In questo inverno che proprio non vuol sapere di andarsene, continuiamo la nostra passeggiata tra due Neve Ridens insieme a Marco Parente. A cinque mesi dall’uscita della prima parte del progetto, la conclusione può degnamente essere considerata la giusta evoluzione. Se in "Neve Ridens" Parente faticava a tenere le iene fuori dalla sua esistenza, è con "Neve Ridens" che la neve che gli riempiva la testa o il cuore (questo non è dato a sapersi) trabocca ed esplode per divenire tutto il suo mondo. "Neve Ridens" è un disco assolutamente poco suonato, scarno e minimale, con testi potenti e disarmanti, sottolineati dalla sua voce emotiva e a tratti splendidamente sgraziata.
Un disco, se vogliamo, anche un po’ anomalo nella discografia di Parente, che ci aveva abituati a brani complessi, strumentalmente ricchi e forse un po' più melodici. Un disco sicuramente denso, lento e intimista senza però sconfinare nella lagnosità o nella noia. La voce è protagonista assoluta di questo lavoro, a volte accompagnata dal pianoforte ("30 secondi di vento" e l’inizio di "Amore cattivo", la cui seconda parte sembra essere un’altra canzone), dalla chitarra ("Neve") o da un ukulele ("Vita moderna").
Pochi gli episodi che possono essere considerati "ritmati": la seconda parte di "Amore cattivo" e il bellissimo singolo "Neve Ridens" con un ampio arrangiamento vocale (tre le voci presenti: oltre a quella di Parente, quelle dei vecchi amici Manuel Agnelli e Marco Iacampo, ossia Goodmorningboy). Menzione speciale per altre tracce: "Michelangelo Antonioni" – brano di Caetano Veloso che Parente considera "l'esempio di quello che dovrebbe produrre il prototipo del nuovo cantautore italiano" – e "Ascensore inferno piano terra" che, su una decisa base pianoforte/batteria, ci regala un bellissimo assolo di clarinetto (del solito fantastico Enrico Gabrielli).
Se qualcuno ha già malignato che i due dischi, visto la loro durata (34.23 il primo e 40.40 il secondo), avrebbero potuto essere contenuti in un cd solo, a me sembra invece giusto che siano ben distinti, perché ben diverso è l’approccio che il cantautore fiorentino ha con i temi trattati e l’intera parte musicale. Un disco denso, si diceva, al quale le persone più votate all’intimismo si crogioleranno volentieri, magari mentre sperano che la neve si sciolga velocemente in un giorno in cui non si ha nemmeno "il coraggio di ascoltare la neve che cade e tocca terra".
05/03/2006