Non si può certo dire che gli Islands da Montreal non siano una band con una sua originalità. Un'originalità costruita attraverso un pastiche inimitabile di stili e riferimenti, mischiati e amalgamati fino a quando diventa tutto più o meno indistinguibile: finché non rimangono gli Islands, insomma. In "Vapours" il gruppo canadese rivede ancora di qualche grado la sua inclinazione, adattandola al gusto corrente: ecco comparire, quindi, synth e drum machine a volontà.
Abbandonate, forse per sempre, le composizioni cangianti ed estrose di "Return To The Sea", "Vapours" si compone di pezzi di canonica dimensione pop, pur senza rinunciare alle solite escursioni, dal rock alla dance, dal funk al soul. Allo stesso tempo, torna lo spirito estivo del loro esordio, offuscato, nel precedente "Arm's Way", da composizioni dal sapore epico e fosco. La dipartita del batterista (e fido compagno d'avventure del frontman Nicholas Thorburn fin dai tempi degli Unicorns) Jamie Thompson, ora tornato nei ranghi, aveva forse il suo ruolo in quel cambio di impostazione.
Come già detto, "Vapours" ospita un po' di tutto. La title track ha le chitarre, secche, degli Strokes: un pezzo che vira decisamente dalla trascuratezza costruita della band di New York, traghettata dai fiati, enfatici e sbarazzini nel contempo. Plasticosità sintetiche e riffoni imponenti accompagnano Thorburn nella vocalità accattivante di "No You Don't", reminiscente dei TV On The Radio e della loro fusione tra alternative rock, hip-hop e ammiccamenti alla dance-hall. Un sound sull'orlo del pacchiano che pare essere non solo uno specchietto per le allodole (si veda la cover del disco, ma anche il vestiario metallizzato e aderente che sfoggia ora Thorburn): costituisce il collante vero e proprio di un disco che spazia, al solito, su orizzonti vasti e inconsueti.
E' con incurante sfacciataggine che compaiono effettacci da dance anni 90 nel funkeggiante techno-pop di "Devout": consapevoli che i propri fan sono di stomaco ampio e che si confrontano con la loro musica (giustamente) al di là del genere e dello stile, gli Islands non si fanno problemi a provocare l'ascoltatore con riesumazioni di vario tipo. Strizzando l'occhio alle nuove tendenze, ormai palesi, ma anche ponendosi criticamente (e provocatoriamente) rispetto alle modalità di consumo contemporanee: "I could have written more/ But you don't know what to listen for", canta Thorburn in "Heartbeat".
C'è di tutto, insomma, val la pena ripeterlo: dal doo-wop di "Disarming The Car Bomb" al dream-pop, nella chiusura affidata a "Everything Is Under Control". Il sospetto è però che, a furia di scartabellare tra oggetti luccicanti di varia forma e spessore, si perda il contatto con le componenti più sostanziali di un disco. Sotto sotto, a "Vapours" fanno difetto le intuizioni melodiche che, al di là delle contorsioni e degli svolazzi, facevano degli Islands un gruppo interessante. Ora come ora, la band canadese pare annaspare, mentre il mare, intorno, sale minacciosamente. "Restare a galla" sembra l'imperativo inevitabile. Concentrarsi sulla musica vera e propria, piuttosto che sull'abito con cui addobbarla, sarebbe già un buon passo.
21/11/2009