Giusto un paio di anni fa gli Zutons rischiarono di vincere il Mercury Prize, che poi andò ai Franz Ferdinand, freschi di mega-hype per il loro affascinante esordio discografico. "Who Killed ...The Zutons" era in effetti un album strano, schizofrenico compendio di britpop, anacronistico revival di hard-rock blues tra Animals e Love, traduzione inglese dell'indie-rock americano.
Per togliersi di dosso quell'etichetta di figliocci dei Coral, tatuata a pelle per via di una città (Liverpool), di una etichetta (la Deltasonic), di un produttore (Ian Broudie), nonché di un gusto affine nella proposta musicale, ci è voluto pochissimo: giusto il tempo per assicurarsi una pensione sicura offrendo "Pressure Point" per uno spot della Levi's e diventare "quelli dello spot della Levi's".
Lasciando le etichette a chi le vuole appiccicare, gli Zutons si ripresentano dopo due anni alla prova del secondo disco e non si può non promuoverli. Se tornare a ripetersi, riciclando in continuazione una formula riuscita e apprezzata da pubblico e critica, era sconsigliabile, per la versione 2006 del gruppo, David McCabe ha puntato tutto quello che aveva sull'hard-rock. In realtà il risultato è più colorato di quello che potrebbe sembrare, e l'evidente influenza del British rock blues viene infarcita con altri sapori non necessariamente simili. È proprio questa strana proposta musicale che colpì e colpisce l'ascoltatore, assuefatto ad aspettarsi tutt'altro da un gruppo con la "the" e residente in Uk.
Sarà quindi per l'effetto sorpresa o per la qualità della musica, ma la mezz'oretta di musica - un po' troppo poco a dir la verità - è un ottimo passatempo estivo. Con "Tired Of Hanging Around" si apre il disco e si viene catapultati in una realtà inesistente, colpiti da portentose schitarrate, rigurgiti estetici rigorosamente eighties, appesi a una melodia trascinante da canto collettivo. L'atmosfera si acquieta con "Valerie", prima ballata del disco: ritmo in perenne crescita, inserti di sassofono impazzito e un riff perfetto da melodia hard-rock. Il passato ritorna a bussare in "It's The Little Thing We Do", in cui si risente quella voce grezza e sgraziata che fu tanto abusata nel disco d'esordio. Si prosegue con la nostalgia in "Someone Watching Over Me" che più da vicino ricorda le atmosfere di "Who Killed... The Zutons": scevro di tutto il gustoso pastiche sonoro fin qui ascoltato, il brano è una ballata acustica, lenta e rilassata, una boccata d'ossigeno che apre una seconda parte del disco decisamente più leggera.
La latineggiante "You've Got A Friend In Me" con un giro di acustica accompagnato dal sassofono di Abi Harding, il coloratissimo soul di "Oh Stacey (Look What You've Done)" e l'accattivante pop di "How Does It Feel" sono gli episodi migliori. A chiudere il disco, "I'll Know I'll Never Leave" compendio di tutto quello che abbiamo detto sinora. Nonostante la variazione sul tema sia riuscita, gli Zutons risultano a tratti troppo ripetitivi. Il merito, comunque, di osare e di proporre non il solito revival fine a se stesso va dato loro, e se a questo aggiungiamo che un paio di belle canzoni le scrivono sempre, non possono non essere promossi.
19/06/2006