“Instinct Decay”, nuova release degli americani Nachtmystium, è un’opera sconvolgente e temibile, un concentrato di ferocia e sferzante creatività che lancia Blake J. (chitarra, voce), Zion M. (basso), Jean G. (batteria) e Jeff W. (chitarra) nel gotha dell’USBM (United States Black Metal). Forte di un approccio sperimentale e viscerale, memore dei Pink Floyd per quanto concerne le loro deviazioni spazialoidi, “Instinct Decay” dimostra tutta la frenetica attività di uno dei generi più estremi che la musica giovanile abbia mai conosciuto. La carica esplosiva delle chitarre e della doppia cassa sparate a mille raggiunge, nel suo impatto devastante, una dimensione ipnotica e quasi “ambientale”, in una polverizzazione delle distorsioni che è a dir poco trascendentale.
L’intro in perfetto stile cosmico di “Instinct” mette in campo textures psichedeliche che immediatamente circoscrivono il nuovo raggio d’azione della band di Saint Charles, Illinois. Da qui, il salto nello sconquasso black ultra Ulver-iano di “A Seed For Suffering” è breve, con grande interludio acustico e solo “stellare” a rimarcare il senso di un’avventura già eccitante e splendidamente coinvolgente. Nel pulsare indomabile di “Keep Them Open” la sensazione è quella di una violenza che nel trasfiguare se stessa arrivi a destabilizzare la sua stessa essenza, mentre tutto corre, impazzito, lungo cunicoli interstellari, con taglienti linee di space-synth e coda di manipolazioni elettroniche.
Un gioco di commistioni senza freno che destabilizza una formula mentre ne valorizza la potenza immaginifica, come accade anche nel mid-tempo solenne e dall’appeal sludge-noise di “Chosen By No One”, per un’ipotesi di massimalismo black deviato. Sul furibondo, epico volo disperato di “Circumvention” scivolano rivoli di melodie sintetiche, in una corsa ascensionale che continua imperterrita nella successiva “Eternal Ground”, cui repentini rallentamenti conferiscono un dinamismo esplosivo. In questo parossismo inviperito e malsano, una traccia superba come “The Antichrist Messiah” (che è da inscriversi tra i capolavori assoluti di questo 2006) rappresenta il punto di definitivo non ritorno. Lo scream è letteralmente un gorgo magmatico di fuoco, polverizzato e riprocessato dietro la coltre fittissima di un black-metal terminale e subsonico. E mentre il synth dilatata oltremodo la scena del delitto, sprofondando come una lama in questo spaventoso monolite, sembra di ascoltare dei Gravitar eroinomani alle prese con un cover dei Mayhem, mentre l'ombra di Burzum si allunga sul mixer.
“Here's To Hoping” scivola in un caos furibondo, a stento razionalizzato dalle solite, filiformi radiazioni; un caos che pare davvero originarsi da un “nichilismo astratto”, come meglio evidenzia l’indomabile e disumana processione on-speed di “Abstract Nihilism”. La tensione cinetica delle varie performance fa assumere al suono una configurazione horrorifica, il cui rovescio della medaglia è rappresentato da un divampare celestiale di sensazioni ed emozioni, finalmente tenute a freno nel panorama pacificato (ma non troppo) di “Decay”: rullare metronomico e svolgimento ambient-noise, con precipizi di terror panico.
Poco dopo, il silenzio.
12/11/2006