Incontri arcani dalle parti della giovane label francese Hands In The Dark. Lee Noble da una parte, l’Ensemble Economique dall’altra, al centro una pellicola di celluloide aggrovigliata contenente i fotogrammi sgranati di un silent movie dimenticato. Il compito dei cospiratori radunati, tagliuzzare e rimontare le immagini cercando di ridare un senso alla matassa sfregiata.
Che le rotte di Lee Noble, Brian Pyle e Rv Paintings (aka Ensemble Economique) sarebbero presto finite per collimare del resto era già nell’aria nelle rispettive ultime opere: tra la sbornia folk-dronica in bassa fedeltà dell’acerbo “No Becoming” e le derive sempre più oscure ed epiche del suono disturbante dell’Ensemble con i synth di “Crossing The Pass, By Torchlight”, poteva essere tracciato infatti un parallelo in termini di intenti e "sentire" dark, prima ancora di una qualche convergenza stilistica tout-court.
Equamente spartito in due metà, “Motion Forever” vince in realtà proprio perché somma delle due parti. Per quanto vicini si siano ritrovati a essere le intenzioni del combo, l’album riesce a equilibrare le piccole mancanze ancora avvertibili nel suono dei singoli – distensione nell’Ensemble, dinamicità e “romanticismo” nelle composizioni di Noble.
Ma veniamo al contenuto della nostra pellicola, quindi. I quadretti insozzati di Lee Noble appaiono questa volta decisamente più a fuoco: sul nastro gravano così scure folate ambientali di natura psichica, umorale, una stasi attonita e depressa da cui si solleva pallidissimo lo scheletro di una sola canzone (“Woman In The Dunes”), che si estranea poi in una visione lunare alquanto surreale (“Memory Photo”). “Bed Spell” è pura inerzia dark, sequenza sbiadita di un affaccendarsi urbano contemplato dall’esterno, preludio alla bellissima accoppiata finale messa a segno dall’Ensemble Economique. “Your Hands, Your Lips, Your Eyes, Your Hips” si solleva verso i cieli eterei e decadenti dei This Mortal Coil per profanarli a scurissimo e sensuale commento di una psicosi metropolitana latente e irreversibile.
Uno spettacolo di elegante desolazione in cui non sono previste uscite d’emergenza: in chiusura arriva infatti lo spettrale numero darkwave di “Radiate Through Me”, brano circolare e ingannevole, come vedere apparire Badalamenti un attimo prima dell’oblio illusorio e dei titoli di coda, come fermarsi di colpo sul ciglio della strada e avere la lucida impressione che sia tutto un errore.
Il trio lega insieme input e suggestioni in bianco e nero, che arrivano da un dove e un quando non definibili, riproduzione idealmente continua e senza finale cui affidare almeno per trentacinque minuti il proprio inconscio svincolato.
Più che un punto d’arrivo, per la combriccola, le basi per un nuovo, eccitante, giro di boa.
01/12/2012