Cinquant'anni fa l'extraterrestre del cantautorato italiano entrava in scena con "Non gettate alcun oggetto dai finestrini", imponendosi subito come voce libera e controcorrente. Oggi, Eugenio Finardi chiude il cerchio di questo mezzo secolo di musica con quello che si annuncia come il suo ultimo album, uscito a undici anni dal precedente "Fibrillante". Ma "Tutto", realizzato insieme al chitarrista e produttore Giovanni "Giuvazza" Maggiore, non è un'autocelebrazione o un nostalgico amarcord: è una raccolta di canzoni attuali, che guardano in faccia il presente con lucidità, senza celare un pizzico di angoscia, mitigato da quell'umanesimo laico che da sempre informa la scrittura del cantautore milanese.
E l'inizio è subito una botta al cuore: "Ormai s'è capito che/ non esistono gli extraterrestri/ Che ci vengono a salvare", sussurra Finardi su una base elettronica in "Futuro", riaccendendo il ricordo della sua celebre canzone del 1977 e sostituendo l'agognato alieno con l'IA: "Ormai la mia unica speranza/ È nell'Intelligenza Artificiale/ Tutto sarà più logico/ Tutto sarà normale/ Senza l'imprevedibile/ Intervento naturale". Un auspicio amaro, sarcastico, che il 72enne cantautore milanese ha spiegato così: "Finché rimarrà sotto il controllo degli esseri umani per produrre denaro sarà un problema, per questo spero diventi autonoma e tramite le nanotecnologie entri in noi". E se non avesse tutti i torti?
La sua voce è meno potente, più esile, scavata dal tempo. A sostenerla è spesso un arrangiamento liquido, tra sintetizzatori e arpeggi acustici. Eugenio guarda il mondo dalla copertina, con il suo sguardo severo e beffardo, ma sempre ispirato da quella profonda empatia che ha contraddistinto la sua intera parabola. Si ammorbidisce, però, guardando ai giovani, come quando canta con la figlia Francesca, in arte "Pixel", nello struggente duetto di "Francesca sogna" ("Francesca sogna il mare/ Francesca sogna/ Continuerà a sognare/ Vivere a colori /E ritrovare i propri suoni/ Saper guardare il mondo/ tutti i giorni con occhi nuovi"). O ancora quando ricorda la difficoltà del mestiere di genitori ("La battaglia") chiedendosi cosa nascondono quei "figli che conoscono il mondo da Pechino a Macondo ma non chiamano mai" e quando, tra le sonorità elettroniche minimali dell'enigmatica "Bernoulli", ricorre a un riferimento scientifico per parlare dell'imprevedibilità della vita.
Ma alla fine riesce a commuovere di più quando, con disarmante onestà, rievoca gli anni della sua giovinezza ribelle, quando "si correva nudi nei prati respirando libertà" e "c'erano grandi ideali ma anche tanta confusione e troppa ideologia, parole dure di violenza e incomprensione" (la cavalcata rock di "Tanto tempo fa"). Non fa sconti neanche alla sua generazione, Finardi. Ad esempio nella dura "Pentitevi", sorta di esortazione all'assunzione di colpe, che dal passato remoto dell'infanzia giunge al presente dei nostri giorni. E dopo la maestosa, spiazzante "Onde di probabilità", che riflette in chiave musicale il principio d'indeterminazione della fisica quantistica, chiude il sipario "La facoltà dello stupore", con Fiamma Cardani alla batteria: un'altra confessione a cuore aperto, dove il cantautore milanese tenta un doloroso bilancio del "senso del reale", rivendicando il diritto alla meraviglia in un presente anestetizzato e interrogandosi se alla fine il vero amore non sia semplicemente "vibrare insieme in sincronia".
Non troverete riff implacabili, ritornelli accattivanti o grandi aperture melodiche, in questi 11 brani, realizzati in altrettanti anni di lavoro. Già, perché non è stata una gestazione semplice. Colpito da una grave perdita dell'udito (oltre i 5000 Hz non percepisce più nulla), Eugenio Finardi ha dovuto ripensare radicalmente il proprio approccio alla produzione. "Tutto" prende vita attraverso un uso sapiente di campionamenti tratti dai suoi vecchi dischi, manipolazioni digitali e materiali d'archivio. "So che ci sono degli shaker nel disco. Non so dove siano, ma ci sono", chiosa con un po' di amarezza. Ma è proprio questo senso di fragilità, assieme alla commovente onestà di queste canzoni, a farci ammirare ancora una volta questo barbuto compagno di utopie. Sperando che l'extraterrestre alla fine venga davvero, e ci porti via.
07/06/2025