(In foto: Say Sue Me)
Oltre la coloratissima patina del k-pop, oltre il sistema super-competitivo che macina a ritmi forsennati boy- e girlband come se nulla fosse, il contesto musicale indipendente coreana è una fucina in pienissimo fermento, un crogiolo ad amplissimo margine che dagli esordi a Hongdae (quartiere di Seoul vicino alla prestigiosa università d'arte) nella metà degli anni Novanta, ha poi rapidamente preso strada in tutta quanta la penisola, favorendo l'emersione di scene localizzate e anche tentativi di assalto alle classifiche.
Ben conscio che in soli ventidue pezzi non si può racchiudere la vastità e la vera cifra di una nazione intera, provo comunque ad offrire un nutrito assaggio di quanto di meglio ha saputo produrre la Corea nell'ultimo decennio, mai come adesso capace di spaziare con successo nei generi più variegati. Con band e musicisti che spesso si è trattato pure sulle pagine di Ondarock, si passa dal raffinato electropop di Aseul e Flash Flood Darlings alle corpose derive post di Jambinai e Wings Of The Isang.
Il cantautorato? Non potrebbe cadere in mani migliori di quelle di autori come Minhwee Lee e Mid-Air Thief, fantasisti della melodia che con i loro talenti hanno saputo aggiudicarsi premi agli ambitissimi Korean Awards. Indie-pop? Perché non passare dalle parti di Busan, dove i Say Sue Me dettano legge con le loro scintillanti melodie chitarristiche? Nel mentre non possono mancare anche veri mammasantissima del settore, da chi ha visto nascere l'intera scena come i Sister's Barbershop (catturati proprio nell'ultimo atto prima di sciogliersi), alle prelibatezze rock dei Black Skirts, prima che l'afflato cameristico dei Jannabi, capaci di agguantare la numero uno della Gaon Chart, sciolga ogni frenesia in un romantico abbraccio. E se sono mancate le derive più arty, nessun problema: basta l'eccezionale grana compositiva di Cacophony per ovviare a ogni eventuale desiderio.
Annyeong hi gaseyo! Buon viaggio!