Il nuovo album di Trappist Afterland "Evergreen - Walk To Paradise Garden" (Cosmic Eye/Sound Effect Records) potrebbe rappresentare - finalmente - un'occasione per portare la musica di Adam Geoffrey Cole anche in Italia, per due ottimi motivi: la distribuzione europea e la partecipazione, in un brano, di David Tibet. Il leader dei Current 93 ha portato fortuna e visibilità ad artisti che ormai sono ben più famosi di lui (Anhony, su tutti), e il suo nome potrebbe attrarre nuovi ascoltatori. Che si firmi col suo nome o con quello della band, la musica di Cole, che sulla sua pagina Bandcamp descrive come "folk fatto con voci, vari strumenti acustici, tabla, percussioni, harmonium e drone di tanpura", ha un potenziale pubblico certamente più ampio di quello già raggiunto. Con nove album a nome Trappist Afterland, oltre a Ep, singoli e lavori solisti a firma di Cole, frutto per lo più di autoproduzione in tiratura limitata (tutto ascoltabile e acquistabile in formato digitale dalla pagina Bandcamp o, per chi può, a prezzi ormai fuori controllo su Discogs), l'auspicio è che il "folk gnostico" rompa finalmente le barriere della geografia e del sovraffollamento sonoro, riuscendo a conquistare la giusta visibilità. Per dare un piccolo contributo alla causa, abbiamo chiesto direttamente a Adam Geoffrey Cole di raccontare un po' di sé e della sua musica.
Quali sono le principali differenze tra la tua carriera solista e la produzione a nome Trappist Afterland?
Generalmente quando realizzo un album a nome Trappist Afterland ci sono più musicisti che collaborano al disco, mentre gli album solisti sono più essenziali. Ad esempio, nel nuovo album ci sono Henry Parker, Angeline Morrison, Tali Trow e David Tibet.
Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo album? Continuità o rottura rispetto al passato?
L'ultimo anno è stato molto tumultuoso per me. Mia madre è mancata, il mio matrimonio è finito dopo 24 anni e il mio cane Floyd è morto. Quindi è un album abbastanza introspettivo e triste. È un album molto personale, anche se le canzoni sono abbastanza immediate e un po' meno sperimentali rispetto alle precedenti uscite a nome Trappist. Dal punto di vista del songwriting è un po' come il mio primo album solista "Fallowing" (2020).
Il primo album di Trappist Afterland risale al 2012. Il tuo approccio alla musica è cambiato nel corso degli anni?
Dopo la fine del Covid, mi sono sentito ispirato a scrivere dischi più focalizzati e immediati. Penso che il mio amore per gli artisti folk solisti britannici abbia contribuito a questo nuovo approccio, che continua ancora oggi, anche se nel nuovo album io e i miei collaboratori usiamo molti strumenti.
Qual è il ruolo degli strumenti etnici nella tua musica?
Negli ultimi anni ho usato principalmente l'oud, la cetra e la ghironda. Adoro quegli strumenti, anche se il mio strumento principale è senza dubbio la chitarra. L'oud è particolarmente divertente da suonare. Adoro Hamza El Din, è stato una grande influenza, anche se io accordo l'oud in modo molto diverso.
Oltre agli strumenti, la struttura stessa di alcune tue canzoni sembra incorporare sonorità etniche ("Sea Burial", dal tuo album solista “The Tracks Of The Afterlander” sembra essere costruita sul ritmo di una tabla, che però nel brano non c'è). Da questo punto di vista, come si è evoluta la tua musica?
Immagino che dopo ogni album si tenda a imparare sempre di più. Quindi, in un certo senso, la musica è in continua evoluzione. Tendo a cercare di scrivere il tipo di musica che mi piacerebbe ascoltare. Penso che le mie influenze siano evidenti, anche se la maggior parte del mio lavoro è generalmente molto personale - specialmente i testi.
Hai definito la tua musica come "folk gnostico". Qual è il ruolo dei testi e quanto i temi affrontati influenzano anche le scelte sonore e l'atmosfera del tuo lavoro?
Fino a “Seaside Ghost Tales” ero fortemente coinvolto in una chiesa gnostica. Quindi tutti gli album fino ad allora sono stati estremamente influenzati dai testi di Nag Hammadi, dagli studiosi gnostici e dai teologi. Oggi, però, sono decisamente più interessato a un approccio più ortodosso al Cristianesimo e al suo misticismo. Mi sono reso conto che il mio lavoro più recente è meno incentrato sullo gnosticismo, credo sia perché sono un cattolico praticante, e questo deve avermi influenzato. Probabilmente la mia musica è diventata anche più introspettiva e personale. Credo di essere un cattolico con un cuore gnostico!
Il nuovo album vede David Tibet come ospite. La sua musica ti ha influenzato? Quale musica ispira il tuo lavoro?
Sono stato un discepolo di lunga data di Davide e dei suoi Current 93, probabilmente da oltre 25 anni o giù di lì. Conoscere David e lavorare un po' con lui è stato sicuramente uno dei momenti salienti della mia vita musicale. Ascolto tutti i tipi di musica, però, sono un grande collezionista di vinili. Ascolto di tutto, dal jazz, al folk, al metal, alla psichedelia, al rock progressivo e tutto il resto. Ascolto anche molta world music, gamelan e musica mediorientale.
I tuoi primi lavori sono ora oggetti da collezione, venduti online a prezzi folli. C'è speranza per delle ristampe?
Sono sempre aperto alla possibilità di ristampare il mio lavoro, se ci sono etichette interessate a farlo. A causa delle spese di stampa del vinile, però, non posso permettermi di farlo da solo. Per il futuro sto pensando anche a una pubblicazione retrospettiva.
Dopo anni di autoproduzione, il nuovo album avrà una distribuzione europea. Come ti piacerebbe presentarti al pubblico italiano che magari non ti conosce?
Spero che la gente possa vedermi come un cantautore sincero e che lavora sodo. Cerco di scrivere musica senza tempo che viene dal cuore. Mi piace anche sfidare il pubblico con temi e strutture che spero le persone possano trovare interessanti.
Ultima curiosità: ci sono musicisti italiani che apprezzi?
Oh, ce ne sono un sacco, mi piacciono soprattutto le band prog degli anni 70 dall'Italia come Picchio dal Pozzo, New Trolls, Area, Le Orme, Pierrot Lunaire e Museo Rosenbach. Amo particolarmente l'album di Kay Hoffman con la partecipazione di molti musicisti italiani (“Floret Silva”, ndr). Oh, e amo Franco Battiato, ovviamente, e i suoi tanti collaboratori.