Il tour irlandese di Rory Gallagher iniziò con due date a Belfast, il 28 e il 29 dicembre 1973, passò per Dublino il successivo 2 gennaio e si concluse con due date a Cork, città natia del bluesman, il 3 e il 5 dello stesso mese. La prima e la quarta tappa furono matinée, le restanti concerti serali.
A distanza di decenni è chiaro che si trattò di uno degli eventi più importanti per la cultura musicale dell'isola, ma già all'epoca in molti ne percepirono la portata, in particolare per la scelta di Gallagher di suonare a Belfast, che veniva da un vuoto concertistico di sei mesi dovuto al terrorismo dell'Ira.
Il giorno stesso del suo arrivo in città esplosero una decina di bombe, fortunatamente senza generare vittime. Roy Hollingworth del Melody Maker riportò che voci di sottobanco rassicurarono gli organizzatori sul fatto che l'Ira avrebbe lasciato svolgere i concerti senza intoppi (l'articolo del giornalista è tuttavia piuttosto romanzato e contiene diverse imprecisioni che non collimano con quanto ricostruito da Daniel Gallagher, nipote di Rory e principale curatore delle sue pubblicazioni postume: una su tutte, parla del concerto del 29 dicembre come fosse stata l'unica esibizione del chitarrista in città, senza fare riferimento alla matinée del giorno prima).
Tony Palmer, celebre regista specializzato in documentari sulla musica rock, seguì quelle poche date realizzandone un filmato di un'ora e 24 minuti, poi uscito nei cinema in edizione limitata qualche mese più tardi (a oggi è facilmente reperibile in Dvd e in streaming).
I primi due concerti serali vennero registrati in formato audio da Palmer su nastri Nagra, mentre la seconda data di Cork venne immortalata con l'ausilio di uno studio mobile preso in affitto da Ronnie Lane dei Faces.
"Irish Tour '74" venne pubblicato il 21 luglio 1974, come doppio vinile. Nonostante le note interne riferissero che si trattava di una selezione dell'intera tournée, in seguito si è potuto stabilire che il materiale provenisse esclusivamente dall'ultima data (l'unica registrata con l'ausilio di un impianto multitraccia), eccetto per il quarto lato del vinile, contenente registrazioni del 4 gennaio, tenutesi senza pubblico, per testare la validità dello studio mobile appena giunto in città.
La scaletta è composta da dieci brani: sei provenienti dai precedenti due album in studio - "Blueprint" e "Tattoo", entrambi usciti nel 1973 - e quattro cover, fra le quali tre classici del blues mai incisi prima da Gallagher ("I Wonder Who" di Muddy Waters, "Too Much Alcohol" di J.B. Hutto, "Just A Little Bit" di Rosco Gordon) e un ripescaggio dal repertorio del cantautore americano Tony Joe White ("As The Crow Flies"). La formazione è la stessa dei dischi del '73, con Gallagher alla chitarra, Gerry McAvoy al basso, Lou Martin al piano elettronico Rmi, e Rod de'Ath alla batteria.
Gallagher era all'epoca uno dei più importanti bluesman in circolazione: la band che l'aveva reso noto, i Taste, era durata meno di un lustro ma aveva lasciato un profondo impatto nel pubblico degli appassionati, e la sua carriera da solista inaugurata nel 1971 era subito decollata. Quella concertistica era ritenuta la sua dimensione ideale e risulta subito evidente dalla ruvida sonorità dell'iniziale "Cradle Rock".
Tutti i brani presenti sono oggi ritenuti superiori alle iniziali versioni in studio, in parte anche grazie a un'eccellente qualità della registrazione (impressionante se si pensa che non venne applicata alcuna correzione in studio, al contrario di quanto andava di moda fare all'epoca).
Nonostante diversi fra i pezzi in scaletta fossero già lunghi in origine fra i 6 e i 7 minuti, vengono qui ulteriormente espansi, con "A Million Miles Away", "Walk On Hot Coals" e "Who's That Coming" che si piazzano fra i 9 e gli 11 minuti: torrenziali jam puntellate dal groove rhythm and blues del piano elettronico (a tratti a un passo dal funk), dagli stacchi jazzistici della batteria e dal virtuosismo della chitarra.
È opportuna al riguardo una digressione sul livello tecnico di Gallagher, che non viene mai abbastanza sottolineato: ingannevolmente descritto come un chitarrista passionale e istintivo, in base alla retorica spicciola e sentimentale del musicista che suona poche note al posto giusto, tanto cara ai giornalisti che trattano musica rock, Gallagher era in realtà un maestro dello strumento e di note non ne suonava affatto poche. Le sue parti erano complesse, le accelerazioni non lo spaventavano e la sua varietà timbrica era sorprendente, variando dalla linea blues più pulita alla distorsione, spesso senza ricorrere a pedali di sorta: quello che sembra il suono di un wah-wah è infatti ottenuto intervenendo manualmente sul tono della chitarra, mentre le distorsioni sono estratte dall'amplificatore, senza overdrive. L'unico effetto a cui faceva affidamento costante in quel periodo era un treble booster della Rangemaster.
Gallagher era in sostanza un musicista dalla tecnica molto raffinata e non si vergognava di metterla in mostra: la cosa era del resto ben nota ai colleghi, basti pensare che ricevette un'offerta da David Coverdale per sostituire Ritchie Blackmore nei Deep Purple, poi gentilmente declinata.
Altro elemento che emerge da queste incisioni è la sua caratura di cantante: una voce potente, con venature soul, che non viene mai sovrastata dai pur muscolari arrangiamenti blues rock che le scorrono sotto e non sembra mai avere incertezze o incrinature.
È proprio questa impressionante padronanza dei propri mezzi, questa sensazione di perfezione formale in un percorso lungo 79 minuti, che rende "Irish Tour '74" uno dei dischi dal vivo più leggendari della sua epoca, forse il più osannato di tutto il blues rock bianco, "At Fillmore East" degli Allman Brothers permettendo.
Il doppio vinile all'epoca raggiunse il numero 36 nella classifica settimanale britannica e il numero 110 in quella statunitense, picchi invero non impressionanti, ma il suo culto si è poi espanso e nel corso degli anni gli ha permesso di superare le 100mila copie vendute solo nel Regno Unito.
Nel 2014 è stata pubblicata un'edizione deluxe con la registrazione integrale dei tre concerti serali: l'audio delle due date precedenti all'arrivo dello studio mobile è ovviamente inferiore, essendo stato catturato da Palmer per il documentario, ma rappresenta comunque una testimonianza importante, che era giusto rendere disponibile al pubblico.
06/04/2025