27/10/2023

Gazebo Penguins

Covo Club, Bologna


Smarrirsi nei propri pensieri, per poco, per tanto, o per un attimo che sembra un’eternità, con lo sguardo perso tra le luci colorate che illuminano le pareti del Covo Club, è una delle consuetudini pre-concerto al culmine di una settimana fin troppo piena e caotica. Nessuna band di apertura ha scaldato l’atmosfera nell’attesa dei Gazebo Penguins, lasciata in balìa del dilatarsi del tempo, e riempita dalle chiacchiere e dalle risate degli attendenti.
La formazione tra emo-core e post-hc composta dal trio storico Gabriele Malavasi, Andrea Sologni e Pietro Cottafavi, e completata da Riccardo Rossi, in occasione del suo ritorno sul palco del Casalone ha sciorinato i pezzi più forti del suo repertorio, dall’ultima opera “Quanto”, pubblicata lo scorso dicembre, fino ai brani di “Raudo”, che ad aprile ha compiuto dieci anni.

A squarciare di netto la quiete non poteva che essere il muro di suono della disperata “Nubifragio”, che volge lo sguardo indietro e si perde in frammenti di ricordi, per poi assestarsi sui passi scanditi dalla batteria di “Nebbia”, avvolti da synth e chitarre, e alzare nuovamente i toni con gli strattoni della vorticosa “Il tram delle 6”. Le rullate di “Nevica” scivolano verso la sezione ritmica più accomodante di “Erwin”, precedendo i festeggiamenti del decennale di “Raudo” aperti da “Trasloco”.
Segue un trittico di estratti da “Nebbia”, con i passi pesanti e la stasi descritta in “Bismantova”, tematica riproposta dai fraseggi elettronici di “Pioggia”, e nel crescendo sintetico e ovattato di “Febbre”. Si torna a pogare su “Casa dei miei”, con la martellante “Difetto” e con i canti a squarciagola sulle note di “Finito il caffè”, frenando bruscamente sui passi calibrati di batteria della riflessiva “Uscire”, traccia conclusiva di “Quanto”.

Il rush finale, inframmezzato da battute con il pubblico (e una doccia proprio sulla testa della sottoscritta, direttamente dalla bottiglia di Malavasi), vede susseguirsi l’efficace “Cpr14”, con un’uscita quasi obbligata da quella fase di immobilismo citata precedentemente, i sing-along su “Soffrire non è utile” e sulla nostalgica “Correggio”, raggiungendo il culmine con la più celebre “Senza di te”.
Un viaggio per mano a vecchi amici, nel corso del quale la vita ci scorre davanti in mezzo secondo di malinconia. Questa è la sensazione che lascia un live dei Gazebo Penguins, in mezzo a stralci di racconti di sogni infranti e altri che si realizzano con una buona dose di fatica, come quelli della band stessa, sospesi sul filo di una speranza celata e del perenne interrogativo su quel che accadrà domani.