Aaron Jerome

Time To Rearrange

2008 (BBE)
nu-jazz, downtempo
7.5

"Time To Rearrange" è il debutto del produttore nonché dj inglese Aaron Jerome. Nonostante questa sia la sua prima prova su disco, il suo nome non è nuovo, anzi, è tra i più chiacchierati della scena house inglese. Anticipato dall’Ep del 2007 "Dancing Girl", questo lavoro offre alle orecchie un range di suoni vasto, mettendo in luce le capacità compositive del giovane produttore, senza trascurare la sua abilità nel costruire fondamenta prettamente house. La ritmica dei pezzi è infatti la colonna portante di tutto il lavoro: in primo piano le percussioni, dancefloor e semplici senza cadere nella banalità, levigate qua e là da linee di basso jazzy che danno la fluidità necessaria ai pezzi.
Per non farsi mancare niente, Jerome si circonda di un paio di voci degne di tale nome: andiamo dall’apertura africana con Siphiwe Dana a momenti più urbani e hip-hop ("Reel Time" e "Night Time Mission", rispettivamente con Voice e Yungun dietro al microfono), per finire alla collaborazione con Mozez dei Zero7 e con la splendida voce di Kathrin DeBoer.

Siccome i tredici pezzi che vanno a comporre il disco si dispongono su un tappeto sonoro di incredibile varietà, il rischio di perdere il filo del discorso è dietro ogni battuta. L’abilità (e il merito principale) di Jerome sta proprio nel saper amministrare la variabilità di atmosfere tra un pezzo e l’altro, mantenendo alto l’interesse e la sorpresa dell’ascoltatore. L’apertura, ad esempio, è un incanto mistico di tremenda efficacia, un crescendo mirabilmente gestito di archi e voci, a cui si aggiunge il pattern ritmico di batteria, leit-motiv dell’intero disco; il tutto spezzato da vocalizzi incantevoli che aprono l’orizzonte ritmico.
In contrasto a queste atmosfere, troviamo brani densi e carichi, come la significativa "Reel Time" con il flow incontrollabile di Voice, una voce nera come la notte che striscia lungo la ritmica ossessiva, perennemente inseguita da un basso frenetico ma subdolo, assoluto protagonista del brano. A reggere il gioco arriva anche "Late Night Mission", pezzo che si può considerare gemello del precedente; il rap di Yungun è altrettanto nero ma anche antagonista nella sua vivacità trascinante, ecco quindi Jerome che si diverte con una ritmica di stampo house trasfigurata in forma jazz da camera e il basso, anche qui in primissimo piano, disegna un saltellante funky scuro e ipnotico.

A fare da gabbia ai momenti centrali del disco troviamo due intermezzi acustici che sottolineano la capacità di Jerome a livello di arrangiamenti e scrittura. La title track è un innesto funky su batteria jazz molto piacevole e sciolto, mentre "Rearrange" sposta il fuoco sulla chitarra acustica, con un minuto e mezzo scarso di movimenti latinoamericani. Stessa attenzione per la chitarra la troviamo in "Dancing Girl", uno degli apici del disco, magistralmente impreziosito dalla voce di Mozez, calda e ad alto impatto emotivo. Jerome se la gioca qui sui cambi di ritmo, e vince alla grande. Sei minuti di incredibile senso melodico e scrittura fresca, pulita e mai scontata; quando la chitarra passa in secondo piano, è solo per far posto a un piano d’atmosfera che impreziosisce e aggiunge melodia a una canzone fantastica.

Risulta anche essenziale l’attenzione che Jerome mette nella composizione prettamente jazzy. Questo mood è infatti dominante nell’intero disco, soprattutto in pezzi come "Dancing Girl", "Reason To" e "Blow Your Own Part 2". Sono composizioni semplici, con arrangiamenti scarni e standard ingabbiati in un ambiente-canzone estraneo a certe soluzioni. Nonostante ciò, ne escono pezzi davvero intensi e atmosferici. La voce di Kathrin DeBoer è perfetta allo scopo, portando alla mente femme fatale d’altri tempi, atmosfere soffuse e fumose. Come scritto sopra, il tema essenziale è il pattern ritmico, soprattutto quello della batteria che in questi momenti risulta fondamentale nella sua incisività, dando vita e varietà ai pezzi.

In chiusura troviamo una mosca bianca, ovvero "Marrakesh". Questa traccia infatti è la testimone delle origini house di Jerome: battiti glitch in sottofondo, archi epici e solenni ad aprire la strada alle percussioni dal sapore esotico e ai bassi pneumatici che sostengono il pezzo, assieme al charleston in levare che si infila verso la fine del brano. Probabilmente una traccia superflua, ma anche un bell’esempio di come Jerome sappia muoversi in territori molto distanti senza perdere lucidità e creatività. Il finale è affidato nuovamente a Kathrin DeBoer in tutto il suo splendore, accompagnata solamente da una traccia di piano e batteria, con innesti sottotono degli archi.

Un disco forse pretenzioso, sicuramente efficace e ben sviluppato. Aaron Jerome è alla prima prova, ma dimostra una grande capacità nello scrivere pezzi che variano dal jazz all’hip-hop, all’house più classicheggiante fino a momenti strumentali interessanti. Come ciliegina sulla torta, troviamo le splendide prove vocali che si distribuiscono sull’intero album, rendendolo molto piacevole e di facile scorrimento.

03/03/2008

Tracklist

  1. Kwa Kungasa
  2. Dancing Girl
  3. Angel Lady
  4. Reason To
  5. Way Of Life
  6. Reel Time
  7. Time To Rearrange
  8. Late Night Mission
  9. Rearrange
  10. Blow Your Own Part 2
  11. Silent Suffering
  12. Marrakesh
  13. Misunderstanding

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