Nei tanti progetti e collaborazioni che vedono protagonista Valentina Magaletti una cosa è sicura: non importa quale sia lo stile, quale sia l'universo sonoro/poetico/estetico investigato, il contributo della formidabile batterista e polistrumentista pugliese non tarderà a mettersi in evidenza, a dotare il pezzo/il disco di intuizioni diverse. Se poi il progetto assume una chiara impostazione ritmica, si può stare certi che la musicista italiana darà il meglio di sé.
Realizzato assieme a Nídia, una delle più astute beatmaker della batida lisboneta e artista di punta del roster Príncipe, “Estradas” è il punto di incontro tra due interpreti del ritmo che si trovano a metà strada, alla volta di una pista da ballo sì tangibile e corporea, ma allo stesso tempo vista in tralice, con una prospettiva ambigua, quasi a rilevarne gli spazi negativi, i punti di fuga verso un altrove ancora inconfessato, sondato su quelle strade che lo stesso titolo omaggia. Perché l'importante non è arrivare, ma scoprire e scoprirsi, passo dopo passo.
Il sentimento di scoperta non manca mai, lungo i solchi del disco. Nel mettersi al servizio di un genere, di un'intuizione ritmica tutta angoli e ripartenze, “Estradas” è materia caotica, eccentrica all'inverosimile, in cui l'elettricità di Nídia, ormai lontana dall'offensiva a tutto campo dei primi dischi, trova riscontro nelle indagini elettroacustiche di Magaletti, sempre più vicina e curiosa nei confronti del macrocosmo dance. In questo scambio reciproco, astrazione e corporeità procedono di pari passo, creano un universo ritmico dalla forte natura sperimentale, contorto e proteiforme quanto basta ma sempre attento a non dimenticarsi della sua origine urbana.
L'atteggiamento esibito già dall'iniziale “Andiamo” si fa indicativo di tutto il progetto, il ritmo a farsi veicolo della condotta esplorativa delle due musiciste, nel gestire colore e dinamica, umore e contesto, nel modo in cui l'elemento percussivo di partenza si trasforma, diventa elemento melodico, scandisce fraseggi dal sapore mediorientale, prima di svanire nell'ipnotico batterismo di Magaletti, che conduce il gioco con soave incisività.
“Rapido”, dal canto suo, promette ciò che il titolo manifesta, facendosi veloce escursione dei topoi della batida lisboneta (i timbri vocali ostinati, gli stacchi e ripartenze, i bassi drammatici) attraverso una prospettiva ellittica, quasi psichedelica, che sparge gli elementi del genere verso un altrove ancora indeterminato.
L'itinerario intercetta poi vedute di una Sicilia luminosa, puntellata da spaziosi commenti d'atmosfera, punta lo sguardo dritto verso il club (i volumi à-la Infiné entro cui si muovono le conga di “Mata”), si aggiorna con consapevolezza e lucidità a ogni passo, mostrandosi alla bisogna più ruvido e istintivo (la percussività sparsa e immediata di “Nasty”, capace di aprirsi ad abrasive parentesi rumoriste), ora più misterioso, prossimo a tirare fuori dal ciondolante andamento del kuduro un'intera teoria di spunti e sottotesti (le evoluzioni inattese della title track, volta per volta enfatizzate con fare narrativo).
Quel che conta è catturare attimi di potente rapimento, perdersi dentro a improvvisi flussi ipnotici, lasciarsi sedurre da brillanti spunti melodici: “Ta a bater ya” costituisce in tal senso la punta di diamante di una collaborazione gestita in piena creatività, una sinergia che riesce a calibrare con finezza un nervoso pattern poliritmico alla volta di un sofisticato impianto jazzy, monitorato da un sassofono che suona in piena libertà. Perché no anche tutta la notte, come da brano di chiusura: quel che serve è mantenersi in movimento, cogliere in esso significati che arricchiscano la propria fantasia. Nídia e Valentina senza alcun dubbio lo hanno capito.
14/11/2024