Autechre, atto ottavo. Dove li avevamo lasciati? Ah sì, la strada dell'avvicinamento al rumore, a sonorità a volte decisamente industriali, ma pur sempre di riconoscibile matrice elettronica, sembrava averli già portati verso un cul de sac. Se quanto fatto sentire con "Confield" e il successivo Ep "Gantz Graf" sembrava condurre Booth e Brown a un'interessante seconda fase, già "Draft 7.30" aveva dimostrato che l'ossigeno era meno di quanto credessimo, nonostante qualche interessante episodio portasse i due ad avvicinarsi addirittura all'estetica glitch ("Xylin Room"). Con "Untilted" l'aria è già viziata, e il cammino si arresta. Sparisce ogni apertura verso il nuovo, o meglio si affossa in sterile ripetizione, mentre i brani raggiungono lunghezze davvero eccessive (sono solo otto ma il minutaggio totale sfiora i settanta minuti).
Eppure "LCC" non prometteva male: una cascata di battiti, un'ossessione paranoica scarnificata fin quasi all'osso, dura e tenebrosa fino all'approdo finale su spiagge notturne e quasi rassicuranti. Forse è solo un po' sfilacciata, ma "Ipacial Section" già riprende gli stessi suoni, condendoli con autechrerie svogliate e inconcludenti che si trascinano per più di dieci minuti.
Insomma, è la stanchezza di una formula già ampiamente nota a prevalere. Presi uno a uno, infatti, i pezzi non sarebbero poi troppo brutti. E' l'insieme a mostrare le debolezze di una colonna sonora eccessivamente ripetitiva, ancor più se inserita in un contesto che comprende altri sette Lp e una pletora di extended play. La domanda è di quelle che fanno male, specie a chi gli Autechre li ha amati profondamente: serve ancora un disco così? E a chi? Booth e Brown rimangono ancora sublimi creatori di suoni, ma serve a qualcosa se non si misurano che con se stessi, con le loro esplorazioni ritmiche, che oramai seguono invece di dirigere? A volte si potrebbe pensare che potrebbero battere altre strade, sperimentare qualche novità per continuare a dare quelle emozioni che regalavano negli anni 90. D'altra parte solo Coca Cola e Nutella sono durate così a lungo senza mai cambiare formula.
Così non bastano i campionamenti vocali per risollevare del tutto "Pro Radii", né l'esile melodia per far sì che "Augmatic Disport" non annoi. La conclusiva "Sublimit" consiste in 15 minuti fra boria e spossatezza, un inutile tour de force nei più triti cliché del duo.
Una sola volta suoni, melodia, beat "meccanici" e suggestioni cinetiche si amalgamano con efficacia e ci si ricorda che Booth e Brown, anche se non sono più degli innovatori, hanno una classe immensa. Il brano è "Fermium", unico vero acuto di "Untilted". Si parte con gli scatti di una tipica melodia sghemba stile Autechre per arrivare ai nudi battiti che la chiudono, e si pensa che sarebbe ancora interessante vederli collaborare con qualcuno dei nomi nuovi dell'elettronica, oppure aprirsi a un lavoro che sia prossimo alla produzione e alla creazione di basi, come hanno fatto recentemente i Boards Of Canada nei loro ultimi remix (cLOUDDEAD e Beck, due gioielli).
Il voto che state per leggere è la media fra quello che si meriterebbero se si tenesse in considerazione il fatto che si tratta degli Autechre al loro ottavo album (4/10) e il voto che si potrebbe dare a dei musicisti esordienti che se ne uscissero, nel 2005, con questo lavoro (5/10).