Era davvero un purista, non si sarebbe mai venduto. Quante persone così dritte conoscete nel business musicale? Rory Gallagher è stato un esempio, senza la sua integrità avremmo assistito alla fine della qualità nella musica
(Gary Moore)
La morte di Rory mi ha davvero sconvolto. Ho appreso la notizia poco prima di salire sul palco, una mazzata sull'intera serata. Non posso dire di averlo conosciuto bene, ma ricordo una volta l'incontro nei nostri uffici. Parlammo per oltre un’ora ed era così un bravo ragazzo, un grande musicista
(Jimmy Page)
Io vedo la musica come il rapporto della vita
(Rory Gallagher)
StratocasterÈ il 1963. Rory Gallagher ha 15 anni ed è passato da poco al
senior cycle nel percorso di studi superiori al St. Kieran's College. Eretta come insediamento monastico nel sesto secolo, Cork è stata sviluppata dagli invasori vichinghi intorno al 915, soprannominata
The Rebel City per il suo supporto verso la casata degli York nella celebre Guerra delle Rose a partire dal 1455.
Il giovane Rory guarda rapito la vetrina del Music Centre, un negozio di strumenti musicali gestito dal proprietario Michael Crowley, nel cuore di Merchants Quay, sulla sponda destra del River Lee. È da poco arrivata una Fender Stratocaster usata, un modello Sunburst di due anni prima, in vendita al costo di 129 sterline compresa la custodia. Rory freme dall'eccitazione, perché Stratocaster è la chitarra usata da uno dei suoi idoli americani, Buddy Holly, ma sua madre frena: "È piuttosto cara, non vorresti qualcos'altro?". Al ragazzo viene proposto qualche altro modello più economico, ma il giovane Gallagher è inamovibile, vuole assolutamente quella Stratocaster, che poi è uno strumento decisamente impegnativo per un quindicenne. Ma non è certo la prima volta che Rory imbraccia una chitarra, dopo aver ricevuto in regalo un modello sicuramente più economico a nove anni. Ha anche imparato da solo a suonare l'ukulele, partecipando tre anni prima a un
talent contest locale, ovviamente vinto con un piccolo premio in denaro. Lontanamente sufficiente a coprire il costo di quella bellissima Fender Stratocaster Sunburst del 1961, nei sogni di tanti aspiranti chitarristi dopo aver visto in azione la band di Holly sull'altra sponda dell'Atlantico.
William Rory Gallagher viene alla luce il 2 marzo 1948 al Rock Hospital di Ballyshannon, County Donegal, una delle più antiche città di tutta l'Irlanda. Papà Daniel ha lasciato la natìa Derry per lavorare in una centrale idroelettrica, dilettandosi con la fisarmonica in una band locale, la Tir Chonaill Ceili Band. Anche mamma Monica, nativa di Cork, ha una passione per le arti, in particolare canto e recitazione nel collettivo Abbey Players presso il teatro Abbey Arts Centre. Quando Rory ha poco più di un anno, la famiglia Gallagher si trasferisce a Derry, dove nasce il secondo figlio, Donal. È solo una sosta temporanea, visto che dieci anni dopo Monica decide di trasferirsi nuovamente con i due figli maschi a Cork, nell'appartamento materno in MacCurtain Street, in pieno centro.
Il giovanissimo Rory frequenta prima la North Monastery, dove appare sull'annuario scolastico con il nome di Ruairí Ó Gallchoir, e poi il meno rigido St. Kieran's College nell'area di Camden Quay. Con la sua prima chitarra acustica ordinata da Monica per posta, Rory suona completamente a orecchio, incoraggiato dagli stessi genitori a far crescere una passione smodata per la musica. Tra i suoi generi preferiti c'è lo
skiffle, portato al successo dall'idolo Lonnie Donegan, che ottiene numerosi passaggi tra radio e televisione con diverse cover di artisti blues e folk negli Stati Uniti. Si esercita con i
songbook dello stesso Donegan, che offrono accordi semplici da mandare giù a memoria.
Woody Guthrie, Lead Belly, poi Fats Domino e
Chuck Berry. Sono questi i migliori insegnanti del giovane Gallagher, che per un periodo prova anche a frequentare la Cork School of Music senza cavarne nulla di motivante. Molto meglio affidarsi al vicino di casa, James O'Brien, che gli accorda lo strumento e soprattutto lo introduce alla rivista Banjo, Mandolin and Guitar (Bmg), su cui scopre nuovi artisti come Big Bill Broonzy. La prima via verso il
blues.
Un'altra grande fonte d'ispirazione per Rory Gallagher è il gruppo di Liverpool noto agli inizi degli
anni 60 come The Big Three. Nel 1963 esce il loro Ep che contiene tre cover: "What'd I Say" (Ray Charles), "Reelin' And A Rockin'" (Chuck Berry) e "Zip A Dee-Doo Dah" (Wrubel & Gilbert). Artisti che aprono connessioni verso altri artisti, le cui gesta vivono sulla carta di riviste specializzate come Melody Maker e New Musical Express. Lo skiffle ha ormai aperto le porte al beat, che pulsa tra le mura del Cavern Club di Cork, così come nelle frequenze di Radio Luxembourg e dei pirati locali di Radio Caroline, fondata agli inizi del 1964 da Ronan O'Rahilly. Se le fonti d'ascolto non mancano, il problema vero è iniziare davvero a suonare, a farsi le ossa. Verso la metà degli anni 60 in Irlanda ci sono poche alternative: unirsi a una delle cosiddette
showband, evoluzione delle big bandcon una drastica diminuzione dei componenti, tra sei e dieci, per mettere in piedi spettacoli molto popolari a base di folk, country, sonorità tradizionali e sempre più spesso rock 'n' roll. I pochi ragazzi che provano la strada del beat - i
Them a Belfast, The Creatures a Dublino - sanno benissimo che la strada parte in salita, che dovranno sudare e sputare sangue sui propri strumenti. Rory è uno di loro, vorrebbe tanto trovare un bassista e un batterista per iniziare a provare in trio. Ma a Cork è praticamente impossibile, perché tutti i suoi coetanei preferiscono i guadagni più facili garantiti proprio dalle
showband.
A 15 anni compiuti, con la sua prima Stratocaster presa a rate, Rory Gallagher ha bisogno di soldi, ma anche di fare esperienza live. Si unisce perciò alla Fontana Showband, formata da Bernie Tobin (trombone), suo fratello Oliver (basso), Declan O'Keefe (chitarra ritmica), John Lehane (sassofono) ed Eamonn O'Sullivan (batteria). L'influenza del nuovo
lead guitarist è subito enorme, trasformando il repertorio dei Fontana dai grandi classici alle novità del beat e del rock 'n' roll. Il gruppo cambia nome dopo un anno, scegliendo The Impact, da un brano di
Chuck Berry, con l'aggiunta del tastierista Michael Lehane. La scelta di Gallagher si rivela corretta, perché gli Impact riescono a raggranellare diverse sterline in giro tra Irlanda, Inghilterra e Spagna. Nel 1965 aprono il concerto di
Cat Stevens in un Arcadia strapieno, dopo il successo clamoroso del singolo "I Love My Dog". Come trio si spostano poi in Germania, ad Amburgo, dove Rory incontra Eric Burdon con i suoi
Animals e lo Spencer Davis Group di
Steve Winwood, nella città portuale diventata famosa per le esibizioni dei
Beatles nel quartiere a luci rosse.
Al ritorno in patria, gli Impact sono ormai già sciolti. Gallagher ha capito che il periodo di formazione è finito, che è ormai arrivato il momento di fare sul serio.
L'assaggioEric Kitteringham e Norman Damery compongono la sezione ritmica di The Axills, quartetto di Cork sulle orme dei Beatles. Sono amici di Rory, che ha appena lasciato The Impact per formare un nuovo gruppo dedito a blues e R&B. Quando Peter Sanquest, chitarrista e tastierista degli Axills, lascia la band per trasferirsi a Londra, Eric e Norman si ritrovano al Cavern Club con Gallagher, abbracciando in toto la sua nuova causa sonica. Nell'estate del 1966 prendono così vita i Taste, pronti a provare nuovo materiale nell'appartamento della madre di Eric, in Victoria Road. Le sessioni del trio si spostano nelle sale più ampie del Retired Army Officers Club, prima che il gruppo si esibisca per la prima volta dal vivo nei due locali principali della città, Shandon Boat Club e, ovviamente, Cavern. Prendono in affitto anche un
van - su cui viene dipinto il nome della band - in modo da girare il più possibile al di fuori del circuito di Cork.
Il trio ci mette poco a conquistare il pubblico cittadino, grazie all'energia primitiva della chitarra di Gallagher, che si lancia sul repertorio di Elmore James ("Dust My Blues") e degli
Who ("My Generation"). Rory si è procurato un amplificatore Vox Ac 30, per potenziare il suo
sound in scalette sempre diverse, a differenza di quasi tutte le band irlandesi che seguono una
setlist prestabilita. Agli inizi del 1967, The Taste vincono il programma Spot the Talent, in diretta radiofonica dalla St Francis Xavier Hall di Dublino, con una giuria presieduta dal leggendario DJ B. P. Fallon. A giugno aprono il concerto dei Dubliners al Savoy di Cork, città ormai troppo piccola per le ambizioni di Gallagher. Rory vuole infatti spostarsi a Belfast, nell'Irlanda del Nord, diventata ufficialmente il centro nevralgico della cosiddetta
British blues invasion.
C'è un altro motivo valido per spostarsi a Belfast: Eddie Kennedy ha già visto The Taste al Cavern di Cork, si è innamorato della chitarra di Rory e ora si offre per fare da manager al trio. Nativo della zona est di Belfast, Kennedy ha diversi agganci nel circuito live locale, in particolare con il Maritime Hotel che ha cullato i primi passi dei Them di
Van Morrison. Eddie è una figura chiave, quel tipo di manager che può portare il gruppo su palchi importanti, ad aprire per gente tipo
Cream,
John Mayall and the Bluesbreakers,
Fleetwood Mac. Ma non finisce qui, perché Kennedy può aprire a Rory le porte di Londra, in locali come Blaises Club, 100 Club, Speakeasy e Marquee. Senza un soldo, i tre sono accuditi dalla moglie Maxi, mentre Eddie lavora per procurare ingaggi degni del talento di Rory. L'obiettivo dichiarato è di trascinare i Taste allo stesso livello dei Cream di
Eric Clapton, mentre il gruppo è ancora specializzato in sole cover, alcune di queste registrare nell'estate 1967 agli Emerald Studios in un
demotape uscito diversi anni dopo provocando la furia del chitarrista. Il
sound è ancora troppo grezzo, probabilmente la sezione ritmica non è nemmeno adatta.
Dopo una esibizione al Woburn Abbey Festival in compagnia di Jimi Hendrix e John Mayall, il concerto alla Romano's Ballroom di Belfast nell'agosto 1968 è l'ultimo nella breve storia dei Taste. Eddie Kennedy sostituisce Kitteringham con Richard McCracken e Norman Damery con John Wilson, entrambi musicisti molto giovani ma con più esperienza alle spalle. McCracken e Wilson sono di Belfast e hanno militato nei Cheese, con il secondo ad aver suonato anche nei Them. Il trio toglie la
the nel nome e diventa semplicemente Taste, con un primo contratto discografico pronto grazie a Roland Rennie,
managing partner della Polydor Records.
Estate 1968. I nuovi Taste si riuniscono ai De Lane Lea Studios di Londra per registrare l'album di debutto con il produttore Tony Colton. Rory Gallagher ha iniziato a lavorare su materiale originale per affermarsi come
songwriter, ovviamente enfatizzando la grande energia sprigionata dal vivo.
Pubblicato nella primavera del 1969,
Taste deflagra al primo ascolto sui
power-chords di "Blister On The Moon", subito in odore di proto-metal, espandendo i confini del classico
british hard-blues. La Stratocaster di Gallagher urla dall'amplificatore Vox, mostrando immediata ed estrema versatilità quando attacca con il
bottleneck il retro-blues "Leavin' Blues", brano di Lead Belly riarrangiato in chiave jazz-
country. Il sacro fuoco della musica del diavolo arde nell'intensità del
traditional "Sugar Mama", in crescendo per oltre sette minuti.
Rory torna a imbracciare l'acustica sul breve acquerello rurale "Hail", influenzato dai grandi
bluesmen statunitensi, prima di forgiare un
sound più distintivo nella successiva "Born On The Wrong Side Of Time", che rivisita il folk tradizionale irlandese in
Cream sauce.
L’album è diretto, grezzo, una piccola gemma nascosta tra i suoi apparenti difetti, come nel
riff rock 'n' roll di "Dual Carriageway Pain" o sul martellare tribale della linea di basso in "Same Old Story". Gallagher rivisita un altro brano tradizionale, "Catfish", portandolo verso una jam imponente di oltre otto minuti, prima di chiudere il disco con la sinuosa cover in chiave
slide del country-standard "I'm Moving On" (Hank Snow).
All'isola di WightDisco embrionale,
Taste ottiene un modesto successo commerciale, circa 200mila copie vendute. Ma le esibizioni live del trio attirano le attenzioni del pubblico, allargando rapidamente la
fanbase e la copertura mediatica sul chitarrista. "Blister On The Moon" viene scelta dal disc-jockey John Peel per il suo
late show radiofonico, mentre i Taste vengono chiamati tra gli ospiti al concerto d'addio dei
Cream alla Royal Albert Hall. La band di Bruce, Baker e
Clapton lascia campo a un nuovo supergruppo, i Blind Faith, che invitano il trio di Gallagher a seguirli in un tour tra Stati Uniti e Canada. È la prima volta di Rory in America, a condividere lo stesso palco con i Delaney and Bonnie and Friends, tra cui gli idoli Leon Russell e J.J. Cale. Gallagher non è però convinto dai grandi eventi a stelle e strisce, che a suo dire rovinerebbero quel rapporto diretto con la musica e gli spettatori.
Il 1968 è comunque un anno intenso e cruciale per la band, terminato nuovamente negli studi londinesi per registrare subito un secondo album. Prodotto ancora da Tony Colton,
On The Boards esce solo nel gennaio 1970, arrivando a un più che promettente 18° posto nella classifica inglese. Merito del singolo "What's Going On", più vicino al rock puro che al
blues, pubblicato dalla Polydor senza avvisare Gallagher e trascinato fino al primo posto dagli ascoltatori in Germania. La breve tempesta elettrica del brano entra anche nella Top 10 dei singoli inglesi, portando Rory a lamentarsi, e non poco, per un presunto danneggiamento alla reputazione da puristi del blues.
L'album è completamente scritto da Gallagher, che di fatto compie un ulteriore passo in avanti verso la sua consacrazione artistica. "Railway And Gun" passa con naturalezza da un morbido
country-folk a un lento boogie elettrico, facendo squillare l'assolo di chitarra. L'evoluzione del
sound dei Taste è evidente nella successiva "It's Happened Before, It'll Happen Again", che in poco più di sei minuti mixa il ritmo jazz con arrangiamenti progressive, scatenando il sassofono distorto suonato dallo stesso Gallagher. "Impressive... progressive blues", scriverà a maggio il leggendario Lester Bangs sulle pagine di Rolling Stone, lodando un disco più diversificato del precedente.
La breve "If The Day Was Any Longer" vira verso il folk acustico con il contributo di un'armonica da palude, mentre "Morning Sun" esplode con il suo boogie rotondo. L'uso del
bottle-neck impreziosisce "Eat My Words", nell'approccio
zeppeliniano al blues, seguito dalle atmosfere più dense della
title track, che si snoda malinconica in una fantastica jam cupa tra blues, psichedelia e free-jazz. "If I Don't Sing I'll Cry" torna al boogie con inserti melodici, mentre "See Here" si trastulla ancora con il folk rurale tra gli arpeggi da arcobaleno dopo la tempesta. La finale "I'll Remember" chiude il cerchio con un nuovo numero rock, vicino allo stilema hard-blues dei
Cream, con la curiosa accoppiata tra la voce in falsetto e la magnifica Stratocaster.
Il 28 luglio 1970 i Taste sono in programma nella terza giornata dell'Isle of Wight Festival, in compagnia di band come
Chicago e
Procol Harum. Nel giorno precedente sono andati in scena i
Supertramp, ma altri piatti forti sono in arrivo tra sabato 29 e domenica 30:
The Doors,
Jethro Tull,
The Who,
Jimi Hendrix. Assoldato come manager, il fratello di Rory, Donal Gallagher, svelerà tempo dopo le istruzioni date alla sua
crew dal regista Murray Lerner, che vuole filmare al massimo un paio di brani dalle band più giovani, lasciando tutto lo spazio ai big in cartellone. Lerner non conosce affatto i Taste e quando li vede dal vivo resta folgorato dall'energia sprigionata, ordinando ai suoi
cameraman di continuare a filmarli, per oltre un'ora di esibizione. È il punto più alto raggiunto dal trio irlandese, che il 12 settembre finisce sulla copertina del Melody Maker con il titolo
Taste Fight Split. C'è una foto del solo Rory, con gli occhi chiusi mentre suona una Telecaster bianca, mentre un portavoce della Polydor parla in maniera approssimativa di una questione di "general policy".
Impegnati in un nuovo tour europeo dopo l'esibizione all'isola di Wight, i Taste apprendono la notizia che si basa su alcune telefonate anonime alla celebre rivista musicale britannica. Le indiscrezioni rivelano alcuni problemi tra i membri della band alla vigilia del concerto a Fairfield Halls, Croydon, ingigantiti da altre "complicazioni" prima di registrare alcuni brani per lo show "Disco 2" dell'emittente Bbc 2. Sono in molti a pensare che il problema sia nato all'interno, alimentato in particolare da Wilson e McCracken, che vogliono essere trattati alla pari, non semplicemente la sezione ritmica di Rory Gallagher. "Ci ha trattati come se l'unica superstar fosse lui - dirà Wilson alla stampa anni dopo - è stato terribile. Sul palco sembrava che noi non esistessimo. Andò poi oltre, improvvisando tre assoli durante un concerto, altre volte iniziava in dodici battute per poi passare a nove, con la volontà di incasinare tutto".
C'è anche un tema economico, dopo il duro lavoro di Eddie Kennedy che è riuscito a piazzare prenotazioni per diverse decine di migliaia di sterline. La maggior parte dei proventi è destinata a Rory, unico e solo autore dei brani pubblicati dai Taste. L'ultimo show della band è il 31 dicembre 1970 a Belfast, prima di mettere la parola fine alla storia del folgorante trio.
La versione di Rory sarà pubblicata in un'intervista alla rivista New Spotlightnel tardo 1971. Gallagher parla di un rapporto logoro non solo a livello musicale, ma non vuole cedere alla tentazione del "pubblico litigio", citando la saga tra
Lennon e
McCartney. È ovviamente una spiegazione parziale, che non svela i veri motivi alla base della rottura, da alcuni ipotizzata a causa di una direzione sonica ritenuta troppo commerciale. Gallagher dice che non ha preso un penny dai Taste, mentre Wilson spiegherà di aver scoperto solo dopo di essere un "musicista a libro paga".
Nel marasma generale, la Polydor capitalizza l'attenzione mediatica sul gruppo pubblicando
Live Taste, registrato al Montreux Casino, in Svizzera, il 31 agosto 1970, pochi giorno dopo l'esibizione al festival inglese. Il set finito sul disco è aperto dai languidi virtuosismi di "Sugar Mama", seguiti dalla
retro-slide in "Gamblin' Blues", dal repertorio del texano Melvin "Lil' Son" Jackson. Il trio si fionda a tutta velocità sulle due parti di "I Feel So Good", dalla scuola di Chicago diretta da Big Bill Broonzy, snocciolando in oltre dieci minuti la jam hard-blues "Catfish". Rory presenta i suoi compagni al pubblico - ironico da ascoltare dopo l'improvvisa e misteriosa rottura - finendo il set con la versione
hendrixiana di "Same Old Story".
Passano pochi mesi e la Polydor pubblica un secondo album dal vivo,
Live At The Isle Of Wight, che immortala la pirotecnica esibizione che ha rapito il regista Murray Lerner. La band attacca con i fuochi d'artificio di "What's Going On", su cui la chitarra di Rory sembra poter tranquillamente competere con quella del tanto atteso Hendrix. La maratona "Sugar Mama" trasuda intensità in connessione quasi ipnotica con il pubblico, con il Vox piazzato amatorialmente su una sedia per sparare il boogie di "Morning Sun".
L'edizione pubblicata nel 2015 segue fedelmente la scaletta del concerto, che prosegue con la cover di "Gambling Blues", tra le presenze fisse nei giri europei dalla metà del 1970. L'inedito "Sinner Boy" parte a ritmo scassato di marcetta per accompagnare la
slide indiavolata, prima di una versione rock 'n' roll in falsetto di "I'll Remember". I Taste incendiano il palco con le due maratone "I Feel So Good" e "Catfish", quasi mezz'ora di set tra furenti boogie-blues e fiammate
hendrixiane.
I bis sono ripetuti, ben cinque, con il tribalismo di "Same Old Story" e i ripetuti cambi di tono nella quasi
heavy "Blister On The Moon". Un vero trionfo, fedelmente riprodotto sul disco forse più importante dei Taste, che hanno sempre dato il meglio grazie all'energia sprigionata dal vivo.
SoloTerminata la folgorante avventura con i Taste, Rory Gallagher non vuole affatto perdere tempo, iniziando le audizioni alla ricerca di una nuova sezione ritmica. Si pensa in grande, valutando inizialmente un sodalizio con Noel Redding e Mitch Mitchell dalla
Jimi Hendrix Experience. All'inizio del 1971 Rory si è trasferito in pianta stabile a Londra, in un appartamento nella zona di Earls Court, ma la scelta finale cade su due musicisti originari di Belfast. John Gerard McAvoy, vent'anni, è sempre stato un amante del rock 'n' roll, fulminato successivamente dall'acquisto di un album di Muddy Waters. Ha militato nei Deep Joy, gruppo locale specializzato in cover Motown, aprendo persino alcune date degli stessi Taste. Rory lo convoca a Londra, per provare insieme al batterista Wilgar Campbell, più anziano di cinque anni. Campbell ha maturato una fugace apparizione nei Method, suonando in un solo brano, "Felix", prima di tornare dalla famiglia a Belfast. Si è quindi unito ai Deep Joy conoscendo McAvoy e poi Gallagher, il cui invito cade a fagiolo perché è imminente un nuovo trasferimento a Londra con moglie e figli.
Formato così il nuovo
power trio, Rory si chiude negli Advision Studios in compagnia dell'ingegnere del suono Eddy Offord - già al lavoro su
On The Boards - avendo deciso di auto-prodursi.
Rory Gallagher esce nel maggio 1971, aperto dal
riff inconfondibile di "Laundromat", ispirata dalla lavanderia a gettoni ubicata nel
basement del suo appartamento londinese. L'album prosegue sul solco segnato da
On The Boards con i Taste, alternando momenti furenti a più morbide ballate acustiche.
L'ariosa ed esotica "Just The Smile" prende a modello il cosiddetto British Folk Revival, ispirandosi ad artisti come Richard Thompson e Davy Graham. La chitarra è ovviamente grande protagonista, snocciolando insoliti accordi malinconici nell'agrodolce "I Fall Apart", mentre la rilassata "Wave Myself Goodbye" mette in scena un
sound da bar di New Orleans grazie al piano suonato dall'ospite Vincent Crane (Atomic Rooster). Gallagher torna alla base del boogie-blues in "Hands Up", riprendendo il
bottleneck nella "Sinner Boy" già suonata dal vivo con i vecchi compagni di band. L'accoppiata con la voce in falsetto è da
master della musica del diavolo, così come la successiva "For The Last Time" mostra innegabili doti melodiche nell'approccio più tradizionale agli stilemi del Delta. Rory sperimenta con il mandolino sulle note
calypso-style di "It's You", tornando ai ritmi
barrelhouse nella serafica "I'm Not Surprised".
Il disco è chiuso dai nuovi arrangiamenti
jazzy nella lunga "Can't Believe It's True", in cui spicca il sax sincopato sui vorticosi cambi di tempo della chitarra. Dalle sessioni di Rory Gallagher vengono inizialmente escluse due cover, entrambe dalla scuola blues di Chicago: "Gypsy Woman" (Muddy Waters) e "It Takes Time" (Otis Rush).
Rory Gallagher non sfonda a livello commerciale, piazzandosi a un deprimente 93° posto in Uk, addirittura in posizione 27 nella classifica degli album in Irlanda. Ma la scarsa
performance in termini di vendite non scoraggia di certo Rory, che rilancia le sue ambizioni nel successivo
Deuce, registrato ai Tangerine Studios nell’area londinese di Dalston. Ancora una volta servirà solo un ingegnere del suono, Robin Sylvester, perché il lavoro in fase di produzione dello stesso Gallagher sarà il più possibile minimale.
Il chitarrista irlandese avvia le sessioni di registrazione subito dopo alcune esibizioni live in Europa alla metà del 1971, in modo da trattenere parte dell'energia sprigionata dal vivo per poter poi liberarla tra i solchi del vinile. L'inizio è dirompente, con l'R&B polveroso di "Used To Be", potenziato dal suono vizioso e sfrenato della chitarra elettrica. Rory torna ancora al formato acustico nell'intensa ballata "I'm Not Awake Yet", condotta dal basso tonitruante di McAvoy e cesellata da intricati e ricchi accordi in odore di flamenco. L'umoristica "Don't Know Where I'm Going" gioca con l'ascoltatore con un country-billy a metà tra
Bob Dylan e Ronnie Lane, mentre "Maybe I Will" viaggia su binari veloci, tra jazz sghembo e aperture melodiche.
In "Whole Lot Of People" c'è il sapore dei
crooner in una ricetta di rock 'n' roll e Delta blues; "In Your Town" - che apre la seconda facciata del disco - riprende la lezione dei grandi (Lee Hooker, Tampa Red) con lo scatenato dialogo tra la chitarra
slide e la sezione ritmica. Il classico ritmo in
twelve-bar scalda "Should've Learnt My Lesson", uno tra i pezzi in cui il lavoro da solista di Rory assomiglia a quello di
Eric Clapton, mentre la calda "There's A Light" ritrova la sperimentazione jazz con una chiave in bossa-nova.
Il
fingerpicking selvaggio guida il folk più ignorante nella brillante "Out Of My Mind", ma è il finale pirotecnico di "Crest Of A Wave" a trasformare
Deuce in una gemma sonica. Sul
wall of sound creato da basso e batteria, la chitarra di Rory pare come una tempesta elettrica, sprigionando in quasi sei minuti una forza primigenia che dalle radici del blues viene trasformata in un approccio personalissimo, unico. Gallagher riesce nell'intento di trovare la quadra live all'interno del disco, anche e soprattutto grazie a "Crest Of A Wave".
La planimetria del bluesRory Gallagher è soddisfatto del lavoro su
Deuce, che per una sola settimana riesce ad arrivare nella Top 20 nel Regno Unito. Saranno meno di 20mila le copie vendute, ma è un risultato che soddisfa lui e la sua etichetta, la Polydor. Dopo circa un mese dalla pubblicazione del suo secondo album, Gallagher riceve una telefonata inattesa, da parte di Esmond Edwards della Chess Records. È la gloriosa casa discografica che sta lavorando alla pubblicazione di Muddy Waters - "The London Session", con grandi ospiti come Rick Grech,
Steve Winwood, Mitch Mitchell. Edwards segue Gallagher da diverso tempo, lo vuole alla chitarra elettrica a suonare insieme al mito - un capo tribale, un buddha, come lo definiva
Eric Clapton - alla figura chiave che ha collegato il blues antico degli afro-americani al rock 'n' roll moderno. Rory, manco a dirlo, accetta, invitato dal 4 all'8 dicembre 1971 agli Ibs Studios di Londra per unirsi a un piccolo gotha del blues tra diverse generazioni. C'è infatti anche una selezione d'annata di veterani del blues di Chicago, da Sam Lawhorn (chitarra) a Carey Bell Harrington (armonica). Con l'aiuto di vecchi e nuovi amici, Muddy Waters rilancerà le ambizioni del blues alla metà del 1972, nonostante una forma fisica precaria dopo un brutto incidente d'auto nell'ottobre 1969.
La preziosa esperienza in studio con Muddy Waters è come un tatuaggio indelebile sulla pelle di
bluesman di Rory Gallagher, che parte in tour nei primi mesi del 1972. Dal Luton College al Teatro Lirico di Milano, il chitarrista sceglie diversi brani nemmeno registrati in studio, arrangiati e provati con McAvoy e Campbell prima del nuovo giro di concerti.
Live! in Europe viene pubblicato all'inizio di maggio, a dimostrazione di un'ampia e diversificata conoscenza sulla musica del diavolo in purezza.
Si inizia con "Messin' With The Kid", scritta da Mel London e registrata a Chicago da Junior Wells con il chitarrista Earl Hooker, nell'ottobre 1960. Nato come
uptempo blues in
twelve-bar, il brano ha subìto negli anni influenze tra l'R&B e i ritmi afro-cubani, fino alla versione di Rory che lavora di pause e accelerate furiose in chiave rock. Il
riff abrasivo in tono boogie di "Laundromat" è tra i pochi estratti dai dischi precedenti, perché la scelta di Gallagher è radicale, un bignamino in 45 minuti di
storia del blues.
L'armonica desertica introduce la lenta e struggente "I Could've Had Religion", scritta dallo stesso Rory nel cosiddetto stile
redemption blues, ovvero pensando agli spiritual del Reverendo Robert Wilkins da cui hanno attinto anche gli
Stones per l'album "
Beggars Banquet". Curiosità su questo brano: interessato a registrarne una cover, il vate
Bob Dylan penserà in seguito a un blues sconosciuto o perduto, non certo a una composizione di un bianco irlandese.
Si torna ancora più indietro con lo stornello
country-style "Pistol Slapper Blues", scritto nel 1938 a New York da Fulton Allen, meglio conosciuto come Blind Boy Fuller. Il disco continua con lo stomp di "Going to My Hometown", che scatena il pubblico mani e piedi sul mandolino vorticoso. "In Your Town" è il secondo recupero dall'ultimo album
Deuce, in una versione fiume che enfatizza il rapporto tra la sezione ritmica martellante e la
slide-guitar. L'ultimo atto è un altro
traditional riarrangiato, "Bullfrog Blues", scritto da William Harris nel 1928 e rispettato da Rory con una nuova veste rock 'n' roll.
Dal tour del 1972 saranno poi aggiunti due brani, l'intensa jam "What In The World" e "Hoodoo Man", ancora dalle incisioni di Junior Wells.
La scelta apparentemente anti-commerciale di Rory alla fine paga:
Live! In Europe entra da subito nella Top 10 inglese, piazzandosi anche nella classifica americana di Billboard e arrivando a conquistare il disco d'oro. È un momento d'oro per Gallagher, che qualche mese dopo viene nominato miglior musicista e chitarrista dell'anno. Ma le insidie che sono sempre dietro l'angolo hanno catturato lo spirito del batterista Wilgar Campbell, improvvisamente impaurito a morte dall'idea di prendere un volo. Il timore di volare è da trattare a livello psicoanalitico, così Gallagher contatta in fretta e furia Roderick Morris Buckenham de'Ath, ventiduenne originario di Saundersfoot, Galles. Meno dotato tecnicamente di Campbell, de'Ath è già assoldato dal gruppo blues-rock Killing Floor, ma accetta di buon grado, dal momento che dovrebbe trattarsi di una sostituzione temporanea. Wilgar è però costretto a saltare nuove date, fino a un accordo verbale con Rory che propone al nuovo batterista di entrare in pianta stabile. Più che lasciare, Gallagher raddoppia: sempre dai Killing Floor convoca il tastierista Louis Michael Martin, nativo di Belfast. Con l'inedita formazione a quattro entra nei nuovi Marquee Studios di Londra alla fine del 1972, per lavorare con gli ingegneri Phil Dunn e Andy Stephens al nuovo album.
Partendo dal ritmo ossessivo e furioso di "Walk On Hot Coals", numero di boogie-rock che enfatizza l'introduzione del piano di Lou Martin,
Blueprint è un'ottima fotografia del talento eclettico di Rory Gallagher. Lo stesso utilizzo delle tastiere porta a un sound sicuramente più levigato, come nell'ariosa melodia della quasi
claptoniana "Daughter Of The Everglades". Ma Rory non perde il vizio del blues acustico con il "Banker's Blues" di Big Bill Broonzy a trovare un'atmosfera da saloon tramite il piano
barrelhouse in accoppiamento con il
bottleneck.
In "Hands Off" si torna all'elettricità in stile Chicago, con un pizzico di R&B aggiunto dal sassofono, mentre "Race The Breeze" fila come un polveroso treno merci su una superba linea ritmica ispirata al capo tribale Muddy Waters. Tra i brani più riusciti del disco c'è l'oscura jam "Seventh Son Of A Seventh Son", che porta la chitarra di Gallagher a interfacciarsi con nuovi strumenti, appunto il piano aggressivo suonato da Martin. Il ragtime in "Unmilitary Two-Step" amplia ancora di più gli orizzonti sonici, così come il più puro mix di country e honky-tonk in "If I Had A Reason". Dalle sessioni di
Blueprint saranno poi recuperati altri due brani, lo
shuffle "Stompin' Ground" e il classico R&B "Treat Her Right", cover di un brano di Roy Head.
Ritorno a casaAll'inizio del 1973 Rory Gallagher parte per un breve tour in Germania, prima di rientrare a Londra per registrare negli studi radiofonici della Bbc una puntata speciale del format "In Concert". A marzo vola in Canada, per la prima volta da solista, dopo aver aperto con i Taste un concerto dei Blind Faith nel 1969. Rory ha in agenda una intera settimana al Colonial Tavern di Toronto, facendo registrare il tutto esaurito nonostante il suo nome non sia ancora famoso in Nord America. Circa 75 minuti di set per due volte a sera, una maratona sfiancante che Gallagher spinge con il suo spirito indomabile, non disperdendo nemmeno una nota. Le esibizioni canadesi attirano le attenzioni della rivista New Musical Express, che scopre a Toronto un chitarrista di eccezionale talento, colto nelle continue citazioni del
blues e dal potenziale quasi illimitato. A 25 anni non è ancora riuscito a conquistare la fama della divinità Eric Clapton, quasi sconosciuto negli Stati Uniti dove è arrivato soltanto con il disco
Live! In Europe di appena un anno prima. Eppure il suo nome è particolarmente virale sulla bocca di produttori e vecchi artisti dall'imponente
pedigree come Jerry Lee Lewis, anche detto il
killer del rock 'n' roll.
Al lavoro per registrare a Londra il disco "The Session... Recorded In London With Great Artists", lo statunitense Steve Rowland chiama Rory per invitarlo a suonare con un altro dei suoi idoli d'infanzia. Alle sessioni londinesi partecipa una parata di stelle: Tony Ashton (
Deep Purple), Delaney Bramlett, B.J. Cole, Albert Lee, Alvin Lee (Ten Years After), Kenny Jones e Mickey Jones dai
Clash.
Nell'estate del 1973 Rory Gallagher torna ai Polydor Studios, come sempre in compagnia di due ingegneri del suono, Carlos Olms e Robin Sylvester. La formazione a quattro, confermata, lavora per diverse settimane al nuovo disco,
Tattoo, un altro prezioso tassello nella discografia del chitarrista irlandese.
"Tattoo'd Lady" è l'intrigante
opener, un energico numero rock in chiave honky-tonk che porta l'affiatamento con la band a un livello successivo, tra il ritmo serrato della batteria di de'Ath e le tastiere martellanti di Martin. Scorre così il sangue pulsante del boogie-blues "Cradle Rock", incentrato su un
riff sguaiato e volgare, mentre la successiva "20:20 Vision" incanta con il suo folk acustico immerso nelle acque del Delta.
Il disco conferma l'estrema versatilità di Rory, che torna alle amate sonorità
jazzy in "They Don't Make Them Like You Anymore", cavalcando il tonante
wah-wah nell'aggressiva "Livin' Like A Trucker". Gallagher non ha problemi ad abbassarsi verso il più intensamente becero dei blues da bar ("Sleep On A Clothes Line"), per poi sfoderare il più raffinato degli
acoustic-slide ("Who's That Coming"). Un approccio trasparente e diretto, in un altro disco di grande onestà intellettuale per il chitarrista di Ballyshannon, che spinge ulteriormente l'asticella in "A Million Miles Away", un
groove lento e sinistro da palude, condotto anche grazie a sovraincisioni di organo e sax.
In chiusura c'è l'
uptempo rock "Admit It", seguito - nella ristampa datata 2000 - dal curioso giro di country-valzer "Tucson, Arizona" (Link Wray) e dal lungo standard blues "Just A Little Bit" (Rosco Gordon).
Uscito alla fine del 1973,
Tattoo non scala le classifiche anglofone, non adeguatamente promosso dalla Polydor secondo il fratello di Rory, Donal. Il disco è però il gancio perfetto per tornare subito in tour, partendo da un gradito ritorno in Irlanda nel gennaio 1974. La band sarà seguita da una
crew cinematografica diretta dal regista Tony Palmer, già al lavoro per filmare l'esibizione dei Taste durante il concerto d'addio dei Cream nel 1968. Inizialmente il progetto prevede semplicemente qualche ripresa per la tv, poi Palmer partorisce in corsa l'idea di realizzare un vero e proprio film, seguendo Rory in diverse tappe del tour, dalla Ulster Hall di Belfast al Carlton Cinema di Dublino, fino ovviamente al live alla City Hall di Cork. Tra i fondatori del celebre programma radiofonico Kaleidoscope (Bbc 4), Tony Palmer ha già lavorato a diversi documentari rock (
Cream,
Zappa,
Cohen), oltre ad aver fatto esperienza nel cinema con attori come Laurence Olivier e Vanessa Redgrave. La chimica tra Palmer e Gallagher è immediata, con il supporto dello stesso Donal come assistente di produzione.
Il tour di Gallagher in Irlanda del Nord non è certo un'impresa semplice, dal momento che all'inizio del 1974 scoppiano diversi episodi di brutale violenza tra l'esercito repubblicano irlandese e la frangia dei lealisti. Sono tantissimi gli artisti che evitano la zona, ma Rory Gallagher conferma l'intero tour, esibendosi appunto in posti caldissimi come la Ulster Hall di Belfast, dove esplodono ben dieci bombe il giorno prima del concerto. Tutti si aspettano un inevitabile annullamento, ma Rory si presenta sul palco, accolto da un boato. La sua esibizione entrerà nella memoria collettiva, definita "commovente, edificante e gioiosa" da un cronista locale. "Senza essere sciocchi o eccessivamente emotivi - scriverà - è stato uno dei momenti più memorabili della mia vita, più che semplice rock 'n' roll, era qualcosa di più grande, qualcosa di più valido".
Irish Tour '74 viene pubblicato come doppio album nel luglio 1974, colonna sonora del film diretto da Palmer e testimonianza definitiva della grandezza di un artista che dal vivo riesce a sprigionare un'intensità del tutto fuori scala. La chitarra di Rory si scalda sul
riff sboccato di "Cradle Rock", primo estratto dal nuovo disco
Tattoo con le rifiniture incendiarie del pianoforte elettrico di Lou Martin. Accordi snocciolati per aprire la lenta e sinuosa "I Wonder Who", standard blues dalla scuola di Chicago dominata dall'idolo Muddy Waters. La versione di "Tattoo'd Lady" esplode sulla sezione ritmica martellante e gli assoli squillanti, mentre "Too Much Alcohol" (J. B. Hutto) scatena l'
handclapping generale su un
twelve-bar cadenzato in odore di Elmore James.
Gallagher procede da solo in acustico sulla progressione
stomp "As The Crow Flies" (Tony Joe White), prima di una versione da brividi della nuova "A Million Miles Away", che rapisce letteralmente la platea con la sua intensità emotiva in un momento difficile per la città di Belfast. Il segreto di Rory è così insito in una capacità naturale di conquistare l'anima degli spettatori dando tutto sul palco, come negli oltre undici minuti di "Walk On Hot Coals", che parte con un
groove hard-blues per poi virare verso una jam in chiave
jazzy sugli effetti
wah-wah della Stratocaster. La formazione a quattro di Gallagher è al suo massimo splendore, lanciata a cento all'ora sul blues rurale elettrificato "Who's That Coming?" e salutata in trionfo sulla jam "Back On My Stompin' Ground (After Hours)". Il più degno dei finali è sulla cadenza marziale in stile Lee Hooker, nella "Just A Little Bit" presa dal catalogo di Rosco Gordon.
Irish Tour '74 prenderà nuovamente vita quarant'anni dopo, nell'ottobre 2014, quando Sony Music e Legacy Recordings pubblicheranno un monumentale box di 7 dischi con tantissimo materiale registrato tra Dublino, Cork e Belfast. Da "Messin' With The Kid" a un'incendiaria versione di "Laundromat", la nuova edizione in
box-set diventa essenziale per immergersi pienamente nella potenza di Gallagher alla metà degli
anni 70.
Chrysalis YearsPubblicato nell'estate 1974,
Irish Tour '74 viene premiato dal pubblico, arrivando alle 50mila copie vendute. L'eco delle esibizioni di Gallagher in terra irlandese arriva anche negli Stati Uniti, ma soprattutto nella mente di Mick Jagger che ha un disperato bisogno di sostituire il dimissionario Mick Taylor. I
Rolling Stones invitano così Rory a un'audizione, con le più serie intenzioni di innestarlo in uno dei gruppi più famosi sul pianeta. Il chitarrista accetta di provare qualche jam, ma alla fine declina l'offerta con la scusa di imminenti concerti da onorare in Giappone. In realtà, non è convinto, vuole proseguire da solo evitando di finire ingabbiato a livello creativo, complice la contemporanea (e ingombrante) presenza di Keith Richards. Anche se alcuni ricorderanno il suo nome come "l'uomo che rifiutò i Rolling Stones", la scelta è perfettamente sensata, in linea con il suo spirito indomabile.
Gallagher vuole in realtà rilanciare le sue ambizioni da solista dopo il termine del contratto con la Polydor, accusata spesso dal fratello manager di non aver fatto granché in fase promozionale. La scelta cade sulla Chrysalis Records, fondata a Londra nel 1967 dalla Ellis-Wright Agency per concentrarsi sul repertorio blues di artisti come
Ten Years After. L'etichetta inglese, che ha contrattualizzato anche i
Jethro Tull e i
Procol Harum, viene reputata perfetta per l'obiettivo di mantenere controllo artistico e allo stesso tempo ottenere un'attenzione maggiore a livello commerciale. Rory è comunque consapevole di far parte di una nicchia sonica, non sfornando singoli spacca-classifiche o dischi di grande appetibilità verso il pubblico generalista. Sulla strada polverosa del blues, è un animale da palco, alla ricerca dell'energia più pura in giro per il mondo.
Against The Grain è dunque il gioco di parole che fornisce il titolo al nuovo album pubblicato nell'autunno 1975, a rimarcare un amore mai sopito per una musica antica e contraria alle logiche del profitto nel
music business. Dall'aggressivo boogie-rock "Let Me In", il disco è tra i più scalmanati nella discografia di Gallagher, escludendo strumenti più sofisticati (mandolino e sassofono su tutti) per liberare la più grezza potenza dei quattro attori principali. Lo stesso canto di Rory è più roco e vibrante nella veloce "Souped-Up Ford", accelerata dalla
slide guitar fumante in un nuovo approccio meno intellettuale e più muscolare. L'urlo che attacca il blues polveroso "All Around Man" è quasi primitivo, come se fosse partita una caccia all'ascoltatore per travolgerlo con il
sound elettrico del Mississippi. La ricerca di un nuovo
groove passa per il roots-rock "Bought And Sold", aggiungendo una piccola dose di funky all'impasto jazzy di "Cross Me Off Your List".
Non tutti i momenti dell'album esaltano, come la melodia atonale in "Ain't Too Good" o le radici soul nella cover "I Take What I Want" (Sam & Dave). In "Lost At Sea" c'è una nuova linea melodica dai toni
harrisoniani, tenuti insieme dalla chitarra sboccata in
wah-wah. Più interessante la versione acustica di "Out On The Western Plain" (Lead Belly), che mescola ipnotiche atmosfere indiane a richiami vocali da cowboy solitari. O il robusto e sincero country-rock "At The Bottom", a chiusura di un album che prova ad aprire un nuovo corso sonico con risultati alterni.
Non tra i migliori lavori del chitarrista irlandese,
Against The Grain non sfonda in classifica, nonostante il cambio di etichetta e la speranza di una maggiore promozione commerciale. Rory Gallagher torna così in tour, sprigionando la sua intensità sui palchi di mezzo mondo, fermandosi nel settembre 1976 ai Musicland Studios di Monaco di Baviera.
Iniziano le sessioni di registrazione del successivo
Calling Card, che per la prima volta vede la partecipazione di un produttore esterno, il noto bassista Roger Glover (
Deep Purple). La scelta è del tutto contro-intuitiva, perché Rory vuole Glover per lasciarsi alle spalle le stimmate della musica hard e provare nuove strade musicali. La band è sempre la stessa, ormai forgiata dal fuoco di centinaia di serate dal vivo, ma la direzione dovrà essere diversa, pur restando ancorata a una intensità che lo stesso Glover proverebbe a smussare verso una maggiore eleganza.
Esce fuori un album molto importante nel percorso discografico di Gallagher, a partire dal blues muscolare "Do You Read Me" che presenta inediti inserti di tastiere sintetizzate. Brani come "Country Mile" e "Moonchild" vanno alla ricerca di nuovi approcci melodici ai classici
riff di chitarra, pur mantenendo solidi impianti tra boogie e hard-rock. La
title track sfodera uno smooth-jazz d'alta scuola, alle radici del
sound di New Orleans, mentre la
ballad acustica "I'll Admit You're Gone" dimostra come Rory resti a suo agio anche in acque più calme. La mano del produttore Roger Glover è più evidente in "Secret Agent", che abbina un tocco d'organo in stile John Lord alla progressione hard-blues. Altro brano cardine del disco è "Jack-Knife Beat", elegante jam tra jazz, blues e ritmi percussivi latini, che rilancia le ambizioni di Gallagher al di fuori degli standard in
twelve-bar. "Edged In Blue" è così un altro colpo da maestro, tra le melodie più tristi scritte da Rory in un'architettura ai confini del pop-rock.
La diversità di cesellature soniche definisce l'opera con il finale strimpellante di "Barley And Grape Rag", a metà tra country, hillbilly e ragtime. Perché a Rory Gallagher piace divertirsi, sempre e prima di ogni cosa.
Terminate le registrazioni di
Calling Card in Germania, Rory Gallagher torna in tour prima negli Stati Uniti e poi tra Europa e Regno Unito dagli inizi del 1977. È un periodo di intensa attività live, culminata a fine agosto come
headliner del Macroom Mountain Dew Festival a Cork, davanti a migliaia di spettatori. Sono gli ultimi concerti in formazione a quattro, perché in Rory è montata la voglia di tornare al cosiddetto
power trio, come i vecchi Taste. Il tempo di portare a termine diverse date europee nella primavera del 1978 e Gallagher licenzia Rod De'Ath e Lou Martin, sostituendo solo il primo con lo scozzese Ted McKenna, fuoriuscito dalla formazione hard-glam The Sensational Alex Harvey Band. Dopo aver visto i
Sex Pistols dal vivo negli Stati Uniti, Gallagher è convinto di dover tornare alle basi, verso un
sound che deve essere nuovamente diretto, grezzo e potente.
Come accaduto per
Calling Card, le nuove sessioni di registrazione sono prenotate ai Dierks Studios di Colonia, ancora Germania, in modo da poter lavorare con la nuova formazione tra una data live e l'altra. È l'estate del 1978 e ci sono diversi brani da riarrangiare, non avendo trovato soddisfacenti le precedenti registrazioni con De'Ath e Martin. Ecco perché viene scelto il titolo
Photo-Finish, per una consegna al cardiopalma negli uffici della Chrysalis, giusto in tempo per rispettare la
deadline imposta. Gallagher ha avuto tra l'altro anche un brutto incidente con la porta di un taxi, che gli ha messo ko il pollice della mano destra, procurando ulteriori ritardi. Avendo buttato via il lavoro fatto con il produttore Elliot Mazer (
Neil Young), Rory affida all'ingegnere del suono Alan O'Duffy il compito di dirigere i lavori, una mossa in linea con le precedenti esperienze in studio. Dal robusto rock-blues "Shin Kicker", il nuovo album non spicca in termini di creatività, limitandosi a ripristinare un rapporto sincero e diretto con le sette note. In tal senso, il titolo del secondo brano, "Brute Force & Ignorance", sembra quasi programmatico, dal momento che il nuovo power trio sembra volersi limitare al gusto del
riff elettrico.
"Cruise On Out" viene condotta da uno scatenato ritmo country & western con tanto di
handclapping, mentre "Cloak & Dagger" è aperta dall'armonica virando verso un
sound paludoso. Strutture più complicate sono presenti in "Overnight Bag", dove c'è un'ottima sovrapposizione tra elettrico e acustico in uno stile più simile a quello di
Tom Petty. "Shadow Play" continua sul solco del power-rock, così come "The Last Of The Independents", che si snoda ancora sul
riff potente. Meglio l'intensità strusciante di "The Mississippi Sheiks", in cui è notevole l'apporto del nuovo batterista Ted McKenna, dai tempi decisamente più variegati rispetto al suo predecessore. Il finale a lenta combustione di "Fuel To The Fire" non riesce però a salvare un disco nato storto e terminato con un preoccupante alone di mediocrità.
Alla pubblicazione di
Photo-Finish segue un lungo tour americano, che ottiene ottime recensioni dalla stampa di settore. La Chrysalis rompe gli indugi e suggerisce a Rory di far uscire subito un nuovo album, per cavalcare il momento. Gallagher non è convinto, ma l'etichetta discografica spinge e promette un livello di promozione mai vista prima, mettendolo in cima alla lista delle priorità. Ecco perché il nuovo disco, registrato nuovamente a Colonia nella primavera del 1979, ha il titolo ironico di
Top Priority, come a ricordare alla Chrysalis l'impegno appena preso.
L'attacco è simile a quello di
Photo-Finish: parte cioè dal
riff sporco e diretto di "Follow Me". Gallagher continua nel processo di "indebolimento" dell'anima blues, cercando così di conquistare nuove legioni di fan dopo i concerti in spazi più grandi negli Stati Uniti. Ecco che la successiva "Philby" scatena un ritmo ai limiti dell'arena-rock, trasformando Rory da incallito
bluesman a vero
guitar hero, con l'utilizzo interessantissimo del sitar elettrico prestatogli da Pete Townshend. Il brano racconta la storia di Kim Philby, agente segreto inglese impegnato in Russia durante la Guerra Fredda, evocata a livello sonico da atmosfere dell'Est europeo. "Wayward Child" mostra i muscoli della nuova band a tre con McAvoy e McKenna, perfetta su un ritmo marziale al fulmicotone.
Top Priority è infatti molto più centrato di
Photo-Finish, dal
groove pruriginoso di "Key Chain" all'irresistibile boogie "At The Depot", magistralmente condotto dalla
slide-guitar.
In "Bad Penny" continua l'approccio hard-rock melodico per intercettare masse più ampie di fan, mentre "Just Hit Town" colpisce addirittura con un cazzotto alla
Motörhead. Il ritmo rallenta solo su "Off The Handle", che riprende gli standard del blues elettrico, prima del funkeggiante finale "Public Enemy No. 1".
Il fascino del palcoscenicoDopo la pubblicazione di
Top Priority, inizia un lungo tour mondiale, con diverse date registrate in presa diretta per il rilascio di un terzo album dal vivo.
Stage Struck esce nell'autunno del 1980, includendo versioni più sintetiche dell'ultimo repertorio da
Against The Grain in avanti. Dall'attacco rock 'n' roll di "Shin Kicker" al ritmo power-hard di "Wayward Child", Gallagher sceglie un approccio meno votato al
blues, concentrandosi su una maggiore velocità esecutiva. È infatti un periodo critico per la maggior parte degli artisti hard-rock e blues, scavalcati improvvisamente dal furore
punk. Le stesse riviste di settore stanno modificando i propri gusti, dove il Melody Maker - più vicino ad artisti come Rory - è stato superato dalla più anarchica Nme. Brani come "Brute Force And Ignorance" e "Moonchild" sono avvolti da un
wall of sound dal sapore
heavy, più vicino a certi lavori dei Bad Company. Reminiscenze della musica del diavolo nel boogie "Bought And Sold", mentre la versione di "Follow Me" propone quell'attitudine da
guitar hero che ha plasmato la fama di Rory soprattutto in Europa.
Gallagher ha sempre misurato il suo culto sui palcoscenici di tutto il mondo, che ora lo vedono protagonista di giri vorticosi come quello di "The Last Of The Independents", appunto trasformati da un'attitudine più vicina a quella emergente del punk. È in parte uno snaturamento, che rende
Stage Struck il meno riuscito tra i suoi album live, principalmente per la decisione discutibile di attirare nuove schiere di fan con un
sound più vicino all'heavy-metal.
Nel 1981 Rory Gallagher decide di sostituire alla batteria Ted McKenna con Brendan O'Neill, aggiungendo un tastierista, Bob Andrews, e due sassofonisti, Ray Beavis e Dick Parry. Con la nuova formazione entra a maggio nei Dierks Studios di Colonia, per registrare
Jinx, ultimo disco su etichetta Chrysalis in pubblicazione nella primavera del 1982.
L'album è aperto dal power-rock "Signals", sulla falsariga del
sound più commerciale dell'ultimo periodo live. Il ritmo accelera con furore quasi
punk in "The Devil Made Me Do It", tornando alle radici dell'hard-blues sul
riff di "Double Vision". In "Easy Come, Easy Go" viene recuperato il formato
ballad, in un mix intenso di chitarre acustiche ed elettriche, mentre brani come "Big Guns" e "Bourbon" mettono in mostra i muscoli con un approccio più statunitense che europeo al rock energico. Decisamente più centrato il tribalismo ipnotico di "Jinxed", forte di un riuscito abbinamento tra l'assolo di chitarra e la traccia melodica dell'armonica.
Prestando il fianco a una debolezza in fase compositiva,
Jinx si mostra in bilico tra nuovi e vecchi ritmi, dal funk orientaleggiante "Loose Talk" allo standard blues imbevuto di whisky "Ride On Red, Ride On".
Dopo l'uscita di
Jinx, Gallagher si separa dalla Chrysalis Records, mai capace - o intenzionata - a promuoverlo a livello commerciale. Rory fonda una sua etichetta, la Capo Records, per ottenere definitivamente il controllo totale sulla sua musica. Ma per l'uscita di
Defender ci vogliono ben cinque anni, un periodo lunghissimo data la prolificità del chitarrista irlandese.
La
opening track, "Kickback City", continua sul sentiero di un suono più
heavy sullo stile hair-rock di band come Bad Company, lasciando presagire una continuità con
Jinx. "Loanshark Blues" torna su strade polverose con un arrangiamento a metà tra J.J. Cale e ZZ Top, mentre la successiva "Continental Op" è dedicata allo scrittore
hard-boiled Dashiell Hammett e presenta uno dei
riff più riusciti degli ultimi anni. Piacevole anche il ritorno a ritmi paludosi ("I Ain't No Saint"), mentre brani come "Failsafe Day" e "Road To Hell" soffrono un rock blando e dalle note
mainstream.
Sembra così che Gallagher non riesca a sfruttare appieno le sue immense doti alla chitarra, bloccata in una sorta di
loop sonico. A smuovere le acque ci pensa la
slide nella vibrante "Doing Time", seguita dallo squillare funky di "Smear Campaign" e dal levare in
twelve-bar di "Don't Start Me Talkin'", cover di Sonny Boy Williamson II. La chiusura del disco è quindi in crescendo, sigillato dalla gemma acustica "Seven Days", con il canto da condannato a morte accompagnato da piano e armonica.
The Last WaltzAll'uscita di
Defender segue un nuovo lungo tour europeo, con la data di Cork registrata dall'emittente RTÉ. Da sempre votato alla dimensione live, Rory decide di prendersi altro tempo per tornare in studio, con l'inserimento di John Cooke (tastiere) e di altri ospiti come Mark Feltham (armonica) e John Earle (sassofono). Generalmente rapido nelle sessioni di registrazione in studio, Gallagher allunga la preparazione di
Fresh Evidence, che esce nella primavera del 1990 a tre anni di distanza dall'ultima prova. In sei mesi di gestazione, il chitarrista irlandese sceglie di rinunciare completamente a tecnologie di registrazione digitali, preferendo un equipaggiamento vecchio stile per una resa il più possibile vintage del suono. L'apertura di "Kid Gloves" suona infatti come un rock 'n' roll vecchio stile, ispirato dalla passione di Rory per i film noir.
Il disco è un mix di stili e influenze personali dello stesso Gallagher, che omaggia Clifton Chenier e il
southern-sound statunitense in "The King Of Zydeco", prima di tornare sulla via del blues sonnolento nello stile di Slim Harpo in "Middle Name". La band sembra divertirsi con il nuovo cocktail sonico, dalla jam strumentale "Alexis", in odore di funky, alla brillante cover di Son House "Empire State Express". Si ritorna persino al formato canzone più lungo, nei quasi otto minuti di "Ghost Blues" aperti dalla chitarra in stile Delta e condotti in un vortice
folk-stomp. È un deciso ritorno all'amato blues, con "Heaven's Gate" a richiamare lo spirito di
Robert Johnson, mentre il breve strumentale "The Loop" omaggia la città di Chicago con un jazz vorticoso.
Il disco permette a Gallagher di riflettere su diversi temi più seri nella sua vita, come ad esempio i crescenti problemi di salute nel robusto rock-blues "Walkin' Wounded" o quella sensazione di vivere nel lato sbagliato sul ritmo hard della conclusiva "Slumming Angel".
Dalla primavera del 1990 inizia un nuovo tour per la promozione di
Fresh Evidence, in arrivo anche negli Stati Uniti nonostante la crescente paura di lunghi voli intercontinentali. Rispetto alle ultime uscite statunitensi - come supporter di artisti più famosi in grandi arene - la nuovo
tournée prevede
location più piccole, riempite anche grazie al recente successo di artisti blues come Stevie Ray Vaughan e George Thorogood. Alla fine del 1993, Gallagher viene invitato come
headliner alla prima edizione del Cork Regional Technical College Arts Festival, un set acustico che si rivelerà l'ultimo concerto in patria.
In una lunga intervista all'emittente RTÉ Radio 1, Rory rivela di essere contento della sua esibizione in patria con il ritorno dell'amico Lou Martin al piano, dichiarando di essere al lavoro per pubblicare il seguito di
Fresh Evidence dopo altri tre anni di silenzio.
Ma verso la metà del 1994 lo stato di salute di Gallagher inizia a decadere, rendendolo sempre più gonfio. È uno stato di esaurimento sia fisico che mentale, che lo costringe ad annullare diversi concerti all'inizio del 1995. Dolori addominali sono causati da problemi al fegato, curati con il paracetamolo che aggrava la situazione. Nel periodo pasquale viene sottoposto a un trapianto al King's College Hospital e inizialmente sembra filare tutto liscio. Poi arriva una complicazione, una brutta infezione che lo porta alla tragica morte, il 14 giugno. Tre giorni dopo, migliaia di abitanti a Cork invadono le strade per portare il doveroso omaggio al loro
guitar hero. John Buckley, vescovo di Cork e Ross, interviene prima della cerimonia funebre: "Nel corso degli anni ho capito quanto fosse popolare Rory e la sua musica, quanto fosse apprezzato dalla gente di Cork, anzi, da generazioni di giovani di Cork, una figura conosciuta a livello internazionale, ovviamente, un uomo di talento, un uomo di grande bravura soprattutto nel suo percorso musicale. Rory era un uomo molto buono, molto buono con la sua famiglia, con la sua cara madre Monica e molto buono con molte cause di beneficenza, quindi in un'occasione come questa, siamo molto tristi per la dipartita di un uomo così giovane. Credo oggi sia decisamente appropriato riunirsi tutti insieme per celebrarlo".
Dopo la tragica morte di Rory, il fratello Dónal Gallagher lavora alla pubblicazione di un celebrativo doppio album contenente diverse registrazioni per John Peel e Mike Raven alla Bbc Radio. Dal 1971 al 1986, oltre venti brani divisi tra esecuzioni live e sessioni in studio, per raccontare il grande amore dello stesso Gallagher per il mezzo radiofonico, seguito con avidità fin da ragazzino.
Bbc Sessions restituisce al mondo l'immenso talento di Rory, svanito troppo certamente troppo presto. La prima parte del disco è impreziosita dall'avvolgente e sinuosa lunghezza del
traditional "What In The World", sulla stessa scala della
zeppeliniana "Since I've Been Loving You". Dall'eleganza jazzata di "Jacknife Beat" all'elettricità adrenalinica del classico "Got My Mojo Working", la parte live dell'album è un compendio per amanti dello stile versatile del chitarrista irlandese, che pesca dalle sue mille influenze tra gli inconfondibili ritmi in
twelve-bar di "Garbage Man" e il rock 'n' roll più scatenato in "Roberta".
La seconda parte di
Bbc Sessions raccoglie versioni alternative di materiale già registrato dagli inizi degli anni 70, dal
sound in stile Tulsa in "Race The Breeze" all'intensità rock di "Crest Of A Wave". Il blues più sferragliante omaggia il Chuck Willis di "Feel So Bad", mentre "Seventh Son Of The Seventh Son" si snoda tra influenze orientali e ritmi alla Cream. Ad attirare i fan di Gallagher, alcune chicche come "Tore Down" (Sonny Thompson) e "Hoodoo Man", per un disco imperdibile che aggiunge un nuovo tassello sonico alla già maturata leggenda.
Nel 2003 continua il lavoro di recupero da parte del fratello Dónal, che cura e produce
Wheels Within Wheels, altra raccolta di brani registrati in vent'anni di carriera a partire dalla metà degli anni 70. Rispetto alle
Bbc Sessions, c'è un focus totalmente incentrato sul formato acustico, a partire dalla brillante melodia
beatlesiana della
title track. Gallagher spazia tra i generi, dimostrandosi a suo totale agio con il ritmo flamenco di "Flight To Paradise" (Juan Martin), oltre che con il più classico dobro-blues in "As The Crow Flies" (Tony Joe White).
L'album scorre con stile dall'ipnotica "Lonesome Highway" all'Irish folk tradizionale in brani come "Bratacha Dubha" e "She Moved Thro' The Fair/Ann Cran Ull". Nella scanzonata "Barley And Grape Rag" in stile
dixieland sono ospiti i Dubliners, mentre "The Cuckoo" presenta un arrangiamento cupo in chiave
western. La fortuna, per i fan di Rory, risiede nella scelta poco commerciale di pubblicare raccolte di materiale inedito, per offrire un volto sempre nuovo del grande chitarrista di Ballyshannon. Recuperate quindi due interessanti versioni live, una "Walkin' Blues" (Son House) impreziosita dal banjo di Béla Fleck e "Blue Moon Of Kentucky" (Bill Monroe) con il maestro dell'armonica Mark Feltham. La chiave
bluegrass del disco apre le porte dell'emozione in "Deep Elem Blues", con il canto ruggente che guida lo stomp-blues "Goin' To My Home Town" prima dell'eterea chiusura di "Lonesome Highway Refraining".
A fine 2003 esce un nuovo album dal vivo, registrato al Paradiso di Amsterdam il 20 dicembre 1993.
Meeting With The G-Man contiene diversi brani dell'ultimo periodo - "Continental Op", "The Loop", "Ghost Blues" - più diverse altre chicche, come la sonnolenta "Mean Disposition", la cover acustica di
Bob Dylan, "Don't Think Twice, It's Alright" e la versione scanzonata di "La Bamba" (Ritchie Havens). Più interessante la pubblicazione di
Live At Montreux nel 2006, a riprendere in oltre un'ora di musica diverse esibizioni di Gallagher al celebre festival svizzero dal 1975 in poi. Si parte con il primigenio
riff di "Laundromat", in una escalation elettrica che passa per "Toredown", "Bought And Sold" e "Do You Read Me".
Sono esibizioni di un musicista al suo
prime, con la proverbiale camicia a quadrettoni a snocciolare blues di grande livello nella prestigiosa cornice di Montreux. La gemma acustica "Too Much Alcohol" suona ora drammatica e profetica, ma il furore sonico di "Shin Kicker" è come scolpito sulla pietra della leggenda del rock mondiale.
Nel 2010 esce
The Beat Club Sessions, che recupera diverse esibizioni live del primissimo periodo, a cavallo tra il primo e il secondo album. Preziosa l'acustica "Just The Smile", seguita dal boogie furente "In Your Town" e dall'intensità fuori scala di "Crest Of A Wave". Una pubblicazione particolarmente interessante per ascoltare il primo periodo da solista, ancora "sporcato" dalla rabbia grezza dei Taste.
Nell'anno successivo esce
Notes From San Francisco, un doppio disco che contiene innanzitutto il noto album registrato da Gallagher nel 1977 con il produttore Elliot Mazer. Poco prima di morire, Rory ha autorizzato il fratello a rimettere mano ai brani con il giusto remix, per far uscire il disco perduto negli studi statunitensi. Si parte con il rock 'n' roll martellante "Rue The Day", seguito dal ritmo boogie in "Persuasion" e dal mix tra R&B e funky di "B Girl". Il lavoro in fase di remix di Dónal Gallagher restituisce freschezza al
sound di fine
Seventies, come nella "Mississippi Sheiks" già rivista dallo stesso Rory in
Photo-Finish, ovvero il disco generato dopo il litigio con Mazer e il successivo licenziamento della band, ad eccezione del fido McAvoy. Spicca il tenero acquerello acustico "Wheels Within Wheels", contrapposto alle cupe tonalità rock di "Overnight Bag" o alla velocità punk di "Cruise On Out".
Ascoltando brani come "Fuel To The Fire" viene sicuramente da dare ragione a Rory, che vedeva una eccessiva debolezza strutturale nelle allora nuove composizioni, ma sia la vena sperimentale in "Cut A Dash" che il
wah-wah scatenato di "Out On The Tiles" sono testimonianze soniche che ogni fan di Gallagher aspettava da tempo.
Il secondo disco raccoglie diversi brani in versione live, sempre da San Francisco nell'anno 1979. A spiccare l'energica resa di "Bought And Sold" e la tempesta elettrica di "Bullfrog Blues".
A scandagliare ulteriormente gli archivi di Rory è la Chess Records, che nel 2019 pubblica
Blues, altra raccolta di chicche per appassionati. Il focus è ovviamente sulla
musica del diavolo, da "Don't Start Me Talkin'" a "Born Under A Bad Sign", già suonata dal vivo nel 1990 insieme a Jack Bruce. L'etichetta di Chicago pubblicherà altri live fino al 2023, per continuare a tramandare la
legacy di un artista ancora tremendamente sottovalutato.