In casa da sola durante la pandemia, chiusa in soffita a giocare con un vecchio omnichord, strumento elettronico giapponese oggi considerato kitsch e largamente passato di moda. Ma l'ispirazione coglie nei momenti e agli orari più insoliti, il processo creativo non è mai lineare e il compimento dell'opera può prendere pieghe inaspettate. Così, quel semplice giocattolo di plastica si è trasformato in un arpeggiatore dalle inaspettate doti liriche, una scintillante astronave con la quale attraversare il cosmo intero. D'altro canto, Meshell Ndegeocello è solita prendere ispirazione dalle cose più semplici e trasformarle in delicata magia; da bassista, prima ancora che vocalist, la sua scrittura obliqua e decentrata viene guidata dalla propulsione ritmica, lasciando al resto della canzone lo spazio per crescervi attorno come una pianta rampicante. Le sue composizioni non aggrediscono mai le orecchie, si avvinghiano semmai attorno all'ascoltatore come strutture morbide e tentacolari dalla stratificazione densa e complessa. Se il basso elettrico fa ancora parte delle fondamenta di casa, l'omnichord, adesso, è quel collante argentato che lega assieme settantadue minuti di dense e magmatiche fusioni stilistiche. Tutto attorno, vellutati inserti vocali, arrangiamenti elettro-acustici e radici pan-africane completano una delle opere jazz più defilate eppure intimamente soddisfacenti dell'anno in corso: "The Omnichord Real Book".
Per osservare le trame di questo lavoro, si può partire da "Virgo" e "Virgo 3", sorta di suite spezzata in due per un totale di quindici minuti sull'opera complessiva: bassi pulsanti e seghettati, tastiere spaziali dalle tentazioni progressive, batteria e percussioni coadiuviate dalla drum machine, tutto assieme dentro a un ricco e variegato impasto sonoro che scorre come un fiume di lava fumante. Tra assoli jazz, rifrazioni sintetiche e un'attenta gestione degli ospiti - che qui comprende, tra gli altri, il giovane pianista Julius Rodriguez, la fatata arpa di Brandee Younger e le percussioni di Mark Guiliana - Meshell prende posto a centro palco senza mai dar l'impressione di essere invadente, una presenza profondamente terrena che conduce l'ascolto col fare di uno sciamano saggio e benevolo:
They're calling meImpossibile, in questo caso, non trarre paragoni col recente "I Came From Love" di Dave Okumu, altro espansivo ascolto-guida nato dalla stessa necessità di riunire la diaspora pan-africana sotto un unico tetto per sperare assieme in un futuro migliore. Con "The Omnichord Real Book", Meshell riprende idealmente le fila del discorso, aggiungendovi un amorevole commentario, come del resto è sempre stata la sua arte; che siano il cristallino funk strumentale della spiritosa "Omnipuss", i delicati intarsi afrobeat di "ASR", arricchiti dalla presenza di Jeff Parker, o la maestosa dolcezza acustica di "Good Good", con la limpida voce di Jade Hicks, l'intero lavoro cangia in continuazione tra richiami ancestrali e brillanti tentazioni futuristiche.
Back to the stars
Everything is under control
03/07/2023