Questo disco è la chiusura di un cerchio, l'apoteosi della teoria di Gianbattista Vico sui corsi e ricorsi storici. Una storia di musica e di vita iniziata quando l'Italia di Bearzot vinceva i mondiali spagnoli e proseguita per un decennio con picchi artistici e sentimentali a intrecciarsi senza soluzione di continuità.
Lei è Dee C Lee, bellissima corista con gli Wham! prima e vocalist degli Style Council poi, e infine sposa di Paul Weller. Un matrimonio d'amore come pochi ma con effetti negativi per la band, perché contribuì allo stallo creativo - "è difficile essere concentrati sulla musica quando sei innamorato e non pensi ad altro", disse in una intervista il Modfather a proposito dell'incerto "The Cost Of Loving" (mai titolo fu più azzeccato) - sino al suicidio finale di "Modernism".
Sparita dalla circolazione dopo sporadiche apparizioni in ambito acid jazz (tra cui il featuring in un celebre brano di Guru Jazzmatazz, "Time To Play") e un disco a nome Slam Slam insieme all'allora marito e a Dr. Robert dei Blow Monkeys (in pieno house style), due figli da crescere e un doloroso divorzio, Dee si ripresenta oggi nel più inatteso dei ritorni. E lo fa con gran classe, perché le tante decadi trascorse non ne hanno minimamente scalfito la bellezza e soprattutto la voce.
La chiusura di un cerchio, dicevamo, perché "Just Something" nasce quasi per caso in occasione della mini-reunion della vecchia band per il documentario "Long Hot Summers: The Story Of The Style Council". Siamo nel 2019 e Dee, Paul, Mick con il batterista Steve White si ritrovano in studio per una magica reinterpretazione di uno dei brani più intensi della loro discografia, e cioè "It's A Very Deep Sea", tratto da "Confessions". Il resto, come si dice in questi casi, viene da sé. Succede che Eddie Piller, veterano della scena Mod e boss dell'Acid Jazz, label di culto con le sue compilation Totally Wired e famosa per aver lanciato tra gli altri Jamiroquai e Brand New Heavies, incontra Dee alla premiere del documentario e da lì, tra una chiacchiera e un drink - "Ciao come stai? Ma stai ancora facendo musica? Che ne diresti di lavorare per me?" - ecco siglata una nuova collaborazione, stretta di mano e via in studio.
Le nuove canzoni nascono così, nella sala di registrazione della label in Bethnal Green Road a Londra, e con i musicisti messi a disposizione dallo stesso Piller si crea immediatamente un suono ben riconoscibile e radicato in quei primi anni Novanta e che impazzava nelle piste da ballo, in radio e nelle classifiche inglesi. Fiati, percussioni e tastiere mai invadenti, incantevoli atmosfere soul e sullo sfondo delicati ritmi dance a incorniciare i vocalizzi di Dee che può e deve essere considerata una delle cantanti soul migliori della sua generazione.
Sono pezzi senza tempo, quelli di "Just Something", anche se parlano di tempo e guardano al vissuto, dal brivido e dall'eccitazione di quei primi giorni degli Wham! tra registrazioni e baldorie varie ("Back In Time"), al funky soul degli Style Council, fatto di ballate espressive e ritornelli killer.
Ovviamente, in questa storia a lieto fine non poteva mancare Mick Talbot, presente in diverse tracce col suo Wurlitzer, e persino la figlia di Dee, nata Weller, che ci mette la penna in un paio di brani.
Ha un bel suono, molto acid jazz e pure un po' Motown, questo disco. Shakerate con una spruzzata di R&B anni 80, un po' di funk seventies e tanto soul, ed ecco a voi una manciata di canzoni che risplendono di luce propria, al di là della pur ovvia componente nostalgica.
19/05/2024