Ennesimo grande appuntamento musicale nel capoluogo lombardo del bimestre ottobre-novembre, il live degli Spiritualized dell’11 Novembre è l’unica occasione per vedere in azione in terra nostrana la band di Jason Pierce, forte dell’uscita del convincente “Sweet Heart Sweet Light”.
Il luogo scelto per ospitare l’evento sono i Magazzini Generali, sicuramente ideali per la capienza, ma la cui acustica di qualità approssimativa si rivelerà determinante nel corso dell’esibizione. Ma procediamo con ordine.
La prima mezz’ora di musica, o presunta tale, è affidata a Roy And The Devil’s Motorcycle, quartetto di terroristi sonori elvetici intenti a riproporre con dubbio gusto la lezione degli Spacemen 3. La formula è quella di prendere classici giri blues e gettarli in vortici psichedelici di krauta monotonia; peccato che, data la totale mancanza di hook vocali o strumentali, i lunghi brani proposti si trascinino gravosamente, lasciando che il tedio regni sovrano.
Tra le nubi di noise sollevate dalle tre chitarre, l’unica parvenza di melodia emerge dalla rilettura del traditional “Will The Circle Be Unbroken?”, anche se le stonature da “garage-band indisciplinata”di certo non aggiungono alcunché di accattivante. Non esattamente memorabili.
Segue il classico momento del cambio palco, teatro di un singolare siparietto. Mentre molti dei presenti prendono fiato davanti all’entrata principale, le star della serata escono al completo dal tour bus lì parcheggiato e fanno per raggiungere l’ingresso del backstage, passando tra la folla. Improvvisamente, un addetto alla sicurezza si agita e tuona: “Oh, ma voi ce l’avete il pass?”. Agli Spiritualized. Mentre Pierce e soci procedono sorridenti per la loro strada, qualcuno cerca di spiegare la situazione all’uomo, che sapientemente dribbla l’imbarazzo: “Beh ma io che ne so? Non sono mica i Depeche Mode!”. Chapeau.
Fortunatamente diversa è l’accoglienza riservata alla band inglese da parte del pubblico. Un boato accompagna il posizionamento sul palco di un ensemble numeroso in cui a basso, batteria, due chitarre e tastiere si aggiunge l’apporto di due coriste gospel. Purtroppo, come già menzionato in precedenza, una simile ricchezza sonora sarà mal supportata da un audio eccessivamente confuso, soprattutto sui tre pezzi di apertura.
L’opener “Hey Jane” e il classico “Electricity” risentono dell’assestamento dei volumi in corso d’opera e addirittura si fatica a mettere a fuoco la qualità dell’esecuzione. La stessa sorte tocca a “Headin’ For The Top Now”, le cui brucianti stratificazioni di feedback ed effetti psichedelici si perdono qua e là in un turbinio poco decifrabile. Per fortuna sulle ballate la situazione si risolleva, con le dinamiche basse a mettere in risalto la sensibilità dei musicisti e le interpretazioni dolenti di un Pierce in ottima forma. Nascosto dietro i consueti occhiali da sole e un leggio dietro il quale rimarrà seduto per tutto il concerto, lo spaceman di Rugby si lascia andare in una commossa versione di “Freedom”, prima di dirigere l’ispirato crescendo sui ritmi voodoo di “I Am What I Am”, scaldata dai controcanti delle coriste (ora finalmente intelligibili). Come per le date precedenti in Europa e negli States, la scaletta tende a privilegiare l’ultima fatica discografica, suonata quasi per intero e di cui vale la pena segnalare anche una “So Long You Pretty Things”, forse eccessivamente plateale nel finale à la “Hey Jude”, ma semplicemente strepitosa sulle strofe, ancora più efficaci che su disco nella loro commistione fra brit-pop e gospel.
L’intensità dei brani è poi sapientemente accentuata da una costruzione scenografica squisitamente “europea”, con la band apparentemente distaccata (lo stesso Pierce non rivolgerà mai la parola al pubblico, al di là dei ringraziamenti finali) mentre giochi di luci e immagini proiettate su schermo conferiscono dinamicità alla performance. Inutile dire che i pregi dello show si sublimano sui pezzi da novanta del repertorio, tra cui ovviamente svetta una “Ladies And Gentlemen We Are Floating In Space” al solito ipnotica e carica di pathos.
I veri highlight della serata sono però le jam strumentali, in cui l’estro melodico degli Spiritualized incontra in maniera sontuosa le strutture free-form della musica cosmica tedesca, esaltando una poetica che ormai è un marchio di fabbrica di Nostri. Ci si perde letteralmente nell’ottovolante psichedelico di “Electric Mainline” che, arrangiata su ritmi più serrati rispetto alla già bellissima versione di “Pure Phase”, chiude la prima parte di set con una soluzione a dir poco sorprendente.
E c’è spazio per le sorprese anche durante l’encore. Stavolta si ritorna alla forma canzone, pescando direttamente dal repertorio degli Spacemen 3 una “Come Down Easy” non meno che memorabile: il languido giro blues del capolavoro di gioventù di Pierce qui si apre a una rilettura più densa dal punto di vista della strumentazione, ma che comunque non perde nulla del suo fascino velvettiano. E’ il preludio alla chiusura, che arriva con “Smiles”, anch’essa sottoposta a dilatazioni allucinogene e interruzioni di puro rumore che sanciscono la fine di un live avvincente.
Resa ancora più credibile da una scaletta più stimolante che accomodante, la performance degli Spiritualized ha mostrato una band straordinariamente solida e ben bilanciata tra la voglia di osare e la raffinatezza con cui esalta la propria componente pop. Speriamo di rivederli presto dalle nostre parti, magari in un contesto più adeguato alla complessità della loro musica.
Contributi fotografici di Stefano Masselli
Hey Jane
Electricity
Headin’ For The Top Now
Freedom
I Am What I Am
Mary
Ladies And Gentlemen We Are Floating In Space
So Long You Pretty Things
‘A’ Song
Perfect Miracle
Take Your Time
Electric Mainline
ENCORE:
Come Down Easy
Smiles