Around The Clock - Franco Fabbri

Autore: Franco Fabbri
Titolo: Around the Clock
Sottotitolo: Una breve storia della popular music
Editore: UTET
Anno: 2008
Prezzo: 14,50
Pagine: 247

"Una breve storia della popular music". Franco Fabbri chiarisce fin dal sottotitolo: la sua non è storia del rock, ma in generale della musica di consumo. Da Tin Pan Alley alla techno music. E non è che una delle tante storie possibili, stilata con una finalità precisa: fornire un testo agile e non eccessivamente specialistico ai suoi studenti del corso di musica contemporanea dei media.
Resterà forse deluso chi da Fabbri, musicologo ed ex-chitarrista degli Stormy Six, si aspettava la ricchezza di dettagli "tecnici" e analisi formali di cui erano costellati "L'ascolto tabù" e la sua autobiografia "Album Bianco". Al centro dell'attenzione è invece la fitta rete di rapporti tra musica, tecnologia e società, che Fabbri ricompone con precisione e intelligenza nel suo consueto stile trasparente e leggero.
"Around The Clock" conta una trentina di capitoli, ciascuno dedicato a una fase nella storia della musica di massa, dalla nascita del fonografo all'era del peer-to-peer. Lo sviluppo tecnologico è il filo conduttore del saggio, e il maggior merito del testo sta nel sottolineare in maniera chiara i legami tra forme musicali e opportunità offerte dai sistemi di diffusione.

Fabbri dedica particolare cura alla musica e alla società italiane, con eccellenti capitoli sulla musica del periodo fascista, sul movimento dei Cantacronache, sul beat, sul fenomeno dei cantautori. Molte anche le escursioni nelle musiche del Sud America, dell'area mediterranea e del resto dell'europa continentale, che contribuiscono ad allontanare il testo dall'abituale prospettiva centrata su Inghilterra e Stati Uniti.
Memorabile, ça va sans dire, il capitolo sul progressive rock, che riflette la passione e l'esperienza sul campo accumulata ai tempi degli Stormy Six. Fabbri sembra in effetti dare il suo meglio trattando dei fenomeni che ha vissuto "in prima linea" (dunque specialmente gli anni 60-70), mentre sembra sottovalutare l'importanza di un pugno di movimenti e stili più recenti. Le musiche di matrice nera, elettronica o metal, in particolare, ricevono meno considerazione di quanto si potrebbe auspicare. Ciononostante, verso la fine del libro compare un confronto molto acuto tra le funzioni sociali di rock e hip-hop nel mondo post-Guerra Fredda, a dimostrare come Fabbri riesca a mettere a segno colpi validi anche nei territori che gli sono meno familiari.

Alcune omissioni poco comprensibili - David Bowie e Kraftwerk su tutti - sono facilmente perdonabili una volta compreso che lo scopo del libro non è né di valutare gli artisti e la loro musica (Fabbri si esime il più possibile dall'esprimere giudizi), né di ricostruire un tracciato di influenze stilistiche tra gli uni e gli altri. Piuttosto, l'obiettivo è di ripercorrere l'evoluzione dei rapporti tra la società di massa e quelle forme musicali popular che ne sono la diretta espressione. Non c'è allora da stupirsi se tra le pagine più illuminanti figurano quelle sui successi estivi dei primi anni Sessanta e sul Festival di Sanremo, mentre all'universo indie non è dedicata che qualche riga.

D'altronde, Fabbri lo specifica da subito: questa non è che una delle molte storie possibili. Non sarà la migliore, né la più definitiva, ma senz'altro merita la lettura di chiunque sia interessato a vedere almeno per una volta il rock e la popular music come espressione prima della società che del genio degli artisti.