Laura Agnusdei - Il piacere dell’esplorazione libera

intervista di Peppe Trotta

A ridosso dell’uscita del pregevole “Flowers Are Blooming In Antarctica” intercettiamo Laura Agnusdei per saperne qualcosa in più sui contenuti dell’album e sulle diverse tappe della sua evoluzione artistica.

Partiamo dalla fine, ovvero da “Flowers Are Blooming In Antarctica”, un album che raccoglie i frutti della tua costante ricerca di ibridazione dei linguaggi portandola a un ventaglio di soluzioni mai così ampio. Come sei giunta a un simile risultato? Quanta importanza rivestono le tante collaborazioni abituali nel sottobosco della sperimentazione?
Il disco è un lavoro durato due anni, anche di più forse. E’ un disco molto corale, che vive di uno scambio intenso con molti musicisti. In primis Giacomo Bertocchi (sax alto, flauto, clarinetto) Edoardo Grisogani (percussioni, drum pad) e Giulio Stermieri (farfisa, synth, assistente alla produzione) con i quali ho inciso 4 brani su 8 in presa diretta in una formazione a quartetto dove prima di entrare in studio c’è stato un gran lavoro di squadra che li ha visti partecipare in vario modo anche al processo compositivo. Un’altra metà del disco ha avuto invece una genesi meno live, più da produzione in studio, e vede comparire anche Ramon Moro alla tromba, Giovanni Minguzzi alla batteria e Teguh Permana al tarawangsa. Certamente dentro c’è molto di più delle persone citate, ci sono anni di scambi ed esperienze con tantissime altre persone che hanno contribuito alla mia crescita artistica.

Sei diplomata in sax classico al Conservatorio e hai conseguito un Master in musica elettronica. Quanto e in che modo la tua formazione ha inciso sull’attività di compositrice e musicista?
Al Conservatorio di Bologna, sotto la guida del maestro Daniele Faziani, ho imparato a suonare il mio strumento. L’ho fatto con il rigore della musica classica, e questo mi ha aiutato sul lato tecnico, ma a suo modo anche dal punto di vista espressivo, devo dire. Studiare all’Institute of Sonology, invece, mi ha permesso di sviluppare una mia estetica personale all’interno della musicia elettroacustica, ho imparato tantissime cose, che certamente ritornano nella mia pratica, ma che tuttavia non la definiscono rigidamente.

L’approccio al tuo strumento è a dir poco non convenzionale. Il sassofono diventa una sorta di arma musicale impropria, che sfugge a catalogazione di genere per farsi fonte malleabile di suono. Da dove ha origine tale attitudine?
Secondo me, la mia salvezza è stata che nonostante gli studi accademici, io suono in vari progetti indipendenti da quando ho 16 anni. Quell’approccio di esplorazione libera, dettata dal proprio piacere, strettamente personale, di scoperta e sperimentazione, ma anche da una necessità comunicativa e di condivisione, non mi ha mai abbandonato. Partendo da questo presupposto, non mi pongo il problema di quale genere stia suonando e il mio sax è libero di attraversare contesti diversi senza porsi troppe domande.

Tornando all’ambito a cui il tuo fare musica è ascrivibile, la scena sperimentale, quanto è difficile trovare spazi per esibirsi di fronte un pubblico realmente interessato?
Gli spazi non sono tanti, ma sono doppiamente preziosi, perché spesso sono creati da persone mosse solo da un amore genuino per i linguaggi non convenzionali (non ci sono grandi soldi da spartirsi e questo attira solo le anime più coraggiose e determinate). Il pubblico quindi sì può essere ristretto, ma è spesso davvero interessato, la scena sperimentale è un ecosistema, siamo tutt* interdipendenti e farne parte è in primis un atto politico e identitario, una scelta. Certo sarebbe bello se ci fossero più risorse economiche, ma viviamo nell’era Meloni, che ci aspettiamo? Tagliano i soldi per la sanità figurati che ne è dell’arte…

Ritengo che uno dei pregi della tua pratica sonora sia quello di risultare coinvolgente a prescindere dalla complessità e ricchezza di rimandi. Ciò è frutto di una volontà specifica o si tratta della naturale conseguenza del tuo modo di intendere la musica?
Direi assolutamente la seconda. Quando inizio a pensare a un nuovo disco o simili, cerco di concentrarmi solo sulla musica che sto immaginando, la musica che io in primis voglio sentire, lasciando fuori l’idea di come verrà percepita, se sia qualcosa di accessibile o coinvolgente, questo sta agli altri dirlo, non si ha potere sulle orecchie altrui!

Il tuo disco verte su tematiche ecologiche e parla di salvaguardia ambientale. Ritieni che l’arte oggi riesca ancora a incidere sui suoi fruitori in termini socio-politici? Può la musica sensibilizzare e portare determinati argomenti al centro del dibattito culturale?
L’arte sintetizza, questo è il suo grande potere. Coagula immaginari, discorsi, emozioni delle epoche di cui è figlia. L’arte è politica anche quando non lo sembra, perché comunque ogni opera porta con sé un'idea di mondo, anche senza esplicitarla in manifesti e dichiarazioni. La nostra epoca non è diversa dalle altre, ha solo linguaggi suoi specifici, posture diverse dal passato, medium diversi. Quindi non dobbiamo cadere nell’errore di pensare che siccome non siamo più nei gloriosi anni 70, l’arte non smuova niente in termini socio-politici. Lo fa solo diversamente, nel bene e nel male.

“Flowers Are Blooming In Antarctica” è un diretto discendente – tematico e musicale - del tuo debutto solista “Laurisilva”. Ci sarà spazio per un ulteriore futuro sviluppo? C’è qualcosa che vorresti ancora aggiungere al percorso tracciato?
Ad oggi ho solo idee vaghissime su quale possa esser il prossimo step, certamente all’atto pratico sono convinta della scelta di uscire dalla dimensione del solo, mi stimola di più in questo momento l’idea di fare un altro disco che veda il coinvolgimento di altr* musicist* che tornare a un approccio più solitario.

Quanto e come ha contribuito Maple Death alla realizzazione del disco?
F.A.B.I.A è la prima uscita della collana Opale, un progetto di Maple Death e Canicola edizioni che unisce musica e illustrazione, ogni uscita di Opale vede la produzione parallela di un Lp e di un libro illustrato, legati tra loro da un filo rosso che attraversa atmosfere, temperature emotive, scorci di contenuto, e raccolti in un prezioso cofanetto in edizione limitata che include poster e design unici. La controparte visiva del mio album è realizzata dall'illustratore Daniele Castellano, un artista incredibile con cui ho scelto di collaborare in virtù del suo stile unico, che in parte mi ricorda un altro artista che amo moltissimo, Luigi Serafini. Jonathan Clancy, colonna portante di Maple Death records, ha creduto fortemente in questo disco fin dal primo ascolto e sta facendo un lavoro discografico incredibile, gli voglio bene e mi sento molto fortunata ad averlo al mio fianco.

Come sarà trasposto dal vivo “Flowers Are Blooming In Antarctica”?

Viene suonato in trio con Edoardo Grisogani alle percussioni e Jacopo Buda alla tromba, io suono il sax tenore e tutti e 3 ci destreggiamo anche ai synth e all’elettronica per restituire la complessità di strumentazione di cui si compone il disco. C’è stato un lavoro di riarrangiamento perché il disco è molto eclettico, ma penso che dal vivo abbiamo trovato una buona formula, ad oggi i feedback son stati molto positivi e sono contenta di ciò, perché per me la dimensione live è molto importante. Prossimi appuntamenti per adesso sono ad aprile su Bologna (nella stessa occasione presenterà il suo nuovo disco anche Stefano Pilia) e Firenze,  mentre a giugno ci aspettano tre festival: Ferrara Sotto Le Stelle, Handmade, Jazz is Dead.

Discografia

Night/Lights (Ep, The Wormhole, 2017)
Laurasilva (The Wormhole, 2019)
Laura Agnusdei Trio Live (Autoprodotto, 2023)
Goro (Ep, Maple Death, 2023)
Flowers Are Blooming In Antarctica (Maple Death, 2025)
Pietra miliare
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