Questa bislacca orchestra messa in piedi addirittura da Leo Shame dei Cathedral si guadagnò tre anni or sono il plauso generale della critica più lungimirante, segnalandosi, grazie all’album “Pre-Empitve False Rapture”, come il punto di fusione definitiva tra gli Chic e gli Slayer. E non si trattava né di uno scherzo buffonesco né di una mera addizione esotica di sapori in contrasto, messa a punto solo per effrangere con una provocazione sfacciatamente gratuita la frontiera sempre mobilissima del cattivo gusto. Più prosaicamente, quello con cui all'epoca avevamo a che fare era in fin dei conti la pura e semplice genialità di un’intuizione acchiappata al volo con invidiabile naturalezza.
Il gruppo ritorna ora con un balenottero di sessanta minuti cucinato a fuoco lentissimo sfruttando la medesima invariata ricetta: svanito l’effetto sorpresa, permane tuttavia lo stupore suscitato da un avant-jazz-metal ultrakitsch che viaggia su ripidissimi trampoli funk-glamourosi da drag queen dionisiaca, rabbuiata qua e là da vampate gotiche che fanno sembrare il tutto una sorta di improponibile orgia di scambisti in costume con in sottofondo Alice Cooper, Weather Report, Tina Turner, Giorgio Moroder e Black Sabbath.
Tanti generi opposti si accartocciano l’uno sull’altro, aggrovigliando i propri colori in una miscela cromatica non sempre intelligibile e anzi tendente al nero indistinto del pastrocchio scombinato. A tratti si ha quasi l’impressione che suonino più gruppi contemporaneamente, uno contro l’altro, nel tentativo (vano) di prevalere sulle sonorità dell’avversario. Non è da escludere, tuttavia, che, al cospetto di pezzi fantasmagorici come “Toward Zero” o “Sea Hornet” (composizioni strumentali caratterizzate da una notevole complessità esecutiva), il mix possa in sé incontrare i gusti dei palati più infidi e coraggiosi.
Gruppo totale, ad ogni modo, e in tutti i sensi, incastrato tra Sun Ra, Mars Volta, B-52’s e Terry Gilliam.
04/06/2010