Oscuro, impenetrabile, minaccioso, disperato: questo è un disco che, pur con qualche difetto di “forma”, asfissia l’anima dall’inizio alla fine, dimostrandoci quanta “poesia” si celi dietro le stentoree colate di rumor bianco. La memoria ce lo ripete: la vita svanisce lentamente. Colonna sonora: un sudario di harsh-noise trafitto da altisonanti comparsate del solito pazzoide di turno… (“Memory Repeating”). Ma la vita, nel frattempo, è un’odissea tutta da gustare. E la traversata di tutti gli oceani tempestosi, comunque vada, sarà “epica”, meglio ancora se guidati da un Ulisse fuori di senno, divorato dal cancro dell’anima.
Vi sembrerà impossibile, eppure c’è una nostalgia sibillina a mantenere intatto il “candore” lirico di queste aberrazioni sonore, facendo leva su melodie inafferrabili scolpite nel/dal diluvio senza tregua (“Returning Truth”).
Più che risuonare imperiosa, questa musica intende raccontare di una disperazione senza fine, di quelle che attanagliano le ossa come una colonia di vermi voracissimi. Dipingendo la morte dentro il grembo della vita, Fernow fa del nichilismo l’unica cura possibile contro la più crudele delle malattie…(“Subject”). E l’espressionismo prosciugato di “Total Terrorism”, il suo vessillo nero, la sua “verità” sul degrado morale possono, così, senza traccia di ipocrisia, lasciare spazio anche all’invocazione del Maligno, con conseguente soddisfazione circa l’incenerimento della Speranza.
Ma in fatto di crudeltà e devastazione, è, comunque, “Lust End” a portare impresso il sigillo del capolavoro. “Lust End” sembra un brano di black-metal suonato dentro una lavatrice; qualcosa, insomma, come l’apocalittica visione dei Nachtmystium di “The Antichrist Messiah” stuprata da ignobili power electronics (roba che molti cazzari del cosiddetto weird black-metal scapperebbero dalla mamma con la cacca nelle braghe…). Ma dietro l’apparenza terroristica, c’è solo – lo si ascolti! – un dolore tremendo (le urla e le lacrime, proiettate lungo una parete di cocci di vetro, deformate, come in una catena di montaggio fuori controllo). “Lust End” è una ferita sanguinante che svuota l’anima attimo dopo attimo… Qualcosa di veramente pauroso: ascoltatelo il giorno del trapasso. Questa vita non vi sembrerà, poi, così importante…
Non resterà, poi, che filmare al ralenti il crollo di tutto, con tanto di requiem “terminale” (squarci celestiali e freddure blasfeme) solcato da lampi di feroce rassegnazione (“Strict Ideas”). Giusto un attimo dopo, poi, un interminabile tunnel degli orrori. Nessuna luce alla fine. Nessuna fine. Il buio e il silenzio agghiacciante (“Incense And Rubber”).
(13/04/2008)