Francesco Califano, per tutti Franco, è stato uno dei più originali cantautori e parolieri italiani, oltre che scrittore e attore.
Originario di Pagani, piccolo centro del Salernitano, Califano, presto ribattezzato "Il Califfo", nasce tra le poltrone di un aereo nel cielo libico il 14 settembre del 1938. Dopo le scuole dell'obbligo, è costretto a frequentare un corso serale di ragioneria perché, "rapito" dalla vita notturna, non riesce a svegliarsi presto la mattina. È affascinato dalla bella vita e dalle donne, che ricambiano. Alterna la scuola e la boxe, i compiti e i locali da ballo. E se l'istruzione gli regala le basi per non cadere nei tentacoli della manovalanza (siamo nel Sud della rinascita), le notti smussano desideri e ambizioni oniriche.
Così, deciso a dare un senso alla sua natura di "uomo contro", parte per Roma dove si impone nel mondo dei fotoromanzi. Ma non basta. Sono gli anni della Dolce Vita e via Veneto è un brulicare di divi e di sinuose bellezze. Federico Fellini inventa i paparazzi e inchioda la Roma papalina nel "decadimento" mondano. Califano ama la musica e canta. La sua fame di novità lo porta a mettersi alla prova con differenti generi musicali: dalle ballate popolari sino agli standard a stelle e strisce. E quando una bellissima attrice di quegli anni sta per stringergli "il cappio intorno al collo", dopo una notte di riflessione, Franco sceglie definitivamente la musica: destinazione Milano.
È giovane ma ha le idee chiare, "la pratica deve vincere sulla teoria", dunque spazio all'istinto e all'amicizia. Le sue frequentazioni in ambito artistico lo portano a collaborare con diversi artisti allora in voga che apprezzano il suo modo di pensare. Scrive le prime canzoni anche se, pagando lo scotto della gavetta, per diverso tempo si limiterà a comporre per altri. Alterna la scrittura alle prime incisioni, che in breve tempo arrivano finalmente al grande pubblico. Seguono anni di grandi successi che culminano con un Lp interamente cantato da Mina.
Esaurito un periodo determinante della nostra storia musicale, il "Califfo" si trova inevitabilmente a dover fare i conti con l'avvento dei cantautori. Mentre qualcuno, tra i suoi colleghi, decide di affidare il destino politico e sociale dell'Italia a una chitarra, lui continua a raccontare l'amore e gli amici, la vita di tutti i giorni. Soffre l'impennata di quelli che non esiterà a definire "falsi messia e mistificatori" e, non senza dolore, prosegue il suo cammino evitando di spersonalizzarsi.
Personaggio "contro" e, per questo condannato a pagare duramente ogni sua scelta, Califano assurge alle cronache dei giornali per una serie di frequentazioni e "costumi" che la società di allora, pur essendone parte integrante, non tollera. Califano diventa il mostro, il vizioso. Dopo il rodaggio giovanile del collegio, ora è costretto a patire anche l'umiliazione del carcere. Una frustata, tra le tante che negli anni continueranno a susseguirsi, di quelle "che piegano ma non rompono". Nonostante lo scandalo e i soldi spesi per avvocati e cause costosissime, come l'araba fenice il Califfo rinasce, riesce persino a incidere un disco trasformando la roulotte in una sala di incisione, torna a toccare l'impervia vetta del successo.
I monologhi, alternati a canzoni di grande impatto emotivo, divengono il suo cavallo di battaglia. La romanità, per alcuni soltanto un dialetto, grazie a lui diventa una lingua. Alcune frasi tratte da sue canzoni divengono veri e propri slogan, entrando a far parte del lessico quotidiano. I media si sbizzariscono e lui gongola: "il Prévert di Trastevere", "il Brel romanesco", "il Pasolini della canzone", "il Belli di quest'epoca". Poi c'è la filosofia di Califano, la magia di una frase che titola e che consegna all'eternità una canzone, forse la più "usata" del suo repertorio: "Tutto il resto è noia".
Artista troppo spesso incompreso e frainteso, il Califfo ha all'attivo oltre venti dischi e qualcosa come mille canzoni scritte. Ha firmato una moltitudine di emozioni portate al successo da altri: da Mina a Renato Zero, da Lando Fiorini ai Vianella. Ricordiamo ad esempio "La musica è finita" e "Una ragione di più" (Ornella Vanoni); "E la chiamano estate" (Bruno Martino); "Un grande amore e niente più" (Peppino Di Capri), "Minuetto" e "La nevicata del '56" (divenuti cavalli di battaglia dell'indimenticata Mia Martini).
L'universo Califano è stato riscoperto di recente da una nuova generazione di artisti, come dimostrano gli omaggi di esponenti hip-hop come Articolo 31, Frankie Hi-Nrg e Piotta.
Franco Califano è stato insignito della Laurea Honoris Causa in Filosofia all'università di New York "per aver scritto una delle più belle pagine della Canzone Italiana", recita la motivazione. Per la cronaca, prima di lui la stessa università aveva assegnato la Laurea a Edoardo De Filippo e all'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Franco Califano è morto nella sua villa di Acilia, periferia di Roma, il 30 marzo 2013, all'età di 74 anni, per un arresto cardiaco. Sulla tomba, per sua richiesta, è stata apposta la frase "Non escludo il ritorno", titolo dell'omonima canzone con cui prese parte al Festival di Sanremo del 2005.