22/06/2014

Rolling Stones

Circo Massimo, Roma


La Bocca della Verità, stanotte, ha la linguaccia degli Stones. E chi ci mette la mano dentro resterà stregato per sempre dal rock’n’roll. Proprio come questi eterni leoni albionici, pronti a scendere nell’arena del Circo Massimo. In settantamila li aspettano, per quello che non è solo un concerto: è l’incontro di due storie, quella ultracinquantenaria delle pietre rotolanti e quella millenaria di Roma. Già, perché spenta l’eco dell’ultima polemicuccia da bottega (quella sull’affitto troppo basso della “location”), la Città Eterna riscopre di esserlo davvero, con la splendida cinta muraria e i profili dei monumenti a incorniciare il più incredibile “stadio” del 014 On Fire Tour.
Sono arrivati tutti, ma proprio tutti. Il pubblico più eterogeneo mai visto a un concerto: dagli adolescenti ai peones dei ruggenti Sixties, dalle cinquantenni d’assalto in bikini ai giovani indefessi rollatori di cannoni (stigmatizzati invano da alcune delle suddette cinquantenni). Tutti cotti da ore al sole di Roma, ma incoscientemente felici. Anche di passare mezza giornata con i piedi in bilico sulla collinetta scoscesa al lato del palco, appoggiandosi a turno alle spalle di chi sta sotto.
Quando il sole già scende sui colli romani, è tempo di John Mayer, giovane e brillante chitarrista dal gusto blues, che ha venduto cinque milioni di copie nel mondo con il suo album di esordio del 2001, "Room For Squares", ma che in Italia ha fatto più parlare per le sue conquiste femminili, da Jennifer Aniston a Katy Perry, bontà sua. Il suo set non ha un suono perfetto, ma riesce a conquistare il pubblico con il calore di una musica senza tempo. Lo rivedremo poi al fianco degli Stones, emozionato, a far tremare ancora le corde della sua chitarra.

Rolling StonesDopo un’attesa che pare interminabile, alle 21.50 una voce da musical broadwayano annuncia finalmente: "Ladies and gentlemen, the Rolling Stones!". La Fender di Keith Richards è un lampo nella notte: sul riff di “Jumpin' Jack Flash” si accendono le luci sulle rughe di Mick Jagger, tiratissimo, con il Ponentino che gli scompiglia la lunga chioma. “Che posto meraviglioso il Circo Massimo”, grida con il suo italiano da turista della Fontana di Trevi. Non può mancare l’ossuto Ron Wood, morbosamente avvinghiato alla sua chitarra: “Non mangia abbastanza pasta”, lo schernisce il compare. “Charlie Roberto Watts” – come lo ribattezza Mick – è invece il solito timidone, dietro le quinte, bacchette in mano, con la sua postura elegante da batterista jazz.
Ma gli arzilli vecchietti fanno sul serio: pestano dentro una torrenziale “Let's Spend The Night Together” ch’è un colpo al cuore, scorrono le immagini, i ricordi della Stones Age, sui giganteschi schermi che circondano il palco, mentre Jagger è sempre lui: posseduto, frenetico e impareggiabile, nel gesticolare, correre, prendersi la scena, inclusa la lunga passerella che fende il pubblico delle prime file. Alla faccia della terza età, i giardinetti possono attendere: “It's Only Rock And Roll (But I Like It)”. Già, dillo a noi, vecchio Mick, che con quella maglietta nera attillata metti in mostra quel fisico da acciuga eterna, quasi un affronto alle pancette delle migliaia di attempati fan in platea.
La scaletta è una specie di greatest hits, in cui purtroppo restano fuori molti tesori dei Sessanta, ma in compenso brillano tante gemme blues-rock, come “Tumbling Dice”, prodezza dal doppio, granitico “Exile On Main Street” del 1972. “Quest’altro è un brano più romantico”, ci fa informa Jagger introducendo “Streets Of Love”, unica presenza dal loro ultimo album in studio, “A Bigger Bang” (2005). Ok, gliela concediamo, così come “Doom & Gloom”, l'inedito incluso nell'ultima raccolta “GRRRR”, anche se la differenza con i classici è fin troppo evidente.

Jagger è la solita adorabile queen bitch, per dirla con Bowie. "L’Italia vincerà la Coppa del Mondo, eh? In bocca al lupo per martedì. Penso che la partita finirà 2-1 per l’Italia", la butta là paraculo, rievocando il concerto del 1982 a Torino, la sera della finale Mundial, quando indossò la maglietta di Paolo Rossi. Stavolta nessuno gli crede, ma va bene così.
Al tempo del web, anche il juke-box stoniano si aggiorna: ecco allora “Respectable”, la più richiesta in un apposito concorso sui social network, con Mayer a dar man forte. Ma l’ospite – se così si può definire – più gradito è Mick Taylor, l'immenso chitarrista che sostituì Brian Jones nel 1969 ma non seppe reggere al micidiale ménage di stravizi dei soci e lasciò la compagnia cinque anni dopo: ora ci commuove imbracciando la sua vecchia Les Paul in un magnifico corpo a corpo con l’armonica di Jagger su “Out Of Control”. Rientrerà in squadra poco dopo, per piazzare l’assolo-killer di “Midnight Rambler”.

Keith Richards - Rolling StonesPrima della pausa, c’è tempo di riassaporare un altro classico: “Honky Tonk Women”, con Richards, volto scavato come una pergamena e fascia multicolore in testa, a imbastire riff su riff. È lui, con il suo ghigno e i suoi sorrisi, a ridestare l’incanto blues: “You Got The Silver” è una liturgia per slide (e contrappunto di Wood), mentre la corale “Can’t Be Seen” suona più calda di un abbraccio.
L’enorme lenzuolo umano del Circo Massimo non ha più freni: si muove all’unisono al ritmo disco di “Miss You”, solito tripudio di falsetti sculettanti, ondeggia sul riffone di “Start Me Up” che non fa mai prigionieri, e si inchina all’ugola sontuosa di Lisa Fischer, che squarcia la notte intonando “Gimme Shelter”: l’amore è sempre “a kiss away”, a salvarci dal baratro della violenza e della distruzione, oggi come allora.
E Sua Maestà Satanica Jagger? In tunica nera e piume scarlatte officia il rituale di “Sympathy For The Devil”, con gli schermi che vomitano fuoco, prima di appiccare l’altro incendio di “Brown Sugar”, che manda in delirio i settantamila seguaci.

Rieccoli, i fottuti Stones. Escono e rientrano, si abbracciano, come cinquant’anni fa. Ora non sembrano più i cinici miliardari del rock’n’roll che hanno tenuto in vita un marchio lucroso a tutti i costi, sorpassando a destra vite, amicizie, tragedie, inclusa quella recentissima della compagna di Jagger, L’Wren Scott. Sembrano ancora i teppisti esuberanti della Swingin’ London, quelli di “I Can't Get No (Satisfaction)”, che infatti arriva, come da copione, a chiudere i bis, dopo la sinfonia in coro di “You Can't Always Get What You Want” (slogan che, in bocca a Jagger, fa sempre sorridere). Una hit vecchia cinquant’anni, “Satisfaction”, ma pare ancora in testa alle classifiche, a giudicare dalla reazione del pubblico: è l’unico pezzo che cantano veramente tutti i settantamila, ormai stremati, del Circo Stones. Finale pirotecnico, nel vero senso del termine: fuochi rossi sulla notte di Roma. Maledetti Stones, avete vinto ancora.