Quando entro nel camerino per l'intervista, Parente è solo, ha una faccetta pensierosa e scarabocchia qualcosa su un quaderno dall'aspetto vissuto. Prima di cominciare, Marco schiarisce la voce due volte. Penso che forse è un po' raffreddato e decido di "potare" alcune domande.
È vero che Patty Pravo ha ripreso "Farfalla Pensante"?!
Marco annuisce soddisfatto.
Non solo: l'ha fatta prima lei di me. È uscita prima nel suo disco e poi nel mio.
Sei soddisfatto della sua versione?
Insomma… Lei era in grado di far volare quella farfalla e l'ho sentito nei provini, quando ancora era in uno stato primordiale, dopo l'ha piegata alla produzione del suo disco quindi, secondo me, si è persa tantissimo la qualità della canzone. Io… boh, non ero particolarmente soddisfatto, devo dire.
Almeno hai avuto un tornaconto bancario?
Marco scuote la testa.
Neanche?! Che tristezza!
Non credo venda più così tanto.
È stato bello perché è stata una soddisfazione. Non era un brano scritto per altri, poi, tramite Manuel (Agnelli, che ha duettato con la Pravo e Joe nella versione di "Pensiero Stupendo" nel disco "Crocevia" dei La Crus, ndr)¸prima di affrontare il disco, è venuta fuori questa possibilità e lei ha scelto quel pezzo. M'ha fatto molto piacere, però, considerati chi l'ha scritta e quel che mi aspettavo, non posso dire che è una versione fantastica. Infatti è rimasta in sordina come brano, anche nel suo disco. Si vede che ce n'erano altri che la convincevano di più.
Passiamo a domande banali: " Neve Ridens ", un progetto che prevede l'uscita di due dischi a distanza di mesi. Perché? A me sono venute in mente due ragioni: la prima è per avere più chance agli Mtv Awards e l'altra è per avere più chance al Mercury Prize.
Scoppia a ridere. Non avevo contemplato queste chance...
Tu chiederesti a Quentin Tarantino perché ha diviso in due "Kill Bill"?
L'ha spiegato: ha detto che era troppo lungo.
…Perché avevo tanta roba, tra l'altro molto densa, densa di cose da dire, cose da suonare. C'era un'urgenza forte, due anni di raccolta di canzoni e altri due anni particolari a livello di intensità e quindi, naturalmente, alcune canzoni erano… urgenti, però non volevo rinunciare a quasi nessuna di loro, allora mi è venuta in mente l'idea di dilazionarle in due puntate.
Sono due dischi assolutamente legati, anche dal titolo ("Neve Ridens" il primo e "Neve Ridens" il secondo, ndr) e questo vuole accomunarli, però mi ha dato la possibilità di approfondire un discorso, di fare una selezione di un certo tipo di canzoni, far uscire il primo lavoro e fare l'esatto contrario: sono due facce di una stessa medaglia.
Il secondo disco è già pronto?
Più di tre quarti: è già pronto e mixato. È stato registrato tutto contemporaneamente. L'idea dei due dischi è arrivata via via: non sono partito con l'idea dei due dischi.
Trovo che "Neve Ridens" sia un disco molto lineare, a tratti addirittura "dark". In molti si aspettavano qualcosa di estremamente pomposo, orchestrale, visto i tuoi ultimi concerti e il disco dal vivo ("L'attuale jungla" del 2004, registrato insieme al Millenium Bugs' Orchestra di Mirko Guerrini, ndr).
Esatto: subito dopo l'orchestra il desiderio era quello di "pulire", sai, di fare spazio e quindi, di ritrovarsi, magari con i musicisti che hanno seguito il lavoro, che poi è la band con cui suono stasera, che ha seguito tutto il disco e che seguirà tutta la tournée. La voglia di ritrovarsi in poche persone. Questa, devo dire la verità, è una cosa che non so se capita anche a altri, ma a me è una cosa che capita costantemente: quando finisci un disco hai l'urgenza di voler tornare indietro e di dire: "Ma com'era questa canzone prima?" e vuoi risuonarti quella canzone cercando com'era all'inizio. Qui è stato fatto proprio cercando un disco.
Quindi è stato più facile affrontare tutto il processo di arrangiamento con il gruppo e la registrazione? È venuto tutto molto naturale e ancora oggi, tutte le conferme che ho, mie, intime e personali, sono esattamente queste e mi dà molta sicurezza, perché le cose si sono incastrate, si sono evolute ed è come se inconsciamente avessi pensato a delle cose e, senza che me ne accorgessi, si fossero evolute e incastrate, appunto. È successo così con questo disco - che sono due dischi - ma nel momento in cui ci siamo ritrovati in sala prove è stato velocissimo, forse perché, ripeto, è il distillato di tante collaborazioni che ho avuto negli anni e questi sono musicisti che per me rappresentano il distillato del distillato, umanamente e artisticamente.
Sono tanti anni che suonate insieme, immagino ci sia anche un grande affiatamento tra di voi.
Esattamente.
"Un disco lungo un giorno".
È stata un'esperienza incredibile! Sorride
Spieghiamo di cosa si trattava?
Spiegalo tu! Ride.
Scordatelo! Al massimo, quando trascrivo l'intervista, faccio copia-incolla dal comunicato stampa... (e invece riassumo: cinque concerti tutti tenuti lo scorso 20 settembre. Nell'ordine: in radio con un set acustico; nel sottopassaggio della stazione di Firenze S.M. Novella con set abusivo; in libreria per auto-intervistarsi e suonare un libro; in una galleria d'arte che espone opere di Tullio Parente, padre di Marco e che sarebbero state rielaborate per l'occasione dal visualist Giovanni Antignane; la vetrina di un negozio d'alta moda. Ndr… pant pant)
Siamo riusciti a suonare tutto il disco nelle varie tappe … Si sono scelti dei luoghi e a quei luoghi siamo andati incontro.
Siamo partiti dalla radio con un'introduzione di un brano dal secondo disco e che farà parte della trilogia "Il sorriso animale" (solo il brano "Il sorriso animale III" è contenuto in "Neve Ridens", ndr) poi ha parlato il conduttore - io non ho voluto parlare - e ho fatto un brano.
Poi il sottopassaggio della stazione dove abbiamo fatto i "busker", praticamente: eravamo io e il chitarrista e abbiamo suonato davanti un negozio di dischi. Proprio stradaioli...
Poi alla Feltrinelli: ho suonato un libro e ho cantato. Ma solo con la voce. Poi c'è stato anche un imprevisto, una polemica su "La Nazione": il giorno prima, alla conferenza stampa - che era in un luogo istituzionale come Palazzo Medici-Riccardi a Firenze, dove c'era l'assessore sia del Comune che della Provincia che hanno introdotto incoraggiando la cosa - uno di Forza Italia si è svegliato, ha detto: "Ma chi è questo?" e allora lì ho preso il giornale, visto che avevo appena suonato un libro - però era di Pablo Neruda e sicuramente era meglio della polemica de "La Nazione" - e ho detto: "Vediamo che suono ha la polemica" e ho strappato le pagine. Visto che lì ci sono i libri, ho piegato la cosa a modo mio, a quel luogo.
Poi siamo andati in una galleria d'arte e lì io suonavo e c'era Giovanni Antignane che manipolava in tempo reale ciò che io suonavo e dava vita a quelle che poi sono tutte le illustrazioni dei dischi, sia di questo che de "Il posto delle fragole", del prossimo singolo e del prossimo disco; quindi una sorta di veejaying acustico in questa galleria dove erano anche esposte delle opere e dove abbiamo fatto altre tre canzoni.
Gran finale in una vetrina. Era una vetrina con dei manichini, dove, inizialmente, c'era un preambolo dove era proiettato un video di "Colpo di specchio", una canzone del disco. Poi si tirava giù il telo, la gente andava ancora più avanti e si apriva una prospettiva di questo negozio fantastico, dove noi eravamo immersi in questi manichini. Io ero nella terza stanza dove c'era una prospettiva bellissima che arrivava fino all'Arno, e abbiamo suonato le ultime tre canzoni.
È stato faticosissimo, ma penso quasi da Guinness, perché non credo che qualcun altro si sia inventato un tour in un giorno. Tutto rigorosamente ripreso da un regista e dal fonico, e ora vedremo: si spera di fare un documentario, un Dvd.
Come ha reagito la gente?
C'era già gente fin dall'inizio perché comunque l'evento era stato ben pubblicizzato, però via via si accumulava: il passante che arrivava alla stazione per caso si è fermato, ha chiesto, poi me lo sono ritrovato alla Feltrinelli. All'ultima cosa, penso che cinquanta persone hanno visto quello che è successo, perché tutto il resto della gente era nella strada e non riusciva a vedere quello che stava succedendo.
E come ti sei preparato? Hai aumentato le ore in palestra, hai intensificato le ore di meditazione o ti sei affidato al guaranà?
No, non mi sono drogato.... Serviva tanta concentrazione. Ti dirò, nel momento in cui è partita, mi sono sentito sollevato, anche perché avevo delegato tutto e tutti sapevano quello che dovevano fare: un'organizzazione pazzesca. Fortunatamente non c'è stato alcun intoppo. Da lì in poi mi sono goduto la giornata che è andata bene fino in fondo e sono stato felice. Non ho fatto palestra. Sto cercando di fare flessioni e addominali, ma non credo che ancora siano sufficienti.
Oh Marco, ma tu sei un figo così!
Ti ringrazio.
Una domanda che tengo particolarmente porre a te. Premessa: io sostengo che scrivere poesie non sia semplicemente andare a capo prima della fine del foglio e che ci siano regole ben precise, ma mi rendo anche conto che i cantautori sono ciò che si può avvicinare ai poeti di secoli passati. Tempo fa hai dichiarato che non ha senso "fare poesia", quanto "essere poesia". Mi spieghi meglio questo tuo punto di vista?
Nel comunicato che ho scritto per "Neve Ridens", nella risposta poetica (la domanda era: "Perché Neve Ridens?" e Parente ha dato due risposte: una politica e una poetica, ndr) dicevo che forse riconosco nella poesia l'unico metodo di vita. Non voglio entrare nei meriti artistici e prettamente letterari della cosa e, in questo senso, i grandi poeti ci sono già stati e un cantautore non è un poeta: è un cantautore. Non è fondamentale ergere a valore alto un cantautore, quindi uno scrittore di canzoni, e paragonarlo al poeta. Noi abbiamo la musica e molti cantautori hanno trascurato questo aspetto, per quello io non mi considero un cantautore; hanno trascurato che c'è la musica, come supporto, non c'è il foglio bianco e la penna. In molti hanno preso come pretesto questa cosa qua.
A me Guccini non interessa: se sai scrivere, scrivi libri: non mi tirare ancora il giro di do perché hai delle cose da dire, perché non l'accetto, perché lì, allora, offendi la musica, non la poesia. Alla fine mi sono reso conto che la poesia potrebbe essere un metodo di vita che potrebbe dare un senso. Per me dare un senso a ciò che vedi e che senti è poesia. Quindi, i grandi poeti, anche se scrivono poesie più o meno belle, sono poeti, non fanno i poeti. Se bevono un caffè, sono poeti. Questo è il senso dell'essere e non del fare.
Beh, ora mi tocca: dopo "Libro Trasparente", ora "Cuore Distillato". Dimmi anche se è facile trovare "Cuore Distillato", perché "Libro Trasparente" era veramente difficilissimo da reperire!
No, "Cuore Distillato" non lo troverai facilmente perché alla fine è stata una produzione nostra: mia e di Antonio Bertoli che è la City Lights italiana.
È stata buffa perché è partita in maniera casuale, era una sorta di performance, un atto poetico e quest'atto poetico è stato raccolto, non so perché, più all'estero. Siamo partiti da Bruxelles, poi Parigi, ho fatto tutta la Francia, eccetera. Ci torneremo a novembre a fare proprio dei festival anche perché Antonio ha proprio delle belle conoscenze, da Jodorowsky a Arrabal. Arrabal è impazzito. A Torino, alla Mostra del Libro, dove eravamo tutti, ha esordito dicendo: "A Parigi ho visto una cosa: è stato il big bang della poesia." Infatti ci ha fatto tornare a Nancy a questo festival della poesia.
È una strada parallela. La collana si chiama Bookleg e, esattamente, si riporta all'atto poetico: il momento, i testi di quel momento, nero su bianco. Questo è "Cuore Distillato".
Mi rendo conto che la voce comincia a stancarsi. Non sia mai, preferisco terminare l'intervista...