Stravagante, impetuosa, imprendibile: la musica di Constance Demby è lo specchio della sua ideatrice. Figlia dei sixties che bramarono inediti linguaggi e affamata di una spiritualità che non si arenasse nella mordacchia di un Credo, la compositrice statunitense, classe 1939, viene unanimemente considerata, insieme ai colleghi Steven Halpern e Iasos, massima espressione della cosiddetta musica new age.
Se la sua pietra miliare è quel “Novus Magnificat” (1986) da 200.000 copie vendute, che buona parte della critica specializzata giudica ancor oggi tra gli album imprescindibili del genere, sono gli episodi discografici meno battuti a rivelarne la grandezza. Come nell’esordio “Skies Above Skies” (’78), in cui si teorizza un misticismo che riduce in lacrime di gioia l’ascoltatore; come in “Sacred Spaced Music” (‘81), dove il dulcimer viene reinventato secondo un uso semplicemente ultraterreno (si ascoltino i 36 minuti di “The Longing”); come nell’ultima prova da studio, le “Ambrosial Waves” del 2011 che ne confermarono la visione, anche nel segmento ambient.
Inventrice di strumenti musicali per Volontà Superiori, guru per migliaia di fan, che alla musica chiedono fiduciosi una vita meno amara, la Demby resta personaggio eclettico e irrisolvibile, figura in bilico tra impulso alla Verità e deriva naïf. Il suo lascito? Una produzione fedele a quell’impulso irrazionale dell’essere umano alla trascendenza, una forza invisibile che ella cercò di rendere manifesta attraverso i suoni provenienti da un misterioso altrove.
N.B. L’intervista a seguire, datata 2017, è rimasta inedita fino a oggi; la Demby non rispose a due delle domande che ritenevo più significative per dischiudere il significato della sua estetica, così preferii archiviare il testo senza pubblicarlo. La morte della compositrice, il 20 marzo 2021, ha infranto la mia durezza, così che oggi i lettori possono liberamente costruirsi una propria opinione attraverso le sue risposte, secche e dirette, espresse riferendosi a sé stessa usando la prima persona plurale.
Constance, cosa ti rende felice?
In genere, tendiamo ad albergare in uno stato calmo, di pace e tranquillità. Se qualcosa fuoriesce da questo equilibrio, la si gestisce, per poi tornare alla quiete iniziale.
La necessità di pervenire a nuovi suoni per manifestare le tue visioni, ti portò all’invenzione dello Space Bass.
Come musicista e compositrice, ma anche come pittrice e scultrice, per noi il fulcro è sempre stato la sperimentazione. Al tempo stavamo lavorando a una scultura in acciaio inossidabile; eravamo lì lì per tagliare una lamiera, ma la sua ondulazione involontaria provocò un suono così potente e meraviglioso che ci fermammo. Ed è così che è nato il Sonic Steel Space Bass, che qualcuno ha soprannominato “dispositivo di comunicazione transdimensionale”.
Tecnicamente parlando, di cosa si tratta?
È un foglio di acciaio inossidabile rifinito a specchio della lunghezza di circa 10 piedi, a cui sono collegate barre di acciaio e ottone, arrivando a un’estensione di 5 ottave. Queste barre possono essere impiegate in vari modi, percosse o suonate con un archetto, per determinare delle serie di armonici sovrapposti, così come la lamiera, con la quale si possono ricavare diversi tipi di effetti. Lo Space Bass emette risonanze primordiali, profonde, con implicazioni archetipiche tali che, invariabilmente, pongono l’ascoltatore in uno stato percettivo alterato. Uno scienziato specializzato nella branca dell’acustica ha calcolato una volta che le onde sonore delle note più basse dello Space Bass raggiungono, approssimativamente, una lunghezza di 30 piedi.
Dove ha trovato il suo migliore impiego?
È lo strumento principale in “Sonic Immersion”, un album del 2004 dove il suono ha una funzione terapeutica e dove si lavora sui sette chakra con delle penetranti frequenze subsoniche, un lavoro responsabile di guarigioni impressionanti.
L’opera per cui sei più conosciuta è “Novus Magnificat”, uno degli album più complessi partoriti dalla new age.
Abbiamo ideato per prima cosa il tema principale, una semplice triade minore discendente. Da quel momento in poi siamo state avvolte in un’ispirazione costante; era come se si fosse aperto un enorme canale che portava la musica dai Regni più alti a noi. Un’esperienza straordinaria che, successivamente, si è tradotta nel nostro album più venduto e premiato.
Che ne pensi della musica di guarigione di Steven Halpern?
Pensiamo che certa critica specializzata ritiene Halpern, Demby e Iasos all’origine della musica new age.
Se non erro tieni veri e propri corsi di “guarigione” attraverso la musica.
Questi workshop sono un “viaggio” nei chakra impiegando, appunto, le frequenze dello Space Bass, occasioni dove tante persone hanno sperimentato straordinarie esperienze di guarigione. Nel nostro sito ufficiale questi appuntamenti vengono sintetizzati come “un’immersione terapeutica che monda, cura e ripristina l’equilibrio, impiegando frequenze subsoniche, colori, luci e il potere dell’Intenzione”.
La tua posizione sulla musica con il La intonato a 432 Hz?
Una questione intrigante che dovremo approfondire. Ma dobbiamo anche confessare che, a oggi, quando abbiamo ascoltato musica a 432 Hz, non abbiamo notato niente di significativo nelle nostre percezioni.
Strumentazione analogica contro strumentazione digitale: ha senso la battaglia?
Si tratta solamente di uno dei temi attualmente più dibattuti dal mondo della musica, ma anche del cinema e dai media, in generale.
Nella tua vita, sono presenti delle guide spirituali?
Sant Ajaib Singh Ji, un vero e proprio maestro illuminato indiano, ci ha iniziate alla pratica del Sant Mat, lo yoga della Luce e del Suono (“Surat Shabd Yoga”). Le frequenze e l’energia derivate da quell’iniziazione dischiusero il nostro orecchio interiore alla corrente sonora in cui tutto scorre e, da allora in avanti, la musica ha cominciato a riversarsi in noi in maniera completamente diversa da prima. Surat Shabd Yoga è traducibile come “Unione dell’Anima con l’Essenza dell’Essere Supremo”, ma vuol dire anche “Viaggio dell’Anima” o “Yoga del suono che fluisce”. Il termine sanscrito “Shabda” ha infatti molteplici significati: “canzone sacra”, “parola”, “voce”, “inno”, “suono che fluisce”, “flusso udibile della Vita”.
Un’altra esperienza significativa nel tuo percorso artistico è stata quella con il Central Maine Power Music Company.
Il gruppo di artisti facenti parte del CMPMC ha portato il proprio spettacolo multimediale per tutta la East Cost, nei primi anni 70. Fu, per coloro che vi presero parte, un’esperienza importante che, giunta al termine, ci spronò a proseguire, nel settore della musica.
Suoni il dulcimer in un modo davvero singolare.
Ce ne innamorammo attraverso una nostra amica, la musicista Dorothy Carter, che aveva un dulcimer martellato. Quello che suoniamo noi è stato progettato e personalizzato su alcune nostre indicazioni, su tutte l’aggiunta delle corde basse, che ne fanno un modello ben più grande di quello tradizionale. È uno strumento già presente in vari paesi del Vicino Oriente da circa 5.000 anni; il suo nome deriva dal latino e dal greco: con “dulce” e “melos”, si intende, appunto, una “dolce melodia”.
Con la massiccia diffusione dei synth negli anni 80, è emerso qualche compositore che ti appassiona?
Diciamo piuttosto che, quando il sintetizzatore è nato, ha dato modo a tanti musicisti di scoprire un modo completamente nuovo di comporre. A ciò si aggiunga che, conseguentemente, si è trattato anche di un punto di svolta per l’industria musicale.
Il tuo primo synth?
Quello che abbiamo usato per suonare “Novus Magnificat”, e cioè l’Emulator II, uno dei primi a consentire l’importazione e il campionamento digitale di suoni di strumenti sinfonici, di cori e altri effetti, gestibili direttamente attraverso la tastiera.
La musica commerciale ti intriga?
Normalmente non ne ascoltiamo. Ma, trattandosi di una musica presente pressoché in ogni film al cinema, in ogni programma televisivo e trasmissione alla radio, beh, diciamo che non esiste nessuno che sia esente dal suo ascolto.
Nuova musica all’orizzonte?
La nostra etichetta Valley Entertainment celebrerà i trent’anni di “Novus Magnificat” con la pubblicazione, a luglio, di una versione rimasterizzata e a due cd. Oltre all’album originale, dunque, saranno presenti delle versioni bonus dal vivo.
La maggioranza dei tuoi brani si caratterizza per una lunga durata. La ragione?
Non pianifichiamo mai i brani, essi sono canalizzati attraverso noi e, perciò, ognuno a una lunghezza di cui non siamo personalmente responsabili. Una volta che iniziamo il processo di composizione, ci abbandoniamo all’ispirazione, ed è come se la musica si creasse per proprio conto, sicché la sua lunghezza sarà determinata da ciò che viene canalizzato in quel momento
Quando componi, pensi al pubblico?
Né quando componiamo, né quando ci esibiamo.
Il futuro dell’industria musicale?
Anche grazie all’evolversi della situazione di cui ci chiedi, scopriremo sempre più quanto ogni cosa sia, in fondo, parte di un processo transitorio.
Una sola domanda di attualità: il neo-presidente Trump?
Un uomo pericoloso, del quale non condividiamo le idee.
Qual è l’aspetto più straordinario dell’essere un artista?
Essere persone creative è una delle benedizioni più grandi che possano capitare. Quando un artista riesce a immergersi totalmente nel processo creativo per lunghi periodi di tempo, sta godendo di un dono inestimabile. Non c’è nulla che noi conosciamo, su questo pianeta, che superi una condizione del genere.