza corpi. Un essere fuori da ogni coordinata, in grado di trasportarti realmente altrove.

Una volta pubblicato "Our Lady Of The Bones", la band era alle prese col terzo album che aveva già in parte inciso, il disco della conferma, del quale avevo ascoltato in sala e in concerto diversi estratti. Quei brani ancora di più si facevano interessanti e a fuoco. Nella band il chitarrista Matteo Ricci sapeva essere più Fripp di Fripp, il bassista Mario Paglieri ci dava dentro tonante come pochi, il tastierista Fabio Casanova tesseva l'incanto sopra il nero e il batterista Andrea Orlando aggiungeva tecnica e perizia. Da quello che avevo sentito, il nuovo disco sarebbe stato pazzesco, ero sicuro che avrebbe fatto il botto perché avanti rispetto a tutto. Invece da lì a poco il gruppo scazzò, ci furono litigi e separazioni (con il batterista che entrò nei Finisterre). Malombra continuò in altre direzioni e il terzo album rimase nel cassetto, anzi solo inciso in una cassetta, visto che i nastri delle sessioni erano andati perduti. Null'altro.

Il tempo passò e io ritrovai Matteo Ricci un paio di anni fa a dirmi che quella cosa lasciata da parte avrebbe dovuto risorgere a tutti i costi. Andava ripresa, ri-registrata, data finalmente in pasto al pubblico affinché capisse ciò che si era perduto in tutti questi anni. È così è stato, Matteo e Mercy ci hanno dato dentro, gli ex-componenti hanno fornito il loro apporto, seppur da lontano, e altri nuovi musicisti si sono aggiunti al progetto. Alla fine il disco ha assunto il nome di "T.R.E.S." (riferimento alla sette delle sette ne “Il pendolo di Focault”, ma non solo). Finalmente è venuto alla luce ed è ancora più intenso di quanto sarebbe potuto essere all'epoca, grazie anche a una sopraffina ri-registrazione avvenuta nello Studio 77di Ricci. Ciò che è passato non è passato invano, l'esperienza guadagnata in anni di lavori in altri progetti, vedi gli Ianva di Mercy, hanno fatto sì che "T.R.E.S." potesse sbocciare in maniera matura e deflagrante. In fondo forse è stato un bene lasciarlo da parte per tutto questo tempo, per far sì che l'irruenza dell'epoca potesse fondersi con la consapevolezza di oggi. E "T.R.E.S." finalmente ce l'ha fatta, nel marzo 2023 sarà pubblicato in cd e doppio vinile per la benemerita Black Widow Records.

 

Dopo avere raccontato i retroscena del tutto, dovrei adesso parlare della musica, dei testi, del modo personale che i musicisti coinvolti hanno adoperato per esprimersi. Ma, credetemi, c'è così tanto dentro questo disco che pensare di dissezionarlo, anche da parte del più accorto recensore, è un qualcosa che non gli renderebbe giustizia. Per questo estrapolo solo un brano, quello che dona nome alla band, e lascio che sia Mercy a descriverlo: "La nostra composizione d'impronta decadente per eccellenza non avrebbe potuto che trasformarsi nel brano omonimo della band stessa. Quello dedicato alla nostra ispirazione seminale: il morboso, elusivo romanzo di Antonio Fogazzaro 'Malombra'. Archetipo, se mai ne è esistito uno, di una 'via italiana' al Romanticismo più plumbeo e tempestoso. Ad affascinarci non era solo il suo climax - compassato ma implacabile, comunque nelle corde di una simile partitura ottocentesca, con relativo corollario a base di presenze eteree, maledizioni incombenti e reincarnazioni - ma soprattutto i suoi 'non detti'. Come bisbigliate tra le righe, allusioni feticistiche, sadomasochistiche e persino negromantiche, increspavano la svagata superficie narrativa come le bolle dei gas fermentativi quella dell'incombente lago che fa da sfondo al narrato. A fornire il debito controcanto, l'umoristica, a tratti grottesca, ma sempre empatica, caratterizzazione della popolaresca umanità di contorno. Presumibilmente al fine di assicurare un plausibile, veristico scenario umano al tutto. Esigenza, quest'ultima, raramente avvertita dal ben più titolato Romanticismo di matrice nordica. Tutto ciò ci conferma, a dispetto del tempo e delle sue usure, quanto fu centrata e ben motivata la scelta della nostra 'ragione sociale'. La scelta d'un nome è, in fondo, un atto magico. Un'evocazione di forze, un'indicazione di destino e l'assunzione d'una 'stella polare'".

 

Questo serve a farvi capire cosa vuol dire sentire parlare Mercy e quali suggestioni lui e gli altri che vi hanno contribuito vogliano evocare in queste musiche fuori da ogni dimensione, che parlano un multi-linguaggio figlio di uno spirito culturale di alta formazione. Altre parole non credo siano necessarie, solo segnalare che il brano di cui Mercy vi ha fornito ampia dissertazione è solo uno. Nel disco ce ne sono altri 6 e sono tutti altrettanto fascinosi, potenti e visionari. Fate voi.

25/02/2023

Tracklist

  1. Astarte Syriaca
  2. Baccanalia
  3. Malombra
  4. Allucinazione ipnagogica
  5. Cerchio Gaia 666
  6. Fantasmagoria 1914
  7. La sola immanenza

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