L’album dei Bible “Walking The Ghost Back Home” - uno dei dischi di culto del pop inglese degli anni 80, salutato dalla critica come il matrimonio perfetto tra l’urgenza degli Smiths e la raffinatezza dei Steely Dan - era frutto del talento di Boo Hewerdine.
Artista dalla scrittura chiara e decisa, dopo il mancato successo con il secondo album dei Bible, “Eureka”, e archiviate alcune delle più belle canzoni degli anni 80 (“Honey Be Good” una delle “31 Songs” preferite da Nick Hornby e “Last Cigarettes” resa celebre da K.D. Lang), concentra la sua carriera sull'attività solista.
Una serie di album sempre delicatamente sulle righe del pop acustico e una lista infinita di collaborazioni (circa settanta!) consegnano lo status di figura di culto al musicista che dopo due mini-album (“Toy Box 1 & 2”) ritorna con un disco e una vera e propria band (la prima dai tempi dei Bible).
Tra i musicisti fa piacere ritrovare una vecchia conoscenza come Justin Currie dei Del Amitri e gran parte della band di Eddi Reader. Più organico e corposo, “God Bless The Pretty Things”, è un altro delicato capitolo della discografia di Boo Hewerdine destinato a soddisfare le aspettative dei fan ma poco adatto a raccogliere nuovi consensi.
Il tono estremamente confidenziale e confortevole rende l’ascolto piacevole ma mai convolgente, Boo preferisce ammorbidire i toni della sua proposta senza osare soluzioni ardite e innovative e affida tutto alla qualità delle composizioni.
Romantiche e sofisticate, le nostalgiche ballate raccontano di un passato ormai lontano, “Geography”, o di luoghi della memoria ricchi di emotività, “In Paris After The War”; le canzoni scorrono senza turbare, quasi fossero un antidoto alla frenesia moderna.
Leggere influenze jazz accompagnano le note di “Silver Wings” e soprattutto di “Rags”, che si segnala come una delle più intense composizioni dell’autore.
Altra punta di diamante è ”Sleeping Lions”, una country song suadente e amabilmente ruffiana, mentre “Muddy Water” riconsegna le atmosfere dei Bible con la stessa incisività e classe.
Il resto scorre con ingenua semplicità tra le atmosfere celtiche di “New Year’s Eve” e gli eleganti momenti intimi di “Soul Mate” e “You and Me”.
“God Bless The Pretty Things” conferma le buoni doti di Boo Hewerdine senza aggiungere o togliere nulla.
17/12/2009