Fantastica scoperta, questi Pulcinella. Ascoltato il loro nuovo "Tatekieto", rimasti stregati dalla sua multiforme effervescenza, è circa inevitabile andarsi a ripescare il resto della più che decennale produzione della band di Tolosa. Non c’è un disco uguale, e non ce n'è uno meno che elettrizzante.
Ma forse occorre un passo indietro: Pulcinella? Fino a prova contraria, questo album è pubblicato a nome Pulciperla. Che non è la stessa cosa. Non proprio, almeno: oltre ai quattro francesi, qui si aggiunge alla comitiva anche La Perla, terzetto di musiciste di Bogotà. Da tempo votato soprattutto all'incontro e allo scambio, il jazz-rock carnevalesco dei Pulcinella si arricchisce così di un arcobaleno di nuovi colori.
La fusione è esplosiva: c’è la componente europea – suoni cameristici, volteggi tra musette e tziganerie, un neanche troppo velato piglio avant-prog – e c’è poi tutto l’armamentario centrifugo portato in dote direttamente dalla Colombia: hip-hop e tumbao, cumbia e cornamusa gaïta, assalti vocali all’unisono e percussioni dal nome evocativo (tambor alegre e guacharaca – come una specie di pollastro locale).
Il disco parte come una fuga a zig-zag: la title track fa subito capire quanto sia serrata la comunicazione tra le due formazioni, intrecciando fiati obliqui e schemi caraibici con un’irrequietezza che forse ricorda più la São Paulo della Vanguarda Paulista che la Bogotá folklorica da cui provengono i poliritmi su cui tutto si innesta. Il filo conduttore è l’energia meticcia, sempre al limite del collasso, ma orchestrata con sorprendente lucidità. In “Tabogo” questo caos si fa narrazione coreografica: tra tastiere che mulinano come organetti e ottoni alla rincorsa, prende forma un inseguimento musicale che replica – nella forma e nei vuoti – l’imprevedibilità della zanzara sfuggente di cui il titolo. È un gioco, ma con regole mobili e ritmo incalzante.
“Croissant” porta l'incastro al parossismo, forzando in uno stesso spazio ska obliquo, elettronica naïf, rap affilato e svolazzi flautistici: il risultato è una centrifuga che gira senza mai perdere quota, con cambi di direzione e andatura che spiazzano e divertono in egual misura. E “El Gran Godzilla”, se possibile, si spinge ancora oltre: prende un merengue, lo smonta, lo spinge in mille direzioni, poi lo riassesta – e quando meno te lo aspetti apre a un reggaeton martellante, tenuto in carreggiata dal contrabbasso di Marc Serpin e dalla batteria di Pierre Pollet.
Diana Sanmiguel, Giovanna Mogollón e Karen Forero non sono ospiti: la loro presenza ridefinisce il baricentro del progetto, aggiungendo un altro asse di rotazione a un collettivo che già viveva di slanci diagonali. E chi volesse esplorare altre diramazioni dello stesso spirito, può risalire per prima cosa al precedente "Grifone", l’album firmato Pulcinella insieme alla cantante Maria Mazzotta, già nel Canzoniere Grecanico Salentino. Stessa attitudine vorticosa, altra traiettoria, identica fame di collisioni fertili.
21/05/2025