Quando nel 1997 "Ladies And Gentlemen We Are Floating In Space" trova posto fra gli scaffali dei negozi, Jason Pierce è già un cavallo di razza nel circuito indipendente britannico. Mentre il decennio precedente lo aveva visto elevare ad arte il "suono della confusione" in compagnia del toxic twin Pete Kember, la conflittualità del rapporto con quest'ultimo lo avrebbe spinto a mandare all'aria il progetto Spacemen 3 per dedicarsi in solitaria (sotto il moniker Spiritualized) a dar sfogo all'afflato cosmico-religioso che già pervadeva gli ultimi lavori della band, certificando "Ladies And Gentlemen" prima di tutto come il definitivo compiersi di un lungimirante percorso artistico.
Molti sarebbero dunque gli spunti per cominciare ad analizzare cosa sta dietro il capo d'opera qui preso in esame, ma in realtà nessuno di essi risulterebbe tanto eloquente quanto una vicenda privata che, avvenuta due anni prima della pubblicazione dell'album, lo marchierà a fuoco in maniera indelebile.
Era infatti accaduto che, con gli Spiritualized forti dell'uscita di "Pure Phase" e pronti a fare da spalla ai Verve nel corso del loro tour inglese del '95, l'allora tastierista della band, nonché fidanzata di Pierce, Kate Radley, avesse deciso di sposare segretamente Richard Ashcroft.
Per quanto Jason Pierce abbia più volte dichiarato che "Ladies And Gentlemen" non ha nulla a che fare con la figura di Kate Radley e per quanto sia tremendamente ingeneroso ridurre la complessità di un lavoro di tale bellezza a un vicenda di gossip, sentire il disco aprirsi proprio con la voce di quest'ultima che ne pronuncia gelidamente il titolo non può lasciare indifferenti.
E questo non è nulla in confronto alla title track che prende successivamente forma in fade in, rispondendo alla Radley con una delle melodie più struggenti e indimenticabili di fine decennio. Pierce riversa tutto sé stesso in un gospel allucinato, che abbraccia e ferisce allo stesso tempo. Le linee vocali di strofa e ritornello si sovrappongono in un mantra in cui la semplicità disarmante dei versi ("All I want in life's a little bit of love to take the pain away") e il cantato dimesso suonano come la più credibile delle confessioni. Gli elementi essenziali di un'opera che si svilupperà per settanta, ipnotici minuti, sono già qui.
Sin da subito ci si imbatte infatti in una ricchezza sonora straripante, con un Pierce che pesca a piene mani tra le sue principali influenze per dare luce ad un gioco di assemblaggi che trascende il mero citazionismo, suonando classico eppure inaudito nella sensibilità con cui mischia le carte. Grazie all'apporto di una ventina di musicisti, comprendenti una sezione di fiati e un quartetto d'archi, l'intero London Community Gospel Choir e addirittura quattordici tra produttori, arrangiatori e ingegneri del suono (tra i quali figura anche il grande John Leckie), ogni canzone ha la capacità di catalogarsi in un dato genere musicale e risultarne al contempo la nemesi, tradendo in un'apparente grandeur un seducente equilibrio precario.
Difficile dunque definire cos'è musicalmente "Ladies And Gentlemen". È forse il blues dell'armonica di "I Think I'm In Love"; oppure il gospel dei controcanti nella ninnananna "Cool Waves" e nell'inarrestabile furia di "Come Together"; ma anche lo spettro dei Velvet Underground virati soul in "Stay With Me", o gli Stooges spediti in orbita con i Red Crayola in "Electricity".
Tutto questo via via immerso fra esplosioni rumoristiche lancinanti, magniloquenti partiture orchestrali (menzione d'onore per il toccante crescendo cinematico di "Broken Heart") e inserti di fiati che profumano di New Orleans (città rappresentata anche dalla figura di Dr. John, che presta piano e gusto nella trance infinita di "Cop Shoot Cop"), mentre la cura beatlesiana per le melodie funge con naturalezza da bandolo della matassa.
La vera chiave del fascino dell'album è proprio la sua ambiguità, non solo nella musica multisfaccettata, ma anche in liriche trasudanti un senso di dipendenza, che certamente parte dall'amore perduto ("Don't know what to do by myself/ 'cause all of my time was with you"), ma che sembra andare anche oltre nel rappresentare le drammatiche conseguenze della fine di qualsiasi legame apparentemente inscindibile.
Quasi inutile aggiungere che ulteriore equivocità è data dal fatto che il tema della dipendenza ben si adatta ai piaceri di natura chimica a cui il Nostro è uso lasciarsi andare e che qui compaiono come riferimento anche nel gioco di wit della copertina, con la grafica che rimanda a una scatola di medicinali e l'album ironicamente definito nel booklet come "a tablet used to treat the heart and and soul".
Va comunque da sé che, nonostante la tormentata vicenda con la Radley e lo stile di vita non esattamente rigoroso di Pierce risultino determinanti per comprendere parte del materiale, come ogni grande capolavoro che si rispetti "Ladies And Gentlemen" va ben al di là dello sfogo individuale del suo creatore: la sua sfuggevolezza, oscillante fra la visceralità della musica afroamericana e il distacco delle "propensioni cosmiche", traduce, prima di qualsiasi altra cosa, il necessario anelito umano verso l'assoluto, identificabile in qualunque forma espressiva che possa colmare i vuoti dell'esistenza (la religione etimologicamente intesa come "legame" in "No God, Only Religion").
Miracoloso frutto di un lavoro in studio estremamente metodico, in grado però di sprigionare sensazioni primordiali all'ascolto, "Ladies And Gentlemen" è l'ultimo grande classico del discusso fenomeno del brit-rock anni 90 proprio perché, senza limitarsi a cavalcare l'onda, lo osserva dall'alto della sua nebulosa irraggiungibile. La stessa che continua a risplendere ancora oggi, senza aver perso una sola scintilla della propria bellezza anche all'indomani di lussuose riedizioni e trionfali riproposizioni sul palco.
11/11/2012