L'arte di tenere i piedi in due staffe: in questo i Neptunes (Chad Hugo e Pharrell Williams) sono sempre stati maestri. Da un lato le produzioni milionarie per tutte le più grosse popstar del decennio scorso, gli innumerevoli featuring e le altrettanto numerose apparizioni nei video in alta rotazione su MTV, dall'altro le creazione di una band, assieme al rapper e percussionista Shay Haley, che in madre patria è sempre stata curiosamente considerata come un progetto indie, snobbata da radio e tv, ma che è riuscita, col tempo, a crearsi un fedele seguito.
Una sorta di valvola di sfogo, i N*E*R*D, un rifugio a cui i suoi titolari si sono probabilmente rivolti ogniqualvolta sentivano la necessità di tornare a far musica per il piacere di farlo senza secondi fini e non per mandare in top ten la capricciosa starlette di turno o per definire il sound più cool dei mesi a venire.
Adesso però le circostanze sono definitivamente cambiate, il dominio dei Neptunes e del loro r'n'b sincopato e stravagante sembra ormai tramontato sul viale delle classifiche a sei zeri ed ecco che, liberi dall'ingombrante peso di mantenere alte le loro quotazioni e consapevoli di non dover dimostrare più niente, i N*E*R*D danno alle stampe il loro album meno pretenzioso, "Nothing" appunto.
Fa subito impressione notare come ciò che solo cinque anni fa sarebbe stato accolto come un evento, ovvero l'incontro del più influente duo di produttori dell' r'n'b americano con quello dell'elettronica europea, i Daft Punk, oggi rischi quasi di passare in sordina e sia stato concepito come il trionfo dell'understatement. "Hypnotize U" non cerca di stupire con effetti speciali o di trascinare in pista folle oceaniche, è inaspettatamente una ballata disco-soul che guarda al futuro senza scordarsi degli anni 70, un elegantissimo androide con le sembianze di Al Green. Trattasi però di un episodio isolato e slegato dal resto, poiché altrove i N*E*R*D, accantonate certe spericolatezze ritmico-elettroniche del precedente "Seeing Sounds", riprendono in mano le direttive che avevano fatto la fortuna dei loro primi due album.
Il groove e il funky del debutto ritornano nel singolo estivo "Hot-n-Fun", il cui strepitoso giro di basso fa perdonare il "telefonato" cammeo di Nelly Furtado, nella canonica "Nothing On You" e nell'ancora più efficace "Party People" (con una sezione fiati alla Miami Sound Machine). Relegati in apertura e chiusura dell'album, questi pezzi vanno quasi a racchiudere il vero cuore del disco, che guarda sì al pop psichedelico di "Fly Or Die" ma in modo più raffinato e sobrio, sporcandolo di blues, di ottoni e atmosfere ancora più vintage ma, soprattutto, sostenendolo con una scrittura più matura.
È un piacere ascoltare la soffice "I've Seen The Light" snodarsi tra un sax sornione e un ritmo da schiocco di dita, farsi coinvolgere da Williams alle prese con un pezzo come "God Bless Us All" che trasuda tradizione black e carnalità o stupirsi quando, in "Victory", riescono a rendere simpatico uno scimmiottamento della "Our House" di CSN&Y prima di spedire il pezzo in un'orbita soul-psichedelica.
Nell'edizione deluxe di "Nothing" sono presenti altri cinque brani, una sorta di after party in un piccolo club fumoso e sudato, una jam session infuocata per far ballare, lascive, le ragazze (per le quali il disco è stato pensato, stando alle dichiarazioni di Williams) mentre Lenny Kravitz, invidioso, osserva il tutto stando seduto in angolo, trattenendosi dal muovere il piede.
03/11/2010