Chi conosce abbastanza bene il percorso di Oliver Ackermann e della sua creatura musicale, A Place To Bury Strangers, sa quanto sia devoto alla filosofia "diy", tanto da essere noto nell'ambiente per aver fondato, già da parecchi anni, Death By Audio, marchio attraverso il quale commercializza effetti per chitarra da lui stesso concepiti e prodotti. Ebbene, tutti coloro che acquisteranno l'edizione in vinile di "Synthesizer", il settimo album della formazione newyorkese, troveranno in omaggio un circuito elettrico utilizzabile per autocostruire un sintetizzatore, che chiaramente avrà l'inconfondibile timbro della band.
Da qui il titolo del disco, che quindi non deve trarre in inganno: dentro "Synthesizer", infatti, non si verifica una svolta elettronica nel sound del gruppo (qualcosa accade giusto fra le pieghe di "It's Too Much"). Sono le chitarre disturbate, il basso iper-wave e il drumming tribale a restare i capisaldi del Dna, del marchio di fabbrica ben rappresentato dall'iniziale "Disgust", un'esplosione sonora scritta - a detta dello stesso Ackermann - suonando la chitarra con una sola mano, lasciando le corde libere, per ottenere un risultato semplice da replicare e al contempo divertente.
Nel consueto mix stilistico degli A Place To Bury Strangers si rincorrono mazzate noise-rock (la forza tellurica di "Bad Idea", la cavalcata rumoristica "Have You Ever Been In Love") e ansiogena darkwave (le paranoie sintetiche di "Fear Of Transformation"). Tutto questo non eclissa mai l'attenzione per gli aspetti melodici, che rendono alcune tracce relativamente accessibili, tanto che un paio potrebbero ben figurare persino nell'airplay radiofonico alternativo, vedi l'infusione a base di new wave anni Ottanta che genera "You Got Me" (che si ripete più avanti anche in occasione di "Plastic Future"), oppure il riff potabile di "Don't Be Sorry".
Per la trasposizione live preparatevi al consueto muro di suono che vi arriverà dritto in faccia.
08/10/2024