È morto a 91 anni Roberto De Simone, figura cardine della cultura musicale e teatrale del Novecento italiano, anima e mente dietro un’intera rivoluzione del suono popolare del Sud. Musicista colto e visionario, De Simone è stato tra i fondatori della Nuova Compagnia di Canto Popolare, laboratorio di sperimentazione e riscoperta che ha saputo intrecciare la profondità delle radici contadine con la modernità dell’avanguardia colta.
Nato a Napoli il 25 agosto 1933, figlio di teatranti e musicisti, De Simone si avvicina prestissimo al pianoforte, che inizia a studiare a sei anni per poi diplomarsi al conservatorio di San Pietro a Majella, epicentro della tradizione musicale partenopea. Ma è negli anni Sessanta che la sua traiettoria prende una piega radicale: insieme a Eugenio Bennato, Carlo D’Angiò e Giovanni Mauriello dà vita alla Nuova Compagnia di Canto Popolare, un collettivo che suona come un atto politico, culturale e poetico. A quel nucleo si aggiungono presto Fausta Vetere, Nunzio Areni, Patrizio Trampetti e Peppe Barra. La pizzica, la tarantella, la tammurriata diventano lingua nuova, ferita e rinascita, rito arcaico e futuro possibile.
Negli anni Settanta De Simone abbandona le scene da concertista per immergersi totalmente nello studio delle tradizioni popolari del Meridione, mescolando etnomusicologia, teatro e impegno civile in un corpus di opere e scritti che ancora oggi risuonano con forza. Su tutte, "La gatta Cenerentola", opera-manifesto che rilegge la fiaba di Giambattista Basile come un affresco oscuro e incantato, dove il folk diventa narrazione totale, corpo e voce del Sud che non si arrende all’oblio.
Negli anni Ottanta lavora fra le altre cose come arrangiatore per "Napoli - La sua canzone", fondamentale antologia filologica di Sergio Bruni.
De Simone lascia un’eredità vasta e preziosa, una mappa sonora e spirituale per chi ancora oggi cerca nel passato le chiavi per reinventare il presente.