Bruce Kushnier si è fatto conoscere con un album e un Ep pubblicati dalla meravigliosa Intr-version non più di due anni fa. E come per ogni uscita dell’etichetta canadese, anche il suo nome è rimasto inciso nei neuroni di chi l’ha ascoltato.
"So Long Pleasant Bay" mostra subito, in apertura, la stoffa di Bruce: otto minuti di un bolero indie-rock in cui girano chitarre elettriche e carillon come se i Sigur Rós e Sufjan Stevens si ritrovassero a suonare nello stesso studio. Sembra già la fine e invece è solo l’inizio. "The Ukranians" porta l’anima di John Lennon in viaggio sulla compagnia aerea di Jason Pierce: sono quasi sei minuti di psichedelica incantevole, in cui l’inaspettato cambio di tempo dopo i 2’ porta letteralmente in orbita.
Solo con la terza canzone, "Six O’Clock In The Morning" — quasi sette minuti di durata — appare quell’elettronica sbilenca che aveva caratterizzato i precedenti lavori di Vitaminsforyou. Kushnier stende un velo di malinconia su un beat che inciampa su se stesso prima di trovare l’equilibrio per un finale che sembra uscito da un diario degli Arab Strap. Un intermezzo strumentale di appena un minuto — su "The Legend Of Bird’s Hill" ce ne sono in tutto sei — fa prendere fiato prima che Kushnier ricominci a bombardare i sensi con il suo incontenibile talento pop.
"Being Away Fame (A Song For The Xonophobic)" comincia con gli archi e finisce con l’handclapping , riuscendo a mettere insieme ancora una volta i mille pezzi del puzzle del pop.
"Me, Arden & Iran-Contra" ruba il beat ai Telefon Tel Aviv, ma poi il suono si arricchisce degli strani strumenti di Kushnier che portano il pezzo lontano dagli stereotipi delle "digital soul ballad". La follia riprende possesso dello spettro sonoro con la medley "Nothing Never Is/Everything Is Always", l’ennesimo omaggio all’universo dei Beatles. "1986" è la prima canzone in cui il solito arrangiamento di elettronica, carillon, chitarre e cambi improvvisi non dà il risultato sperato: il pezzo ci mette tre minuti a trovare la sua strada e a quel punto basta un beat non tanto ubriaco per farlo apprezzare.
Kushnier non cerca strade facili e inevitabilmente ogni tanto inciampa. Fortunatamente, con la stessa facilità, si rialza: "Whishing I Live Near Water" mescola di nuovo i tanti frammenti di cui si nutre la musica di Kushnier prima di esplodere in un contagioso ritmo dance. Quasi prevedibile, a questo punto, il cambio d’atmosfera ad angolo retto con la ballata "It Is Always Raining In Dublin", ancora una volta con il beat rubato ai Telefon Tel Aviv.
C’e’ tempo ancora per la fanfara jazz elettronica "When We Were Young" e il gran finale esplosivo ultra-romantico di "It’s Not The Brown That Make’s Your Eyes So Pretty", 74 minuti da gustare dal primo all’ultimo.
24/09/2006