Oggi, torna in un atipico, intrigante concept, un universo emotivo poetico in chiave folk-pop acustico, con inserti narrativi e aperture orchestrali, dal nome “Death”.
Grand Salvo è anche un arrangiatore dai toni lirici e ineffabili, dimesso e minimale, che inscena in lande d’Arcadia, ma è distante dall’accademismo di tante prove del genere.
Ispirandosi al Nick Drake più tenue e a un Paul Simon straziato, il giovane Mann, sincero e passionale, espone la propria vulnerabilità senza risparmiarsi. Squarci di luce (orchestrale) violano segrete realtà e tessono una fervida, partecipe cronistoria. Sovente, infatti, sezioni d’archi dai toni classicheggianti in sapiente intreccio con la chitarra acustica accendono e rimarcano gli acuti panneggi lirici delle narrazioni, lacerando inermi intimità intingendosi nel crepuscolo (“Tree Falls In The Wind”, “Snow Falls”). Altrove, invece, un’incrollabile vena acustica, quale recondita e protettiva alma riposta, si esprime in un canto alla James Taylor, gentile e introverso, rassegnato e solitario (“I Am Dead”, l’appassionata “Bird”, “Shaelem And The Bird”, “Bear”).
Storie di disperazione e di solidarietà, di crudeltà e tenerezza che l’autore illustra con bravura, interpretando ora animali del bosco trovatisi assieme tra ascese e fughe (“In the dead of night, running side by side, keeping up with bear, a rat and a rabbit, in the light of dawn... Running quick and quiet, to the river side”… da “Opening”), ora pionieri solitari che ripudiarono la corruzione della civiltà, sfidando l’ostilità della natura (“Shalelem Relagh”).
In quest’album di “cicli canzone”, scorrono sensi d’euforia, di desolazione e comunanza come silenti corsi d’acqua diffusi in copiose corde di strumenti, come una possibile nuova società che vive in fervide immagini di melodia e in passi lirici calati in atmosfere di mistero.
(12/11/2008)