Si sono sprecati paragoni "forti" per rendere appetibile il piatto che ci stavano sapientemente preparando da mesi, Paul Weller, Morrissey, Blur, sono soltanto alcune delle muse ispiratrici attribuite a questi quattro ragazzi di Worthing, che invece timidamente, hanno sempre dichiarato di cercare di affrancarsi da questi modelli imbarazzanti, pur dichiarando il loro amore incondizionato per i sopracitati e specialmente per il mod attempato.
Gli ingredienti quindi sembrano essere quelli giusti per apparire sulle copertine dei più quotati magazine musicali, dicevamo quattro ragazzi giovanissimi, Preston (Voce e Chitarra), William (Chitarra), Charlie (Batteria), e James (Basso), con il look azzeccato, carini quanto basta, ma la musica direte voi? In fondo non è per quella che stiamo qui a perdere tempo, io a scrivere, voi a leggere? Ebbene anche su questo versante diciamo che le cose stanno messe piuttosto bene, questo "Over The Counterculture" è un disco molto godibile, affrontabile da più prospettive: da quella più smaccatamente pop, dove le melodie vengono cesellate ad arte, a quella più "ignorante", dove alle chitarre ed alla sezione ritmica viene praticata un' endovena di punk' n' roll.
Come un'ombra di quercia secolare, troviamo a fare da sicuro riparo a questi giovani , una vecchia volpe del circuito underground inglese (Stephen Street), una volpe dal pelo più che mai lucente, che sembra possedere ancora quella malizia e quella sagacia dei tempi migliori (The Smiths, Blur, Gene) tanto da elargirle sapientemente in sede di produzione e registrazione anche a questi sbarbatelli. Se proprio vogliamo fare nomi e cognomi che possano rendere più agevole il compito di farsi un'idea su questo lavoro, direi che gli Strangelove sono la pietra di paragone più azzeccata; la somiglianza della voce di Preston con quella di Patrick Duff è, per usare un eufemismo, a volte imbarazzante, (ascoltare "Just A Song" per credere), alcuni giri armonici e alcune partiture di chitarra sono speculari, manca soltanto quella vena malinconica e "maudit" che caratterizzava la band di Bristol, a mio parere una delle più criminalmente sottovalutate degli anni Novanta.
"Over the Counterculture" è la traccia che apre l'album e da cui quest'ultimo prende il nome, una piccola gemma power-pop frizzante, fresca, spruzzata di fiati quanto basta per renderla piacevolmente solleticante. "The List Goes On" non sposta di molto i contenuti, altra sferzata di energia con incursioni reg-time. "Week In Week Out" è il singolo estratto e dato in pasto alle chart Uk ancora prima che uscisse il cd d'esordio, un ottimo brano che rimanda agli Ash più ispirati di "1977".
"Talk Talk Talk" riconferma quanto detto sopra, mentre con "Little Bitch" si vuole omaggiare una delle formazioni più influenti nel panorama mod anglosassone, gli Specials. "Settle Down" e "Weekend Revolution" sono gli episodi più insipidi di tutto il menù musicale proposto in questo lavoro, manca il sale, il pepe scarseggia e il retrogusto non soddisfa i palati più esigenti.
Da questo punto in avanti, invece, si concentrano gli episodi migliori, "Just A Song", "Seaside" e "Robots And Monkeys" sono di una fattura più pregiata, il semplicistico "tre accordi e via" viene soppiantato da una cura maggiore in sede di composizione e arrangiamento. Se questa è la direzione futura che i "ragazzi ordinari" decideranno di prendere, è probabile che sentiremo ancora parlare di loro. In fondo, per chi ha amato e tutt'ora non può fare a meno di imbottirsi di "British style", queste sono boccate di ossigeno che al giorno d'oggi è sempre più difficile respirare, e delle quali non vogliamo assolutamente fare a meno.
(12/12/2006)