Certi gruppi non possono fare a meno del proprio istrione. È il carisma del leader che li spinge e li solleva dal suolo a ogni nuova uscita. Ma non tutti gli istrioni sono uguali: alcuni hanno il dono della singolarità, mentre altri soltanto la vocazione del condottiero. Ian Fraser Kilmister, per tutto il mondo "semplicemente" Lemmy, è uno dei primi. Senza di lui i Motörhead non avrebbero mai invaso il pianeta, definendo un sound, un modo di essere e un'estetica ben precisa; tant'è che si sono sciolti subito dopo la sua scomparsa nel 2015. Lemmy è stato per i Motörhead ciò che lo spirito santo è per il vangelo. E i Motörhead sono stati per il metal tutto ciò che l'adrenalina è per l'organismo. Doppia cassa, basso al vetriolo, chitarra supersonica, testi dissacranti che spaziano dal sesso alla droga, dalla lotta alla guerra alla vita on the road di cui Lemmy, con quel baffo tra i più imitati della storia dell'uomo, è simbolo indiscusso.
Speed-metal, direbbero i più pignoli; puro rock and roll, replicherebbe il gruppo inglese. Ma la faccenda è più ampia. La storia dei Motörhead è costellata infatti da una serie di vicende intrinsecamente connesse al carattere e alle peripezie di Lemmy. Fatti e misfatti che iniziano con gli spaziali Hawkwind che cacciano il carismatico bassista dalla band durante una tournée in Canada, in seguito al suo arresto per possesso di anfetamine. Un episodio emblematico del carattere inafferrabile, tumultuoso fino all'inverosimile di Lemmy, e che i fan dei Motörhead interpretano fin dalla primissima ora come provvidenziale. Non solo. Nell'addio alla band che inventò di sana pianta lo space-rock c’è un aspetto tanto simbolico quanto leggendario: Lemmy saluta i suoi ex-compagni dopo aver firmato per loro un ultimo singolo, intitolato, guarda un po', "Motörhead".
Ma quest'ultimo è solo uno dei tanti colpi di genio di un fenomeno musicale che ha rivoluzionato a suo modo uno stile. È grazie alla violenza selvaggia dei Motörhead che band come Metallica e Megadeth, giusto per citarne alcune, riusciranno in futuro a mutare un genere che spopolerà più o meno ovunque negli anni 80. Non è un caso, infatti, che soprattutto i primi abbiano riconosciuto il debito con Lemmy e soci, interpretando alla loro maniera svariati successi, e addirittura registrando con loro nel 1994, a Los Angeles, un disco bootleg per festeggiare i cinquant'anni di Lemmy, "The Lemmy's a.k.a. Metallica". Un titolo che è tutto dire.
Dopo le prove generali con l'omonimo esordio del 1977, che include anche il sopracitato brano "Motörhead", già Hawkwind, Lemmy, Taylor e Clarke sono pronti ad azionare l'elettroshock al rock and roll; la scarica di adrenalina - "Overkill" è appunto l'energia che fa esplodere l'oggetto su cui viene applicata alla stregua di una lampadina che si fulmina - che nell'introduttiva "Overkill", title track leggendaria, viene sputata in faccia al mondo da Lemmy mentre la doppia cassa inaugura una nuova stagione ritmica. È la canzone più importante dell'heavy metal o giù di lì; la genesi di un sound distinguibilissimo tra milioni. Una formula che resisterà nel tempo e che nei quattro lustri successivi definirà una cifra non solo stilistica ma anche estetica e umorale. Una way of life per frotte di band chiuse in garage prima di salire a bordo della propria Harley Davidson e sfondare il locale. Tra fiumi di alcool e secchiate di droga, quella messa in scena di Lemmy è un'autodistruzione epocale, capace di sfidare e magari mandare a tappeto anche il miglior Keith Richards. Il riff è supersonico, e precede quello hard rock e di certo non meno assassino della successiva "Stay Clean", altro cavallo di battaglia per reckless in sella.
I Motörhead pestano come forsennati per tutto il tempo. In "(I Won't) Pay Your Price" l'incazzatura è doppia: Lemmy non vuole più saperne di pagare il conto per gli altri. È già fin troppo preso dai suoi errori per potersi permettere il lusso di accreditarsi quelli che non gli appartengono.
Move out, it's time for someone else"I'll Be Your Sister" contiene i geni di centomila band hard rock sorte nei quarant'anni successivi. Anche gli stessi Motörhead pagano però il debito, che lo vogliano o meno, con gli inarrivabili Stooges. Il brano sembra infatti uscito fuori da "Fun House". "Capricorn", altra selvaggina per i fan affamati di tutto il pianeta, espone invece una malinconia che muta in rabbia e perdizione. L'approccio stavolta è quello dei Black Sabbath più evasivi, tra pause deliranti, assoli a cascata e riff taglienti.
Quit thinking only of yourself
You're really a nasty piece of work
You know you thought you were a hero
But you're really just a jerk
On my way You know I won't pay your price
09/05/2021