Si può ben dire che, in un modo o nell’altro, Tom Morello sia uno dei protagonisti musicali dell’annata in corso. Dopo anni di “congelamento”, proprio nel 2008, i suoi Rage Against The Machine sono tornati in pista con un trionfale reunion tour che ha dimostrato, senza mezzi termini, la perdurante validità della proposta, sia da un punto di vista musicale che da quello dell’impatto “politico” (ve lo potrà dire chiunque abbia assistito a un loro recente concerto, l’effetto creato dall’ingresso sul palco della band vestita come i prigionieri di Guantanamo o le accuse esplicite, lanciate verso George W. Bush, apostrofato come criminale di guerra); poi c’è stata la partecipazione a un paio di concerti di Springsteen, da cui è scaturita la bellissima versione di “The Ghost Of Tom Joad”, presente nell’Ep “Magic Tour Highlights” del “boss”, in cui la sua chitarra furoreggia alla grande; e ora, mentre l’amico Zach De La Rocha se ne esce con un mini a nome One Day As A Lion, la pubblicazione di questo nuovo album solista dove, per la prima volta, accanto allo pseudonimo The Nightwatchman, fa apparire pure il suo nome di battesimo.
Come tutti saprete, da solista Morello è orientato a una musica acustica e cantautorale, ben diversa da quella fatta con le sue band. Non fa ovviamente eccezione “The Fabled City”, probabilmente un album più maturo e meglio focalizzato rispetto all’esordio. Si dimostra un buon autore di canzoni Morello, non troppo personale, questo è vero, ma efficace. In effetti, quello che gli manca davvero è il riuscire a staccarsi da quelli che sono alcuni dei suoi evidenti modelli di riferimento o, più semplicemente, la capacità di saper cristalizzare la propria scrittura in una forma originale, dotata di una "voce" indissolubilmente sua.
Tanto è vero che a volte viene da chiedersi se un disco del genere avrebbe avuto le stesse attenzioni se non fosse stato opera di una star. Fatto questo appunto critico, sappiate comunque che tutto ciò non inficia affatto l’ascolto di un album godibilissimo e pieno di semplici ma appassionate canzoni. Prodotto con mano non troppo pesante da Brendan O’Brien, “The Fabled City” si apre con la sua omonima canzone, un mid-tempo fosco e drammatico, che potrebbe appartenere al repertorio del Bruce Springsteen acustico. “Whatever It Takes” è il cosiddetto singolo, riff zeppeliniano e un ritornello che sa di Red Hot Chili Peppers, poppeggiante e un po’ ruffiano, ma non male.
È invece bellissima “The King Of Hell”, lenta e sofferta, con una lap steel a contornare con una certa incisività la melodia della canzone. “Night Falls” è una classicissima ballata elettroacustica dettata dal piano e arricchita dal vibrare di un violoncello, mentre “The Lights Are On In Spidertown” parte all’arrembaggio con un passo cadenzato, c’infila un ficcantissimo mandolino, un assolo di blues flamencato e su tutto sputa una di quelle melodie epiche, tipiche dei Dropkick Murphys.
Più avanti in scaletta troveremo un paio di oscurissime folk-song cantate con l’umbratile tono dark di uno Steve Von Till (“Midnight In The City Of Destruction” e “Rise To Power”), un paio di combat folk a mezza via tra i Clash e i Pogues (l’ottima “Saint Isabelle” e “The Iron Wheel”, alla quale partecipa Shooter Jennings) e due eleganti e sognanti composizioni cantautorali (“Lazarus On Down”, con Serj Tankian ai cori, e “Gone Like Rain”). Ribadiamo, nulla per cui stracciarsi le vesti, ma un disco con una sua solida e sincera dignità. E, a volte, questo può anche bastare.
05/10/2008