Prince

3121

2006 (Motown)
funky-soul

Avete presente l'iPod? Sì, quello strumento diabolico che raccoglie una miriade di mp3 e soggioga l'esistenza dell'utente fanatico. Sì, proprio quello. A me ha cambiato la vita, da normale strumento di piacere a padrone di numerosi momenti della giornata. Lo venero, maledetto, e quindi gli dedico giorno per giorno le mie canzoni preferite. Giusto l'altro giorno ho voluto aggiornare la playlist e vi ho inserito un altro segno dei tempi che furono. Quelli che catturavano il respiro vent'anni or sono. Proprio lui, quel doppio album scrigno dei segreti svelati del Principe di Minneapolis.
Per dare un senso di continuità l'ho voluto fianco a fianco con l'ultima fatica di Prince, intitolata misteriosamente, fascinosamente, o magari frettolosamente, "3121". Che vi devo dire? Non c'è storia. Ma già lo sospettavate.

Chiaro come l'acqua che l'album numerico abbia la priorità per una questione di cronaca. Ma 'sta smania di stare sul pezzo si ammoscia dopo dieci minuti. Dico, dieci minuti! E allora vago alla ricerca del cursore e di "Play In The Sunshine". E mi dispiace pure. Mi pento e ci ritorno su. Parto in quarta e sono già in spaccata modello "Kiss": rumoracci e rumorini, un battito secco, chitarre disturbate, stonate, "pedalate", ruvide, e il solito Nelson che gioca con le sue voci extraterrestri, modificate, ridisegnate. Una title track che si palesa come nenia sudata, pulsante, glorificata da un assolino alla sei corde che sul finale stuzzica. Un bel giocattolo funky-soul geneticamente modificato che si sposa con i ritmi electro-dance, un manualetto aggiornato della tradizione nera votata al ballo. Epperò, mica mi ha preso, neanche intellettualmente. Non vi dico a livello di pelle d'oca. Niente. Problemi tuoi, direte voi. Ma io non demordo di certo.

Dai che sono solo distratto, poco curioso al momento. E poi, che stile che ha questo Prince. Vai con "Lolita". Ssssss... Auh! Sì, proprio così, Auh! Quella voce sensuale, provocante, volgare, zozza, anche pacchiana. Viene fuori all'improvviso, in tempo per anticipare un bel battitone funky nervoso e fastoso. Deve essere proprio una bella tipa questa Lolita, si sente che Prince la incalza deciso, duro, convinto, servendosi di armi affilate: chitarre stoppate, due tocchi di basso di quelli che lasciano il segno, canti e controcanti a mo' di coro greco in trasferta nel Bronx. Ma quelle tastierine suonano freddine anziché no. Stridono, non sembrano reggere il passo. Ma non è che Prince pur di voler rincorrere a tutti i costì l'attualità si affatichi, perda concentrazione, e smarrisca la giusta chiave di lettura? E poi a "Lolita" manca la carta sorpresa. Che sia solo una vecchia fiamma?

Ma che marpione sei, Prince? Esci e conquista il cuore di qualche nuova donzella! Detto fatto. Finisce che se ne innamora pure: "Te Amo Corazon". Eccolo qui, con il poster di Julio Iglesias in bella mostra. Luci soffuse, tastiere atmosferiche, un pianoforte felpato, una chitarra acustica vagamente latineggiante. E una voce che culla, confessa, accarezza. E tutti dietro a spiare e a sogghignare. Invece c'è poco da ridere. Prince evita l'apparente ruffianeria, disegna un ambiente sonoro elegante, levigato, ma pure intenso. E ha anche il buon gusto di terminare la fase di corteggiamento con una tromba appena accennata, che sa di freccia nel cuore. Due minuti dopo, però, è già nudo, incorreggibile, che si contorce come un'anguilla nera tutta sudata: "Black Sweat" è un ansimare sincopato, eretto su giochi vocali in falsetto erotico-animale, e una base ritmica elettronica, minimale come ai vecchi tempi. Eppure mi vengono in mente nuovi eroi del groove nero spartano come Timbaland, meglio ancora il Pharrell intento a dare della schiava a Britney Spears. Magari è solo un'impressione, magari no. Magari chi se ne importa. Il brano funziona, anche perché l'artista gli dà quel tocco vocale che profuma di pop, ed evita la ripetitività che solitamente puntella simili iniziative.

Però tra "Incense And Candles" Prince si affloscia un po' troppo, quando un tempo avrebbe spinto con impeto. Invece ne esce fuori un poppettino cantilenate, lagnosetto, privo di guizzi, con la voce distorta da un simil-vocoder e un intervento rap poco convinto e buttato via. Ancora tastierine miagolanti, ritmica plastica, black-dance con un ritornello che cambia marcia e punta verso tentazioni Revolution. Mica male "Love". Soddisfatti? Prince pare proprio di sì, e lo dice chiaro e tondo nel bel soul-jazz di "Satisfied": voci che rincorrono il loro blues, la sezione fiati che lavora in profondità, la chitarra che punge, un tocco di organo, lo swing che sale. Una ballatona che sarà pure di maniera, ma regala qualche bel momento emotivo. Un lavoro fatto con il cuore si direbbe. E mentre ci si siede a ripensare placidi sulla prima metà del disco, Prince azzanna a sorpresa, accelera i battiti in una frazione di secondo: "Fury", come da titolo non regala scampo. È classico Prince in versione rock, smodato, sguaiato, trascinante. Peccato che le tastiere riecheggino non poco l'antica "1999", bomba a orologeria che tanto tempo fa dava il via al Minneapolis Sound. Ecco, in questo caso viene a mancare quell'urgenza sonora. La canzone è già sentita, ma almeno permette di smuovere il bacino sedentario e di ammirare la chitarra di Prince lanciata verso territori quasi insoliti, isterici, abrasivi, funambolici.

Nuovo cambio di carte in tavola e il Principe si getta nell'R&B moderno, tecnologico, ritmato di "Beautiful, Loved & Blessed". Non un granché, invero, ma la "solita" chitarra sparata in coda, distorta, calda, devota al Santana ancora capellone risolleva la situazione. Un R&B in versione very poppy, con l'accompagnamento vocale femminile di Tamar. Bella produzione, ma forse non se ne avvertiva il bisogno. E d'un tratto mi rendo conto che l'album la sta tirando troppo per le lunghe.

Che faccio, passo oltre? 'spetta un attimo! "The Dance" inizia cupo, con le dita che si muovono drammatiche sui tasti del piano, le tastiere che salgono sullo sfondo adoperando lo stesso mood, la voce di Prince che modula sapientemente in modo classico. Una ballata, insomma. Che cresce, tra spunti di moog, armonizzazioni vocali, l'aria che sembra esplodere, si ripiega, esce fuori con il pianoforte tra jazz e richiami classicheggianti, fiati e tastiere che ricamano e si abbracciano, dissonanze, l'urlo liberatorio da soulman scafato che implora un'altra possibilità. Una danza che inizia lenta e si sfoga ossessiva. La sparo grossa: un'"Anna Stesia" lineare ma non per questo meno efficace. Un gran bel finale.
Peccato che Prince la voglia invece chiudere in caciara: "Get On The Boat" è il classico omaggio alla scuola funky-soul, con fiati sparati, occhiate al jazz bandistico, e tutti intorno che saltano come matti.

"3121" è carino, sufficientemente elegante, con discreti spunti e anche qualche canzone da tenere d'occhio. Potrebbe essere uno dei party-album del 2006, come pure un sottofondo piacevole. Non graffia l'animo, si accontenta di accompagnare, rinfrescando l'ennesima svolta pop annunciata da "Musicology". Al passo con i tempi, ma non più il segno definitivo degli stessi.
Prince è ormai un mestierante di classe. Fra un po' festeggerà i 50 anni, e dai su, non pretendevate sul serio di più!?

24/03/2006

Tracklist

  1. 3121
  2. Lolita
  3. Te Amo Corazon
  4. Black Sweat
  5. Incense and Candles
  6. Love
  7. Satisfied
  8. Fury
  9. The Word
  10. Beautiful, Loved & Blessed
  11. The Dance
  12. Get On The Boat