Martedì 10 giugno 2003 lo Stadio Meazza di Milano ha ospitato uno degli eventi più attesi della stagione: il concerto dei Rolling Stones.
-applausi-
Ma vi rendete conto? I Rolling Stones... in Italia! Traumatizzato da quanto accaduto il 30 maggio del '98 (repentino annullamento del concerto per rottura di una costola di Mick Jagger), ho temuto il peggio fino all'ultimo.
Arrivo un po' in ritardo e, in coda alla biglietteria, riesco a distinguere le note di "Zombie" dei Cranberries, il gruppo che ha avuto l'onere di inaugurare la serata. Niente male, 'sti irlandesi: grande voce della O'Riordan, buona presenza sul palco dei musicisti, godibili i brani (anche se sembrano tutte variazioni dello stesso tema); però, per parafrasare ciò che disse il grande Dino Risi a Moretti durante l'ultimo Festival del Cinema di Venezia, spostatevi che devo vedere il concerto...
Ore 20.50. Il crepuscolo non accenna a sopraggiungere ma Mick, Keith, Ron e Charlie si presentano sul palco ed è subito sera. La torrida atmosfera milanese assume i colori di una festa e lascia spazio alla felicità evocata da una grande musica, dal rock'n'roll...
Inizio incendiario con "Brown Sugar": è il delirio. Jagger sembra spompato (ritroverà grinta e ispirazione nel prosieguo del concerto, anche se la voce pare andata a farsi friggere definitivamente), ma Richards e Wood sono grandi e dimostrano di saperci ancora fare, parecchio. Il timido Watts, sempre in secondo piano, scandisce il tempo con la postura di un automa-batterista jazz. I gregari, il bassista Darryl Jones, un tastierista, una sezione di fiati e una manciata di coriste, contrappuntano con la propria professionalità gli evidenti eccessi caricaturali di questi arzilli vecchietti, che recitano una parte che tutti vogliamo (e sentiamo la necessità di) vedere. Non sono per nulla ridicoli. Anzi...
Grandi, grandissimi. Mick e Keith gigioneggiano per tutti gli ottanta metri di palco ripercorrendo diversi capitoli della loro lunga, travagliata odissea artistica, mentre i giganteschi schermi presenti alle loro spalle svelano alle oltre cinquantamila persone presenti i risultati di una vita al massimo.
Una gradita sorpresa a metà concerto: attraverso una lunga passerella che permette ai fan del parterre di catturare da vicino le espressioni dei propri idoli, gli Stones raggiungono un minuscolo palco sito in mezzo allo stadio, dal quale eseguiranno un paio di brani. Folla in visibilio, ovviamente.
Tra le gemme proposte: "Start Me Up", "Miss You", "Angie", "You Can't Always Get What You Want", "Sympathy For The Devil", "Gimme Shelter"(dio, quanto ho aspettato questo momento!), "Honky Tonk Women", "Street Fighting Man", "(I Can't Get No) Satisfaction". Il gran finale è stato affidato a un'eccellente versione di "Jumpin' Jack Flash", in un tripudio di fuochi d'artificio (evidentemente di moda, in questo periodo).
Unico rimpianto: i Rolling Stones hanno trascurato completamente album come "December's Children (And Everybody's)", "Aftermath", "Their Satanic Majesties Request", "Exile On Main Street", "Black And Blue". Un vero peccato, oltre a quello di non aver potuto ascoltare Brian Jones pizzicare le corde del suo sitar in "Paint It Black"...