"Take me over, take me out
To the jungle through the night in paradise".
Il tema del viaggio deve stare molto caro ai Cut Copy. Se infatti nel precedente "
In Ghost Colours" assumeva quasi i connotati di un
trip in
technicolor, in "Zonoscope" si esplorano idealmente posti sperduti e bizzarri lasciando che sia un sogno tropicale o un'estasi celestiale a plasmare tali avventurose suggestioni.
Risulterà una frase fatta, ma "Zonoscope" è realmente il lavoro più ambizioso e forse più maturo dei Cut Copy (il che non sottintende il fatto che sia il migliore). Probabilmente non vanterà
anthem dal magnetismo eccezionale come "Hearts On Fire" o "Lights & Music", ma in quanto a omogeneità appare il riuscito frutto di un'ulteriore evoluzione o rielaborazione strutturale, che lo porta a essere più vicino a quell'idea di tutt'uno uniforme che (di norma) dovrebbe caratterizzare un disco. Quanto alla produzione, il fascino stralunato e irresistibilmente retrò del precedente resta insuperabile, e allora ecco che l'attenzione si è maggiormente spostata verso nuove soluzioni ritmiche, alla ricerca di un suono più corposo e stratificato, ricco di particolari e sottili intarsi che si rivelano continuamente. Che si tratti realmente o no di una
jam, se l'obiettivo della band era quello di creare un flusso sonoro comune a tutti i brani in ragione di una maggiore compattezza, può dirsi senz'altro raggiunto.
È perciò un viaggio sospeso tra cielo e terra, quello intrapreso in "Zonoscope", sedotto da un certo fascino tribale ed esotico tra
Eno, i
Talking Heads e certa
world music, e da ineffabili e trasognate ascese cosmiche accompagnate da cori ariosi e synth
neworderiani. Il tutto è da consuetudine sorretto dalla mai abbandonata attitudine "indie", dal sempre efficace retrogusto pop anni 80 e da contagiosi e ballerini spunti
italo-disco.
L'iniziale "Need You Now" è il pezzo manifesto del disco, quello che ne incarna maggiormente lo spirito, con quel suo lento materializzarsi e prendere forma, partendo in sordina e centellinando voce e suoni, costruendosi progressivamente prima di espandersi in un caleidoscopico
climax. Classico pezzo da club che ti si attacca addosso e ti obbliga al
repeat. Si va avanti di
groove con la successiva "Take Me Over", un
cut-copy-and-paste di
Madonna ("Holiday") e
Fleetwood Mac ("Everywhere") tra percussioni tribali ed effusioni
french-touch, sino al simil-surf-pop di "Where I'm Going".
"Pharaohs & Pyramids" ipnotizza con quell'inebriante commistione di reminiscenze
glo-fi e ritmi orientaleggianti, laddove "Alisa" ottiene lo stesso effetto ricorrendo a un vorticoso psych-pop coi synth che si rincorrono a perdifiato. "Corner Of The Sky" è l'ideale connubio delle parallele suggestioni che animano "Zonoscope", mutando continuamente tra palpiti ancestrali, voce robotica (Dan Whitford sembra proprio Brian Eno nella strofa) e svolazzi sognanti sospesi in un nulla stellare. Il disco non poteva che chiudersi con un brano come "Sun God", un
disco-beat con sensazioni spaziali (i New Order di "Your Silent Face", per rendere meglio l'idea) e lunghissima coda elettronica, quasi di matrice
electroclash colma di rimandi
moroderiani.
"Zonoscope" si rivela lavoro solido oltre che estremamente godibile; piacevole conferma di una band che a questo punto merita realmente di essere presa sul serio.
08/02/2011