Gli Stereolab sono stati una delle band più raffinate e gradevoli dell'ultimo decennio. Ma parlare al passato, seppur prossimo, pare ormai d'obbligo per Tim Gane e soci, visto il progressivo inaridimento della loro vena creativa. E' capitato a molti, nella storia del rock, di campare di rendita. E qualcuno è riuscito a farne persino un'arte. Nel caso degli Stereolab, però, c'è un problema: l'eccesso di prolificità. Troppi dischi, minidischi ed Ep pubblicati negli ultimi anni hanno consumato le residue dosi di pazienza dell'ascoltatore, ormai fiaccato da quel ritornello suadente mandato eternamente in loop.
In più, mettiamoci un evento tragico come la scomparsa di Mary Hansen, la cantante e chitarrista australiana morta a Londra nel dicembre 2002, dopo essere stata investita mentre si trovava alla guida della sua bicicletta. Non era bella né aggraziata, la povera Mary, e la fascinosa Laetitia Sadier le rubava puntualmente la scena, sul palco e sulle copertine delle riviste. Ma oggi ci si accorge di quanto il suo ruolo fosse prezioso: Sadier che fa il controcanto a sé stessa, infatti, è quasi sempre monotona, a tratti finanche imbarazzante: una chanteuse in un labirinto di specchi. Ed è un peccato, perché la sua classe non può essere messa in discussione.
Ma veniamo alle dodici tracce di questo "Margerine Eclipse", ottavo lavoro sulla lunga distanza della formazione inglese, rivestito dalla solita copertina in stile "modernariato", stavolta color arancio. Senza più John McEntire dei Tortoise alla produzione, il sound del gruppo si è alleggerito di certe cupe elucubrazioni di matrice free-jazz, come aveva già dimostrato l'Ep "Instant 0 In The Universe", uscito nell'ottobre 2003. Ma l'idea di fondo è sempre la stessa: una musicalità acida dal sapore (sempre più) vagamente psichedelico-velvettiano, che si fonde con le ambizioni sperimentali del kraut rock (Neu! su tutti) e con aperture melodiche di stampo retrò, prese in prestito dalla canzone francese e dalle colonne sonore degli anni Sessanta. Tornano, insomma, gli immancabili gorgoglii dei sintetizzatori, i tempi rilassati, i beat da bossa nova futurista e gli infiniti coretti "ba-da-ba". Tutto è volutamente artificioso, e traspare il minuzioso lavoro di "taglia e cuci" in studio.
Si parte con trilli di Farfisa e ritmi quasi danzerecci, prima dell'ingresso in scena di Sadier, armata della sua inconfondibile cantilena francese: "Vonal Declosion" è una macedonia di soul, psichedelia e funky, frullati alla velocità della luce. Niente di stupefacente, ma certamente una delle tracce migliori. Sulla successiva "Need To Be" troneggia una Sadier leziosa (ma anche seducente) come sempre, su un patchwork di sintetizzatori, organi e chitarre acidule. Un meccanismo oliato, ma che gira a vuoto. Sfoggia un po' più di verve quella "…Sudden Stars" già inclusa nell'Ep "Instant 0 In The Universe", mentre "Cosmic Country Noir", propulsa da una robotica drum machine di kraftwerkiana memoria, sconfina in un synth-funky futurista.
Sadier è sempre un'ottima intrattenitrice, come quando ci accoglie nel salotto cocktail lounge di "La Demeuere". Mancano, però, le ventate melodiche dei dischi migliori, e anche quando la band si cala in burrasche sonore degne dell'epico "Transient Random Noise", come nella vertiginosa "Margerine Rock" (con apoteosi di chitarre e ritmo ipercinetico), si ha sempre il sospetto di ascoltare gli Stereolab suonati da una diligente cover band. Qualche sprazzo innovativo, semmai, viene dal versante più malinconico del gruppo, quello capace di abbozzare il valzer sghembo di "The Man With 100 Cells", il groove da bossa nova sintetica di "Margerine Melodie" o le progressioni felpate di "10 Feel and Triple", dedicata alla Hansen. Esercizio raffinato ma calligrafico l'elettro-blues di "Bop Scotch", mentre la nostalgica "Dear Marge" - con chitarra spagnoleggiante, tastiere soffuse e synth ficcanti - è un mambo che viene progressivamente sfigurato e mandato al galoppo in un'orgia di battiti disco-funk alla Earth Wind & Fire.
Tra fluorescenze al neon, organi d'antan, atmosfere loffie e tripudi di voci e melodie sommerse, si giunge faticosamente alla fine. Gli Stereolab sono vivi nonostante la perdita di Mary Hansen - e questa forse è la notizia migliore - ma suonano tremendamente invecchiati. Perfino gli slogan barricaderi di Sadier ("People oppressed, liberties crushed") puzzano, ormai, di maniera. Il loro pop marxista degli esordi era in ritardo con la Storia. Il loro pop attuale è in ritardo anche rispetto ai gruppi contemporanei che ne sono debitori. Eclissi di Margerine o eclissi di Stereolab?
12/12/2006
1. Vonal Declosion
2. Need To Be
3. "...Sudden Stars"
4. Cosmic Country Noir
5. La Demeure
6. Margerine Rock
7. The Man with 100 Cells
8. Margerine Melodie
9. Hillbilly Motobike
10. Feel and Triple
11. Bop Scotch
12. Dear Marge