Jack O' The Clock - Portraits

2025 (Self released)
folk-prog, art-rock

Dopo il più che riuscito ritorno all’avant-prog di “The Warm, Dark Circus”, Damon Waitkus rispolvera l’attitudine più folk-pop oriented, proponendo una raccolta di diciassette brani ritrovati su dei vecchi nastri e all’epoca scartati in quanto non ritenuti adeguati al profilo stilistico dei Jack O’ The Clock.
L’autore ne sviscera l’anima e le rilegge con la consapevolezza della maturità: testi e parti vocali originali sono stati eliminati (solo tre brani hanno conservato alcune frasi: "Isolation Booth", "The Gardener" e "It's Hard To Find Booze On Sunday"), essendo proprio le liriche dell’epoca all’origine del disprezzo dello stesso autore per il materiale conservato per anni e poi abbandonato.

Recuperati i file in formato wav, grazie a un amico di Damon Waitkus che era in possesso dei file ADAT dell’epoca, “Portraits” ha preso definitivamente forma con nuovi testi e nel pieno rispetto delle intriganti eppur complesse interazioni tra violino, basso, chitarra e batteria delle composizioni.
I limiti posti dal formato canzone e la natura più casual degli arrangiamenti originali, risalenti al 2003, hanno offerto a Waitkus un’opportunità per mettere a frutto l’intensa sinergia con la recente conformazione della band, e sono proprio le variabili (dulcimer, fagotto, flauto etc.) offerte dagli altri membri dei Jack O’ The Clock (ultimi arrivati Kate McLoughlin e Victor Reynolds) il punto di forza di “Portraits”.
Nella giostra di stili che anima l’album, brillano di luce propria il frenetico folk-rock di “I'm Ok, You're A Shithead” e l’energico graffio chitarristico dai contorni prog-rock della furente “Puer 1”, ma anche le più tipiche escursioni folk-prog della band sembrano avere una leggiadria inedita, con un equilibrio tra voce e strumenti che tiene a bada certune snervanti dissonanze, a tutto vantaggio di geniali intuizioni ritmiche che giocano con le grazie del minimalismo (“Nature Abhors A Vacuum”) o di incursioni nel territorio neoclassico e art-folk dalle intense profumazioni psichedeliche (”Year Of The Gypsy Moths”, “Windigo Knocking”).

Resta comunque difficile tradurre in parole l’universo creativo dei Jack O’ The Clock (un critico di Wire ha optato per un mix tra i Pearls Before Swine e i Weather Report), una band da sempre in bilico tra un grottesco stile comedy-folk (“My Life’s Not Wasted”, “In The Gold Coin Saloon”), un decadentismo quasi noir (“Lazy Tom Bog”) e improbabili slanci verso l’Aor (“The Gardener”), il tutto eseguito con una maestria tecnica che ha spesso spinto musicisti come due terzi del Fred Frith trio a far parte del progetto.
L’America raccontata dalla band è un insieme di personaggi e storie surreali, che ben descrive le incongruenze e le distopie di una società in bilico tra imperialismo e democrazia, ed è questa sensazione di continuo smarrimento il fulcro creativo di un disco che amalgama con classe e autorevolezza folk, prog, jazz, avanguardia e formato canzone, con risultati che hanno pochi eguali (“Isolation Booth”, “Josephine's Fresh Cuts”, “Another Sunny Day/Star Of Monster”).

10/05/2025

Tracklist

  1. Josephine's Fresh Cuts
  2. I'm Ok, You're A Shithead
  3. No. 4 Mountain
  4. Another Sunny Day/Star Of Monster
  5. Year Of The Gypsy Moths
  6. In The Gold Coin Saloon
  7. My Life's Not Wasted
  8. Lazy Tom Bog
  9. The Gardener
  10. Nature Abhors A Vacuum
  11. Puer 1
  12. Twomile Island
  13. Isolation Booth
  14. Stone Cold Steve Cactus In Mojave
  15. Windigo Knocking
  16. It's Hard To Find Booze On Sunday
  17. Puer 2


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