Ma per non causare troppo spaesamento tanto nel fan, quanto nel neofita, "The Burning Season" parte fedele al vecchio stile, all'insegna di un sound potente, spettrale, visionario, con la breve introduzione "Bait & Switch" e soprattutto con "Sredni Vashtar", una delle migliori danze "indemoniate" del loro repertorio, perfetto esempio di ciò che si intende col termine "death-rock": la maestria stilistica nell'arrangiamento, il gusto sopraffino della produzione si evidenziano in "Boudiccea", lunga incursione in territori molto vicini alle estasi degli shoegazer . È a questo punto che il disco si trasforma in uno strano ibrido di dark-rock e di elementi presi dalla "club culture", che sviliscono non poco l'efficacia e l'immediatezza del loro sound, ora facendo prevalere atmosfere tipicamente trip-hop (nell'ipnotica title track e nella oscura salmodia di "Failure To Thrive"), ora rompendo gli indugi e mettendosi addirittura a flirtare con la techno più "cool" (le soffici pulsazioni che accompagnano le peraltro gradevoli "Whispered In Your Ears" e "Visions"). Così tra vere e proprie cadute di gusto ("Gone To The Ground"), si fatica a trovare momenti che riportino all'esaltante sound per cui il gruppo è diventato giustamente un'istituzione nell'ambito del rock "gotico".
"Relic Song" e "Prodigal", due smaglianti episodi di death-rock melodico e sensuale il secondo, malato e occulto il primo, per fortuna riportano alla mente che stiamo ascoltando un disco di Faith & The Muse. La parentesi ambientale, quasi new age, della lunga "In the Amber Room", con gorgheggi fatati alla Cocteau Twins e arrangiamenti cameristici, è uno dei loro migliori risultati nell'altro ambito in cui si è sempre mossa la loro musica: quello più etereo e trascendente, e una splendida "Willow's Song" chiude l'opera in toni delicatamente neo-folk.
Ma il disco è nel complesso indeciso, confuso, manieristico, proteso verso soluzioni che non sembrano rientrare molto nelle corde del gruppo, forse stanco di ripetere ancora il solito schema, eppure apparentemente incapace per il momento di avviarsi in una direzione che sia per loro innovativa, ma anche e soprattutto credibile e coerente con la loro musica. Per fortuna, ci sono ancora i vecchi, triti e ritriti stilemi che già da dieci anni Faith e signora ci propongono, a salvare - per il rotto della cuffia - il disco. Un mezzo passo falso, si spera, ampiamente rimediabile.
(27/10/2006)