Il 14 luglio 2012, Woodrow Wilson Guthrie detto Woody avrebbe compiuto cent'anni. Un secolo di storia in cui nulla sembra essere rimasto uguale a prima. Eppure, in questi giorni che assomigliano sempre più all'America della Grande Depressione, i suoi versi e le sue canzoni continuano a parlare con instancabile tenacia la lingua del presente.
"Una canzone la canti e arriva nelle orecchie della gente che si mette a saltare e a cantare con te. E poi, quando canti dici tutto quello che ti passa per la testa, puoi inventare un sacco di storie per trasmettere le tue idee al prossimo". È svanita la polvere del "Dust Bowl", sono scomparsi i vagoni sferraglianti dei treni a vapore. Ma quelle storie e quelle idee sono rimaste. Perché quella che descrivono è la verità di una speranza che non può essere estirpata dal cuore: "Whatever you do, wherever you go/ Don't lose your grip on life and that means/ Don't let any earthy calamity knock your dreamer and your hoping machine".
Di fronte a un'eredità così vasta e pervasiva come quella lasciata da Woody Guthrie, ogni rassegna rischia di apparire inevitabilmente parziale. Il tentativo, allora, è piuttosto quello di offrire uno spunto per la riscoperta della sua attualità. Un invito all'ascolto attraverso cinque dischi che, dal 2000 a oggi, hanno contribuito a rendere più prossima che mai la voce di Woody Guthrie.

Billy Bragg & Wilco - Mermaid Avenue: The Complete Sessions
(Nonesuch, 2012)

"La mia reazione iniziale è stata che fosse un lavoro per Bob Dylan", racconta Bragg. "Ero preoccupato che ne venisse fuori un disco di Billy Bragg, invece che un disco di Woody Guthrie". Così, Bragg decide di rivolgersi agli Wilco per accompagnarlo nell'avventura di ridare voce a quello sterminato canzoniere segreto. Da una parte la sua veemenza di menestrello sempre sulle barricate, dall'altra la vocazione alt-country di Jeff Tweedy e soci, saldamente radicata nella terra americana. Dall'uscita del primo volume di "Mermaid Avenue", nel 1998, la sfida accettata dall'inedito connubio Billy Bragg / Wilco ha contribuito a gettare una nuova luce sulla figura di Woody Guthrie. Rendendolo più uomo e meno icona. Come riflette Nora Guthrie, "ne viene fuori che Woody era proprio come il resto di noi sciocchi. Con l'unica differenza che era un songwriter, e ogni stato d'animo e idea finiva in un verso o in un ritornello".
Il cofanetto delle "Complete Sessions" realizzato per il centenario della nascita di Guthrie è una documentazione imperdibile di questa riscoperta. Oltre ai due volumi originali di "Mermaid Avenue" (l'indirizzo della casa di Guthrie a Coney Island), la raccolta riserva un terzo disco con ben diciassette inediti e un dvd con il documentario "Man In The Sand", dedicato alla nascita e allo sviluppo del progetto. Non una semplice collezione di scarti, insomma, ma piuttosto il perfetto coronamento di un'opera che rivendica ormai lo spessore del classico.
Ancora una volta, la voce di Billy Bragg fa vibrare lo spirito di fraternità umana radicato nel profondo della visione di Guthrie sulle note dai toni appalachiani di "Union Prayer". "This world is like a chain of heavy broken hearts", gli fa eco lo slancio agreste degli Wilco in "Chain Of Broken Hearts". Ma anche i cuori spezzati possono ritrovare la forza quando si riconoscono fatti dello stesso desiderio.

It's when you are free from this chain
Love will come and fill you up again
Show your friends and neighbors how to break away
From this long heavy chain of broken hearts.
It’s this long heavy chain of broken hearts
You gotta find your union before you can get free
From this long heavy chain of broken hearts.


Farrar, Johnson, Parker, Yames - New Multitudes
(Rounder, 2012)

Il timbro nasale di Jay Farrar dà forza al coraggio di continuare a sperare in "Hoping Machine", mentre le venature psych-folk care a Yim Yames lasciano fluttuare i sogni di "My Revolutionary Mind". E se ad Anders Parker tocca tratteggiare in brani come "Old L.A." il lato più roots del quadro, il blues scuro e spigoloso di "No Fear" permette a Will Johnson di raccontare con cruda autenticità lo sguardo di un uomo giunto ormai di fronte al mistero della morte: "I'm here on my deathbed, breathin' my last breath/ 'Cause I got no fears in life, I got no fears of death".
L'ombra degli ultimi giorni di Guthrie diventa quasi palpabile, solo nel letto di un ospedale psichiatrico, piegato dalla corea di Huntington come la madre prima di lui. Lontano dall'agiografia, un uomo pieno come tutti di fragilità, di contraddizioni e di pensieri inconfessabili. Eppure mai rassegnato alla disperazione.
"Quello che ammiro di più di Guthrie è il suo coraggio", osserva Johnson. "Il fatto che fosse costantemente determinato, appassionato, privo di pretese e accessibile. Il suo approccio alla vita risuona in tantissime persone, indipendentemente dall'età, dalla razza, dalla religione o dalla vocazione. La sua risolutezza nel continuare a sfidare il pubblico, fino alla fine della sua vita, è straordinaria. Leggendo i suoi versi e i suoi appunti è evidente che, anche se le sue capacità stavano svanendo in quegli ultimi anni, la sua forza d'animo era intatta. La scrittura diventava traballante, ma le pagine mostravano un fuoco che continuava a bruciare".

Don't let anything knock your props out from under you
Always keep your mind clear, let your plans come out of mistakes
These are the plans and nothing can tear down
Made out of things that have already been torn down.
Whatever you do, wherever you go, don't lose your grip on life and that means
Don't let any earthy calamity knock your dreamer and your hoping machine.


Aa. Vv. - Note Of Hope
(429, 2011)

È da lì che provengono anche le parole perdute di "Note Of Hope": un progetto atipico rispetto ai tributi che l'hanno preceduto, nato e cresciuto sotto la guida del bassista Rob Wasserman, storico collaboratore di Lou Reed e pluripremiato artista da Grammy. "Ho sempre sentito il basso di Rob Wasserman come uno dei migliori compagni per qualsiasi parola", spiega Nora Guthrie. "Forse perché ha lavorato con così tanti artigiani della parola nel corso degli anni". Il risultato è un disco che privilegia l'improvvisazione e la teatralità, capace di passare dall'introduzione strumentale firmata Van Dyke Parks ("The Note Of Hope") alla recitazione piena di trasporto di Ani Di Franco ("Voice"). "È stato un progetto estremamente stimolante", aggiunge Wasserman. "Non avevo idea di quello in cui mi stavo per immergere. La cosa più interessante per me sono le parole. Alcune risalgono alla fine degli anni Quaranta o all'inizio degli anni Cinquanta. Ma suonano come se stessero parlando del presente. È come se Woody fosse tornato in vita, o avesse previsto il futuro".
I brani inanellano nomi di mostri sacri come Pete Seeger, Lou Reed e Jackson Browne, ma è soprattutto la varietà di generi e di interpreti a segnare la cifra di "Note Of Hope": dalle inflessioni jazzistiche di Madeleine Peyroux agli accenti funk di Michael Franti, passando attraverso la cavalcata spaghetti-western condotta da Tom Morello, quella raccolta da Wasserman è una collezione che riserva continui cambi di direzione. Il suo punto debole, casomai, è la mancanza di una visione complessiva, che finisce per lasciare frammentari gli spunti. Ma resta una testimonianza eloquente di come le parole di Guthrie continuino a non temere confini e steccati.

There's a feeling in music and it carries you back down the road you have traveled
and makes you travel it again.
Or it takes you back down the road somebody else has come
and you can look out across the world from the hill they are standing on.


The Klezmatics - Wonder Wheel
(Shout Factory, 2006)

"Amiamo davvero la nostra tradizione", riflette il trombettista Frank London. "La investighiamo, cerchiamo di conoscerla al meglio. Ma ci sentiamo anche liberi rispetto alla tradizione. Non pensiamo che debba restare mummificata e conservata in un museo. Le canzoni di Woody Guthrie che abbiamo registrato hanno un'ampiezza di stili maggiore che in qualunque altro nostro disco. Questo perché non abbiamo deciso di seguire nessuna strategia. Abbiamo semplicemente letto le parole e scritto le canzoni. Ed è questa la parte migliore del progetto, la sua varietà".
Ecco allora i fiati briosi di "Mermaid's Avenue" trascolorare nella nenia di "Headdy Down", per poi lasciarsi avvolgere dagli aromi d'oriente di "Pass Away" e "Wheel Of Life". Il Woody Guthrie dei Klezmatics è cittadino di New York e dei Balcani, della Russia e dell'Oklahoma. Uno spirito vagabondo nato per attraversare senza sosta le strade del mondo.

Wheel of life goes round and round, it's roll on
Great big wheel is away up high
Carry you way up in the sky
Wheel of life will spin again and roll on.
Life is a great big gamblin' wheel, it's roll on
If you hope to beat the game
Better see you praisin' in God's name
Wheel of life will spin and spin and spin again and roll on


Aa. Vv. - 'Til We Outnumber 'Em
(Righteous Babe, 2000)

Woody Guthrie raccontava sempre questa storia al piccolo Arlo per spiegargli quale fosse il potere dell'unità. E da questa storia viene anche il titolo di "'Til We Outnumber 'Em", testimonianza di un concerto tenutosi a Cleveland nel 1996 che l'etichetta discografica di Ani Di Franco ha dato alle stampe nel 2000. Un live molto particolare, che alterna alle canzoni vere e proprie una serie di racconti e reading capaci di tratteggiare un ritratto di Guthrie ancor più vivido.
"'Til We Outnumber 'Em" suona come una sorta di moderno hootenanny dedicato alla memoria di Guthrie, che vede sulla scena anche il figlio Arlo, l'attore Tim Robbins e seguaci della prima ora come Ramblin' Jack Elliott. C'è Billy Bragg che regala una versione ridotta all'osso della "Against Th' Law", inclusa nel secondo volume di "Mermaid Avenue". C'è Dave Pirner dei Soul Asylum impegnato a indossare i panni del fuorilegge in una ruspante "Pretty Boy Floyd". C'è ovviamente Ani Di Franco, che riserva una resa spoglia e nervosa di "Do Re Mi". Ma soprattutto c'è Bruce Springsteen, presente con ben due brani: la canzone per bambini "Riding In My Car" e una tesa "Plane Wreck At Los Gatos (Deportee)" per chitarra e armonica, su cui aleggia il fantasma di Tom Joad.
Del resto, Springsteen ha sempre indicato il nome di Guthrie tra i suoi più grandi maestri: "Il mondo di Woody era un mondo in cui il fatalismo era temperato da un idealismo pratico. Era un mondo in cui dire la verità di fronte al potere non era futile, qualunque fosse l'esito". Una macchina che uccide fascisti, recitava la leggendaria scritta sulla sua chitarra. Ma soprattutto, una macchina che mantiene viva la speranza.

Who are all these friends, all scattered like dry leaves?
The radio says "They are just deportees".
Is this the best way we can grow our big orchards?
Is this the best way we can grow our good fruit?
To fall like dry leaves to rot on my topsoil
And be called by no name except "deportees"?


Il vecchio ribelle dalla barba bianca impugna il suo banjo con un lampo di luce negli occhi. Davanti a lui c'è una distesa di oltre 400.000 persone, sotto lo sguardo severo del Lincoln Memorial di Washington. Intona un inno scritto quasi settant'anni prima da un esile vagabondo dell'Oklahoma, incitando tutti a unirsi al coro. Parla di terra, di appartenenza, di comunione. Parla di che cosa significhi essere un popolo.
È il gennaio del 2009 e Pete Seeger è chiamato a chiudere il concerto di insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca al fianco di Bruce Springsteen e del nipote Tao Rodríguez-Seeger. La canzone che canta si intitola "This Land Is Your Land". Woody Guthrie l'ha scritta nel 1940, in risposta all'uso propagandistico della celebre "God Bless America" di Irving Berlin durante gli anni della seconda guerra mondiale.
Seeger leva in alto le braccia, declama i versi incurante del gelo invernale. Parole cancellate dalla censura dell'epoca, parole che rivivono in centinaia di migliaia di voci. Novantenni e ragazzini, presidenti e diseredati. Perché è questo che fanno le canzoni folk: uniscono la gente. Mostrando la vera stoffa di cui è fatto ognuno di noi.
"Soffia, piccola pagina, soffia! Ripiegati e volteggia, e rimani sospesa più che puoi, e quando scenderai, scendi su una casa col tetto morbido adagiandoti piano piano, senza farti male. Atterra e posati tra la pioggia e il vento, tra la melma e il fumo e la polvere che offuscano gli occhi di questa grande città. Rimani lì, stesa al sole, a sbiadire e a marcire. Ma anche così sforzati di diffondere il tuo messaggio, continua a essere la storia, la foto di un uomo, perché senza quel messaggio stampato tu non esisti.
Forse un giorno qualcuno ti raccoglierà, ti guarderà, leggerà il tuo messaggio; ti metterà in tasca e ti appoggerà su un ripiano per poi bruciarti nella stufa. Ma quel qualcuno avrà il tuo messaggio in testa, ne parlerà e lo diffonderà.
Anch'io soffio, scatenato e impazzito come te, e anch'io un sacco di volte sono stato raccolto. Perché i miei occhi erano macchine fotografiche pronte a scattare le foto del mondo, e le mie canzoni erano i messaggi che cercavo di diffondere davanti alle porte di servizio, negli scantinati, sulle ringhiere, nei cortili bui".
(Woody Guthrie)
Nota:
Tutte le citazioni di Woody Guthrie sono tratte da "Bound For Glory" ("Questa terra è la mia terra"), Marcos y Marcos, 2011, traduzione di C. Bertea.