Aa. Vv.

5: Five Years Of Hyperdub

2009 (Hyperdub)
dubstep

Kode9 all'anagrafe è registrato con il nome di Steve Goodman. Me lo immagino che gira per le strade di Glasgow, un normale ragazzo di periferia che ha una grande passione: la musica elettronica. Che vuol dire passare i pomeriggi nei negozi di dischi e la notte in fumosi e umidi club a ballare. Sono gli anni 90, sono gli anni della rave culture, della jungle e della drum'n'bass. Poi Steve decide che la provincia è stretta e si sposta a Londra, dove continua a fare il dj. Lui, il suo bagaglio di dance, di musica reggae e di cultura afrofuturista. Arriva il nuovo millennio e Steve sente puzza di vecchio, saranno i trent'anni o sarà che il futuro non sembra poi così entusiasmante; arriva il nuovo millennio, insomma, e Steve con il nome Kode9 remixa in versione dub "Sign O' The Times" di Prince: "Sine of the Dub" è la prima uscita ufficiale della Hyperdub. Inizia così la storia dell'etichetta più all'avanguardia nell'elettronica degli anni '00.

Burial all'anagrafe è registrato con il nome di William Bevan. Lui è molto più giovane di Kode9, non era dietro i piatti durante gli anni 90, non era sui dancefloor o sotto le casse durante i rave party nelle campagne inglesi. Però era nella sua cameretta di normale ragazzo dei sobborghi londinesi, mentre ascoltava un sacco di musica. Musica elettronica. "Tutto quello che ho fatto per un anno è stato ascoltare 'Black Secret Technology'". Nel 2005 vede la luce il primo singolo di Burial: "South London Borroughs" è un fantasma jungle reincarnato in una dancehall che taglia l'aria fredda delle strade di Londra all'alba. Inizia così la storia del genere più innovativo e futurista degli ultimi dieci anni, il dubstep.

Quando ci si trova davanti un documento come "5: Five Years of Hyperdub", parlare di tutte le storie che stanno dietro ai protragonisti diventa inevitabile, a costo di passare per noiosi. D'altro canto è la musica il movente ed è quindi giusto spenderci alcune parole.
Ovviamente i livelli sono altissimi data la portata dei nomi coinvolti: oltre a Kode9 con i suoi Spaceape ("9 Samurai" è un pezzo epico) e Burial, che presenzia con il primo singolo già citato ma, soprattutto, con la splendida "Fostercare", troviamo Flying Lotus, King Midas Sound e The Bug, giusto per citare i nomi di punta. Attorno a loro tantissime perle misconosciute ("Bleeps From Outerspace" di Quarta330) e new sensation in cerca di hype ("Aidy's Girl's a Computer" di Darkstar piace molto dalle parte di Nme).
Bisogna anche dire che oltre al dubstep più classico, in "5: Five Years of Hyperdub" trovano spazio anche tutti i figli legittimi o meno del genere londinese: dal wonky beats agli ibridi hip-hop, passando ovviamente per le influenze più roots dei soundsystem urbani. Perché Hyperdub è anche questo, d'altronde: come un camaleonte, un occhio sul futuro e uno sul passato con il presente in continua mutazione.

"5: Five Years of Hyperdub" è la summa di tutto quello che è stato Hyperdub per la musica elettronica. In due dischi per quasi tre ore di musica, questa super raccolta sintetizza cinque anni di movimenti urbani, di sottoculture musicali ma anche sociali; per dire che il dubstep non è mai stato solo bassi profondi e profumi etnici ma anche e soprattutto una nuova idea di musica e di aggregazione. Il dubstep è stato il linguaggio di un'intera generazione cresciuta sul finire degli anni 90, in un periodo di transizione che come tutti i periodi di transizione lascia spaesati e senza punti di riferimento (guarda caso due delle caratteristiche più ipnotiche del genere in questione), una generazione che per cinque anni ha covato in un bozzolo di dj-set e cultura la propria idea di musica per poi fare i'ingresso in scena come la più spettacolare delle farfalle suburbane.

Ascoltando questo disco enorme mi viene da fare una riflessione sì musicale e sociale, ma mi viene anche da pensare. Pensare come, a volte, la velocità con cui l'umanità si evolve faccia veramente paura. Cinque anni fa nascevano i social network con Facebook, YouTube e MySpace. Cinque anni fa prendevano piede le tecnologie wireless. Cinque anni fa iniziava ad aleggiare la paura del file sharing legata al dopo Napster. Cinque anni fa nasceva anche un'etichetta, la Hyperdub, destinata a cambiare radicalmente il volto della musica elettronica: "5: Five Years of Hyperdub" è qui per raccontare la sua storia.

Appendice: Dubstep, una questione di ritmo


Ad ascoltare con attenzione "Five Years of Hyperdub", si nota un estremo assortimento ritmico: solo pochi pezzi presentano lo schema che definisce il genere, l'half-time accentato sul terzo beat (tum-tum-TUM-ta). "Stash" di Joker & Ginz è comunque emblema di come dubstep significhi in prima battuta la rarefazione del pattern 2-step (una costruzione tipica dell'UK garage: anziché i quattro colpi di cassa che battezzano il classico four to the floor, cassa sui beat dispari e rullante su quelli pari, più una discreta dose di shuffle). I cicli di percussioni, che nel 2-step canonico prendono una battuta, nel dubstep ne coprono due.
Quel che ne esce è un tempo in qualche modo ampliato, svuotato: subliminalmente, si crea dello spazio fra i beat, un interregno dub che rende il suono fondo, ipnotico. E lascia campo libero a foreste di sub-bass (i suoni sotto i 90 Hz il cui uso intensivo è permesso dai subwoofer) e scompigliamenti ritmici bradicardici, figli tanto del drum'n'bass quanto del trip-hop.

Se la posizione degli accenti è decisamente mutevole attraverso i trentadue pezzi, una costante per quasi tutti è la presenza di due livelli ritmici - quello dei bassi e quello del beat. È questo tratto a marcare la differenza sostanziale con le altre evoluzioni dell'elettronica inglese dagli anni 90 in poi. Anche il trip-hop rallentava i beat, anche il drum'n'bass e i suoi derivati giocavano su pattern in continua mutazione e linee di basso massicce, scure, acide. Nel dubstep, però, drum e bass scorrono a velocità diverse: una frase del primo dura quanto due del secondo, come se una moviola selettiva espandesse e scomponesse soltanto le mosse delle percussioni.

La scena inglese è dinamica, e dinamiche sono in particolare le uscite Hyperdub. Non c'è da stupirsi, dunque, che i brani raccolti presentino una varietà ritmica che va molto oltre alle caratteristiche di massima viste sopra. L'enfasi sui bassi, il frastagliamento percussivo e lo "svuotamento" dato dalla metrica half-step sono comunque un tratto distintivo di quasi tutta la compilation.

01/11/2009

Tracklist

Disc 1:

  1. King Midas Sound - Meltdown
  2. Kode9 + The Spaceape - Time Patrol (feat. Cha Cha)
  3. Darkstar - Aidy's Girl's a Computer
  4. Samiyam - Roller Skates
  5. Flying Lotus - Disco Balls
  6. Black Chow - Purple Smoke
  7. Burial - Fostercare
  8. Cooly G - Weekend Fly
  9. Zomby - Tarantula
  10. Martyn - Mega Drive Generation
  11. LV - Turn Away (feat. Dandelion)
  12. Mala - Level Nine
  13. L.D. - Shake It
  14. Quarta330 - Bleeps From Outer Space
  15. Ikonika - Sahara Michael
  16. Joker & Ginz - Stash

Disc 2:

  1. Kode9 - 9 Samurai
  2. Burial - South London Boroughs
  3. Kode9 Vs. L.d. - Bad
  4. The Bug - Honey Money Remix (feat. Warrior Queen)
  5. LV - Globetrotting (feat. Errol Bellot)
  6. Burial - Distant Lights
  7. Kode9 + The Spaceape - Ghost Town
  8. Kode9 + The Spaceape - Fukkaz
  9. Samiyam - Return
  10. Darkstar - Need You
  11. Zomby - Spliff Dub (Rustie Remix)
  12. Ikonika - Please
  13. Zomby - Kaliko
  14. 2000F & JKamata - You Don't Know What Love Is
  15. Joker - Digidesign
  16. Kode9 - 9 Samurai (Quarta330 Remix)